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n.14maggio 2014
interventi mirati a comprendere i dettagli del fenomeno. Per
questa ragione, lo scorso febbraio, il convegno “Microinqui-
nanti emergenti (MIE) nelle acque di rifiuto urbane”, promosso
dal Politecnico di Milano, ha visto un interessante confronto
tra le esperienze italiane ed elvetiche. In particolare, come ha
sottolineato la professoressa dell’ateneo milanese Francesca
Malpei, proprio sulla scorta della Direttiva 2013/39/UE, la Sviz-
zera ha concentrato l’attenzione su cinque famiglie di sostanze
principali.
Si tratta di un lavoro particolarmente meticoloso e delicato, in
considerazione del fatto che gli impianti di depurazione devono
essere sempre più compatibili con l’ambiente. Ma, al tempo
stesso, non devono immettere ulteriori sostanze nocive e, so-
prattutto, sono chiamati a contenere i costi d’esercizio.
Piccole quantità, grandi rischi
L’attività di ricerca è delicata, soprattutto in considerazione
del fatto che la nostra società necessita di migliaia di sostan-
ze chimiche che, dopo l’utilizzo, finisco irrimediabilmente nei
condotti fognari. L’Ufficio Ambientale svizzero, ad esempio, ha
individuato circa 30mila diverse sostanze chimiche rilevanti nei
prodotti utilizzati quotidianamente.
In questo ambito è immediato pensare a erbicidi e insetticidi.
Ma, in realtà, dobbiamo considerare che sono frutto di com-
plesse interazioni chimiche anche i detergenti, i profumi, i dol-
cificanti... A cui si aggiungono, ovviamente, i medicinali, così
come gli ormoni di origine naturale e artificiale escretati da
uomini e animali.
Si tratta di molecole che attraversano quasi integralmente i
depuratori, in quanto progettati per intercettare sostanze diffe-
renti, più facilmente degradabili o scarsamente idrosolubili. In
particolare lemolecole idrofobiche, seppur presenti in quantità
nell’ordine dei nanogrammi per litro, non subiscono nessuna
riduzione durante il loro passaggio negli impianti di trattamento
delle acque reflue. Solo in alcuni casi, infatti, possono essere
adsorbite, ma questo non contribuisce a limitare la loro effica-
cia, che può protrarsi per decenni.
L’effetto di simili sostanze sulla catena alimentare, inoltre, è
elevato anche per molecole caratterizzate da una rapida de-
gradazione.
Ad esempio una molecola che si degrada naturalmente in cin-
que giorni, ma che avanza a una velocità di 0,5 m/s nel recet-
tore, sarà presente per 2 km a valle del depuratore.
A valle del depuratore
Uno dei principali esperti italiani in materia è Luigi Viganò,
ricercatore presso il Cnr, che da 15 anni studia l’effetto dei
microinquinanti sull’ecosistema acquatico. Recentemente, in
particolare, si è occupato di analizzare le molecole che inter-
feriscono con il sistema endocrino di vertebrati. Il sistema en-
docrino, infatti, possiede tessuti molto specializzati e delicati,
che produco ormoni destinati a funzione specifiche e vitali per
l’organismo.
L’esperimento, condotto nel bacino idrografico del Po, ha pre-
so in considerazione i sedimenti del fiume Lambro. Lo studio,
in particolare, ha analizzato le molecole accumulate, che di-
ventano un serbatoio di inquinati per gli organismi vitali, con
sostanze caratterizzate da effetti demascolinizzanti, antitiro-
dei, neurotossici e mutageni.
Emblematico, in questo ambito, il fatto che nel fegato dei bar-
bo, un pesce presente nellamaggior parte dei torrenti del nord
Italia, la concentrazione di CYP1AmRNA (colpevole di lesioni
premutagene) a valle di un depuratore sia ben sette voltemag-
giore rispetto a quanto riscontrato a monte.
Un’analisi che dimostra come i depuratori, in cui convergono
gli scarichi fognari provenienti dagli insediamenti umani, rap-
presentino una sorta di concentratore di simili microinquinanti.
Ancora più inquietante, in questo ambito, il fatto che nelle go-
nadi del 22% dei pesci maschi siano state individuate cellule
uovo che, in condizioni normali, dovrebbero essere presenti
solo negli animali di genere femminile.
Depuratori ‘inutili’
Questi esempi, che rappresentano solo alcuni dei risultati otte-
nuti dal team di Viganò, sono utili per comprendere il pericolo
indotto dai microinquinanti, ma non aiutano ad arginare con-
cretamente il fenomeno. Anche perché, come spiega lo stesso
ricercatore, esistono oggi 800 differenti interferenti endocrini.
Un numero che, come intuibile, rende impossibile effettuare
interventi mirati.
Proprio sull’efficacia degli interventi hanno lavorato i ricercato-
ri svizzeri, tra cui Christian Götz, del laboratorio specializzato
EnviLab. L’attività, basata sulla spettromeria di massa, ha ana-
lizzato inmodo sistematico l’effetto delle soluzioni adottate dai
più importanti impianti svizzeri.
In particolare è emerso come, anche negli impianti più moder-
Unquadrodi controllopermettedi controllare tutto il processo e regolarne i parametri.
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