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Sicilia sud-orientale, della Calabria
ionica e della Basilicata. Questo
quadro è ancora più preoccupante
se si pensa che la FAO (Food and
Agricolture Organization of United
Nations) ha calcolato che nel 2050,
a fronte di una popolazione prevista
di 9 miliardi di individui, la richiesta
mondiale di cibo aumenterà del
70% e il diffuso degrado (il 25%
della superficie agricola mondiale
è degradata) e la crescente
scarsità delle terre (il numero di
aree che hanno quasi raggiunto i
limiti della loro capacità produttiva
sta aumentando rapidamente)
e delle risorse idriche mettono a
rischio un gran numero di sistemi
di produzione alimentare in tutto
il mondo, costituendo una seria
minaccia alla possibilità d sfamare
tale popolazione. La stessa Unione
europea stima che nel 2030 ci sarà
il 40% di acqua in meno rispetto alla
richiesta e ad essere colpito sarà
soprattutto il settore agricolo.
Il Solaw (State of the World’s Land
and Water Resources for Food
andAgriculture) sottolinea che la
competizione per l’accesso all’acqua
e alle terre diverrà ‘pervasiva’,
anche all’interno dello stesso settore
agricolo (tra allevamento, colture
alimentari, colture non alimentari e
produzione di bio-combustibili).
Per sostenere il previsto aumento
della produzione mondiale
alimentare, sarà cruciale
incrementare l’efficienza nell’uso
delle risorse idriche a fini agricoli,
attraverso, ad esempio, una
strategia volta a migliorare i sistemi
di irrigazione (gestiti oggi al di sotto
delle loro potenzialità), combinando
investimenti in conoscenze tecniche
locali e tecnologie moderne con
una maggiore formazione degli
addetti. Non è un caso che la Politica
Agricola Comune dell’Unione
Europea (PAC) preveda investimenti
proprio volti alla riduzione dei
consumi idrici. Sarebbe inoltre
auspicabile anche l’adozione di
pratiche agricole innovative, come
l’agricoltura conservativa, le pratiche
agro-forestali, i sistemi integrati
di coltivazioni/allevamento e di
irrigazione/acquacoltura.
Naturalmente, benché il segmento
agricolo sia quello più interessato
da significativi consumi idrici, tutta la
filiera agroalimentare si pone come
obiettivo la riduzione dell’utilizzo della
risorsa idrica, non solo nell’ottica
della sostenibilità ambientale,
ma anche per promuovere la
competitività territoriale dell’azienda.
A fronte di tale quadro, l’obiettivo di
preservare le risorse idriche (save
water) e condividerle con tutte le
popolazioni del pianeta (share water)
non può non riguardare ciascun
individuo. Proprio per questo, per
meglio indirizzare le scelte tecnologie
e gestionali, nonché gli stili di vita
del singolo individuo, nell’ottica della
riduzione dei consumi idrici lungo
l’intera filiera agroalimentare, sono
stati recentemente introdotti nuovi
indicatori ed indici, prima tra tutti
l’impronta idrica (Water Footprint),
capaci di restituire informazioni
significative a fini decisionali e di
sensibilizzare il consumatore finale.
Parallelamente sono stati introdotti,
anche a livello italiano, strumenti
capaci di supportare le aziende
non solo nella fase di misura dei
consumi ma anche di pianificazione
degli interventi di efficientamento
tecnologico e gestionale (ad es.
la Regione Emilia-Romagna ha
partecipato ad un progetto Life+
Acqua che ha realizzato un kit
gratuito per tutte le imprese del
settore agroalimentare).
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n.13 marzo 2014
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