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n.15 settembre 2014
notevoli margini di miglioramento. Il passaggio innovativo delle Ener-
gy Community sta nel nuovo approccio alla gestione dell’energia che
da individuale diventa collegiale e permette di ottenere bene¿ci di
scala - dovuti alla maggiore taglia degli investimenti - e bene¿ci ri-
guardanti le sinergie che si riescono ad ottenere dall’unione di più
utenze energetiche.
I modelli di Energy Community
Per analizzare la sostenibilità economica di queste nuove soluzio-
ni, l’Energy & Strategy Group ha individuato 5 modelli di Energy
Community, ciascuno dei quali caratterizzato da un set di tecnologie
abilitanti. In particolare, sono stati analizzati due differenti scenari,
in funzione del pagamento degli oneri generali di sistema e di rete
rispettivamente sull’energia elettrica prelevata dalla rete pubblica
(analogamente a quanto previsto oggi per i SEU) o sulla totalità
dell’energia elettrica consumata dalle utenze energetiche all’interno
dell’Energy Community (direzione verso la quale sembra tendere per
il futuro la regolazione). Dall’analisi emerge che, da un lato, la realiz-
zazione delle Energy Community rappresenta un potenziale volano
per la promozione degli interventi di ef¿cientamento energetico, in-
seriti all’interno di iniziative di più ampia portata. Le riduzioni attese
del fabbisogno energetico complessivo sono infatti mediamente pari
o superiori al 10% nei diversi modelli analizzati. Dall’altro lato, la re-
alizzazione delle Energy Community permette di ridurre il peso delle
utenze energetiche sulla rete elettrica di una quantità pari o superio-
re al 50% rispetto alla situazione precedente alla loro realizzazione.
Fattibilità normativa e economica
Come sempre, quando si parla di mercati dell’energia, oltre agli
aspetti tecnologici, è importante considerare l’impatto del quadro
normativo-regolatorio. Dall’analisi emerge in primo luogo che l’attua-
le quadro normativo-regolatorio in Italia non prevede la de¿nizione
di Energy Community. Vi sono diverse con¿gurazioni impiantistiche
attualmente normate che, seppur in maniera diversa, sono prossi-
me alla de¿nizione di Energy Community considerata nello studio.
In particolare, alcune, come ad esempio i Sistemi Ef¿cienti di Utenza
(SEU), scontano criticità che ne limitano la portata e ne rallentano
la diffusione, mentre altre con¿gurazioni impiantistiche, come ad
esempio le Reti Interne di Utenza (RIU) sono di fatto inapplicabili
a causa dei vincoli temporali di entrata in esercizio. Analizzando i
modelli di Energy Community rispetto alle con¿gurazioni impiantisti-
che attualmente normate, emerge che i modelli industriale e terziario
sono quelli più vicini alla ‘fattibilità normativa’, in quanto rientranti
in una speci¿ca con¿gurazione impiantistica già de¿nita (i cosiddetti
Sistemi di Distribuzione Chiusi), sulla quale tuttavia ad oggi manca
il provvedimento che ne regoli l’accesso alla rete. Viceversa, i mo-
delli residenziale ed urbano non sono inquadrabili all’interno delle
con¿gurazioni impiantistiche già normate, sebbene le caratteristiche
del primo lo rendono assimilabile ad un Sistema Ef¿ciente di Utenza
multi-cliente. Pertanto, emerge con evidenza che risulta prioritario
abilitare il modello di Energy Community in ambito industriale, ca-
ratterizzato da un’elevata fattibilità economica e da rilevanti bene¿ci
sistemici conseguibili grazie alla sua diffusione, traendo spunto da
altre realtà a livello europeo dove tale modello risulta già implemen-
tabile. Discorso analogo vale per il modello terziario, dove tuttavia la
convenienza economica risulta meno marcata. Viceversa, il model-
lo di Energy Community in ambito residenziale presenta una ridotta
fattibilità economica, a fronte di elevati bene¿ci sistemici potenzial-
mente conseguibili. Appare perciò auspicabile l’avvio di un processo
di regolazione di questo modello, valutando anche l’opportunità di
introdurre strumenti di incentivazione ad hoc che ne rendano soste-
nibile la realizzazione.
Possibili scenari futuri
Il potenziale di diffusione ‘teorico’ in Italia consta di circa 450.000
Energy Community, corrispondenti ad un volume d’investimento
nell’ordine dei 500 miliardi di euro, la massima parte del quale riferito
agli ambiti residenziale ed industriale. A partire da questi valori, sono
delineati quattro scenari di diffusione al 2030, sulla base dell’evo-
luzione tecnologica e del quadro normativo-regolatorio. Lo scena-
rio più ottimistico prevede che al 2030 si realizzino in Italia quasi
100.000 Energy Community, cui è associato un volume d’affari di
160 miliardi di euro. Viceversa, lo scenario più conservativo preve-
de la realizzazione di un numero di Energy Community inferiore ma
comunque interessante, nell’ordine delle 25.000 unità. La variabile
normativa risulta essere quella più impattante. A tale potenziale sono
associate ricadute sistemiche piuttosto rilevanti. In termini di costi
sostenuti a livello di sistema elettrico, questi potrebbero essere ridotti
tra 0,3 ed 1 miliardi di euro all’anno, mentre altri importanti bene¿ci
sistemici conseguibili fanno in primis riferimento alla riduzione della
dipendenza energetica dall’estero, di un valore ¿no a circa 10 miliardi
di euro all’anno ed allo sviluppo di ¿liere nazionali riferite alle tec-
nologie abilitanti le Energy Community, le quali potrebbero produr-
re un giro d’affari nell’ordine dei 10-40 miliardi di euro. Af¿nché tale
potenziale si traduca in realizzazioni concrete, appare necessario
che il legislatore de¿nisca un framework normativo-regolatorio che
promuova la diffusione delle Energy Community, senza trascurare gli
impatti di tale diffusione sui gestori di rete.
In¿ne, analizzando il modello Energy Community nel suo complesso,
emergono una serie di criticità, che devono essere valutate e supe-
rate al ¿ne di abilitarne un’ampia diffusione: la consapevolezza dei
vantaggi derivanti dall’approccio collegiale alla gestione dell’energia;
la capacità di prendere decisioni in maniera collegiale e stabilità nel
tempo delle aggregazioni di utenze; il reperimento delle risorse ¿-
nanziarie necessarie per realizzare l’Energy Community. Per quanto
riguarda questo ultimo aspetto, sono attualmente oggetto di studio
schemi alternativi rispetto a quello in cui le utenze energetiche che
si costituiscono in un’Energy Community sostengono il relativo inve-
stimento. Uno particolarmente interessante fa riferimento al cosid-
detto microgrid-as-a-service, il quale prevede che un soggetto terzo,
esterno alla Community, si occupi della realizzazione dell’Energy
Community, ivi compreso il reperimento delle risorse ¿nanziarie ne-
cessarie, e della successiva gestione della stessa. Il business risulta
potenzialmente interessante per gli istituti di credito ma è necessario
offrire una maggior stabilità del quadro normativo-regolatorio, oltre
alla corretta valutazione tecnica degli interventi da ¿nanziare e alla
garanzia dell’af¿dabilità della controparte costituita da un’insieme di
clienti.
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