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n.15 settembre 2014
ALIMENTARE
IMPRONTA
sprechi
con le masse di
alimenti perse/sprecate di ogni
commodity, si evidenzia come gli impatti
specifici
(intensità dell’impronta) siano di gran lunga maggiori per i cibi
di origine animale (carne, latte/uova: 12,9 kgCO
2
/kg; carne e
latte: 5,9 ha/t; uova: 4,4 ha/t). Tali alimenti (come apportatori
di proteine) appaiono associati a sistemi produttivi molto meno
efficienti dei legumi (1,2 kgCO
2
/kg e 0,7 ha/t). Relativamente
ai cereali (34% dei GHG totali), i fertilizzanti azotati e il gaso-
lio (produzione e impiego) per la meccanizzazione di campo e
l’essiccazione, sono le principali cause delle emissioni di CO
2
(Tabella 1). Elisa Sassolini conferma che il tipo di colture più im-
pattanti sono quelle dell’orticoltura in ambiente protetto per l’uso
di sistemi di condizionamento ambientale, per il maggior impie-
go di pesticidi di sintesi e concimi, per la coltivazione ripetuta
sullo stesso terreno. Tra le colture di pieno campo invece tra
le più impattanti vi sono sicuramente tutte quelle per le quali si
sceglie o è richiesta una lunga serie di interventi che implicano
ripetuti passaggi di macchine ed interventi con prodotti chimici
vari ed irrigazione. Frutteti e vigneti sono infine altre colture con
forte impatto ambientale.
Giovanni Donatacci ci spiega che proprio perché i maggiori im-
patti sono legati alle colture più esigenti (come mais, bietole,
colture orticole estensive), in questi ambiti dovrebbe esserci in-
novazione con soluzioni di meccanizzazione adeguate, come
per altro richiesto in taluni casi anche dalla normativa: la Dir.
91/676 (nitrati) indica ad esempio che il sistema di applicazione
prescelto, e quindi gli spandiconcimi, devono essere in grado di
distribuire il fertilizzante con efficiente uniformità e regolarità sia
lungo la direzione di avanzamento della macchina (uniformità
di distribuzione longitudinale) che in senso perpendicolare ad
esso (uniformità di distribuzione trasversale). Si parla in questo
caso di necessità di un’agricoltura di precisione e quindi soste-
nibile.
Enrico Rampin chiude confermando quanto già emerso ed evi-
denziando come la zootecnia globale sia oggi ritenuta un fattore
centrale nell’uso di risorse alimentari e idriche, inquinamento
delle acque, uso delle terre, deforestazione, degradazione del
suolo ed emissioni di gas serra.
Pensando alle BAT, è vero che le lavorazioni conservative
(ad esempio agricoltura blu) rappresentano una valida so-
luzione per ridurre gli impatti ambientali?
Marco Fiala ci spiega che l’Agricoltura Conservativa (AC) - in-
tegrando aspetti agronomici, ambientali ed economici - rappre-
senta un nuovo sistema di produzione agricola sostenibile per
la conservazione delle risorse idriche e la protezione del suolo
agrario. A livello mondiale è praticata su oltre il 15% dei terreni agri-
coli coltivati, prevalentemente in USA, Brasile, Argentina, Canada
e Australia, ma in via di espansione anche in Europa soprattutto in
virtù della nuove Politiche Agricole Comunitarie (PAC) che hanno
aperto prospettive di sviluppo rurale basate sull’adozione di schemi
produttivi conservativi nei confronti delle risorse naturali. In par-
ticolare, per quanto riguarda l’aspetto conservativo del suolo, si
focalizza l’attenzione su elementi cardine quali l’incremento della
sostanza organica e la riduzione di erosione e compattamento. In
particolare, il modello di agricoltura conservativo si basa su tre prin-
cipi fondamentali: permanente copertura di almeno il 30% del suolo
con residui colturali, ricorso a lavorazioni minime o non-lavorazioni
(semina su sodo), ritorno all’avvicendamento colturali e abbandono
della monocoltura. Proprio su queste basi, negli ultimi 10-15 anni
molte macchine operatrici innovative sono state sviluppate e trova-
no ora una consistente presenza sul mercato, a tutto beneficio dei
costruttori di macchine agricole italiane che, per numero e vivacità,
rappresentano l’eccellenza mondiale.
Interviene quindi Giovanni Donatacci approfondendo il tema del-
le tecniche di lavorazione e semina proprie dell’AC che, abbinate
a strategie integrate di fertilizzazione, difesa delle colture e uso
dell’acqua, rappresentano i cardini tecnici sui quali costruire una
“sostenibile intensificazione della produzione agricola”. Il progetto
Life HelpSoil, nel quale è coinvolta anche la sua azienda, ad esem-
pio, mira proprio a dimostrare come l’applicazione di tali tecniche
sia possibile e sostenibile per le aziende agricole della Pianura Pa-
dana e delle limitrofe aree collinari pedealpine e pedeappennini-
che: vengono infatti garantite le funzioni fondamentali che il suolo
esercita per l’ambiente e migliorano le prestazioni ambientali dell’a-
gricoltura. Nel dettaglio, i principali vantaggi che derivano dall’AC
sono: l’attenuazione dell’aggressività delle piogge con riduzione
dell’erosione e dello scorrimento superficiale, il mantenimento di un
certo tasso di umidità nel terreno per un maggior periodo (con calo
di irrigazione), l’aumento della portanza del suolo e della fertilità
(questa ultima grazie all’incremento di sostanza organica), il miglio-
ramento della biodiversità e l’aumento della ricchezza di biofauna
utile (primo segnale del buono stato di salute e fertilità del terreno)
e la riduzione dell’emissione di CO
2
. Donatacci evidenzia inoltre
come anche le concimazioni rappresentino un momento critico e
necessitino quindi dell’adozione di BAT, quali spandiconcimi cen-
trifughi di altissima efficienza operativa e precisione nella distribu-
zione, dotati di sistemi per il controllo degli effetti di bordura con ri-
spetto ecologico nello spargimento e distribuzione a rateo variabile
nelle sole aree interessate dalle colture. Anche il compattamento
del terreno è un altro fattore che determina perdita in fertilità: le
colture stentano o addirittura non riescono a germinare, gli apparati
radicali non si sviluppano. In tale contesto l’agricoltore per evitare
di danneggiare la struttura del suolo può quindi: i) ridurre i carichi
sul suolo con attrezzature combinate che riducano il numero di pas-
saggi e siano dotate di pneumatici a larga sezione e a bassa pres-
sione; ii) creare un traffico controllato su corsie di transito separate
dalla superficie coltivata che vengono destinate esclusivamente al
passaggio delle macchine. In generale, quindi la sostenibilità nella
gestione delle lavorazioni del terreno si identifica con due percorsi
agronomici: la minima lavorazione, da effettuare ad una profondità
massima di 15 cm senza rivoltamento degli strati, e la semina su
sodo, la cosiddetta ‘non lavorazione’ del terreno combinata con la
presenza per tutto l’anno sulla superficie del terreno, o almeno su
buona parte di esso, di residui colturali o di colture di copertura
come le ‘cover crops’.
Prosegue Donatacci evidenziando che anche l’ottenimento di pro-
1...,52,53,54,55,56,57,58,59,60,61 63,64,65,66,67,68,69,70,71,72,...86
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