zione delle acque reflue; v) l’assenza per la maggior parte
degli impianti di depurazione esistenti in Italia di canali po-
sti a valle atti a recapitare le acque depurate in sistemi per
l’uso irriguo, con necessità di investire notevoli somme per
riorganizzare la distribuzione e la gestione dei sistemi di
irrigazione; vi) la necessità per alcuni tipi di colture (es: da
consumare a crudo) o coltivazioni (es: serre) di mantenere
attivo un sistema di irrigazione tradizionale da utilizzare nei
15 giorni antecedenti la raccolta.
Alessandro Monti,
in linea con quanto sostenuto da Lo-
nardini, evidenzia che le opportunità maggiori per il riuso
delle acque si riscontrano in quelle regioni italiane colpite
da regolari fenomeni di siccità, come nel centro-sud, dove
si sviluppano intense attività agricole ad alto consumo di
acqua (i primi tentativi dell’applicazione del DM 185/2003
sono stati fatti proprio in territori con forti vincoli di reperi-
mento dell’acqua ai fini di irrigazione). Sottolinea tuttavia
che “purtroppo, la mancanza di una pianificazione a 360
gradi ha letteralmente interrotto questo percorso ambizioso
e lungimirante, lasciando spesso defluire un’acqua adatta
al suo riutilizzo nei soliti corpi superficiali o trincee drenan-
ti”. Secondo Monti, si tratta quindi non solo di superare il
preconcetto spesso infondato che il riutilizzo di acque de-
purate sia pericoloso ai fini dell’irrigazione di colture pro-
dotte per il consumo umano (ad esempio realizzando cam-
pagne mirate promosse da enti governativi e associazioni
di settore) ma anche di considerare come compatibili per il
riuso in agricoltura anche altri reflui, quali ad esempio quelli
delle moltissime industrie agro-alimentari operanti in Italia
(una politica di incentivi che spinga le piccole imprese agro-
alimentari a depurare le loro acque per rendere disponibile
al riutilizzo un’acqua di buona qualità potrebbe sicuramente
essere una spinta al miglioramento delle statistiche in ma-
teria).
Maurizio Brown ci spiega che in Italia il riuso delle acque
reflue trattate è in realtà preso a riferimento come possi-
bile fonte alternativa di risorse idriche da destinare all’a-
gricoltura anche in luoghi dove non si hanno problemi di
carenza idrica fisiologica: anche se è difficile immaginare
che tutte le acque reflue urbane trattate possano essere
destinate all’uso agricolo senza ingenti costi, infrastrutturali
e energetici, si deve però considerare che la disponibilità
di acque reflue è comunque continua e può essere assi-
curata (magari con lievi variazioni) anche in periodo di crisi
idrica, contenendo gli emungimenti di acque sotterranee. Le
potenzialità di questa strategia sembrano pertanto alquanto
rilevanti, sebbene in Italia esistano anche secondo Brown di-
versi tipi di vincoli al riutilizzo delle acque reflue depurate in
agricoltura quali, ad esempio, una normativa eccessivamente
‘prudente’ (limiti alla carica batterica molto restrittivi, di molto
superiori rispetto a quelli dell’Organizzazione Mondiale della
Sanità, OMS), la disponibilità delle acque di scarico trattate a
una distanza elevata rispetto alle aree agricole potenzialmente
interessate al riuso, e, molto spesso, il mancato investimento
di risorse pubbliche nonché una rimodulazione delle tariffe allo
scopo di coniugare l’efficienza del servizio idrico con la tutela
della risorsa idrica.
La popolazione spesso è contrariata di fronte all’utilizzo
in ambito agricolo di acque reflue depurate. Quali sono i
rischi in termini di impatto sulla salute e sull’ambiente?
Per minimizzare i rischi sanitari per i consumatori e per gli
operatori del settore agricolo, molti paesi si sono dotati di nor-
me sul riutilizzo agricolo delle acque reflue.
Maurizio Brown
rivela che le conoscenze in materia di rischio sanitario legato
al riuso in agricoltura delle acque reflue depurate sono no-
tevolmente aumentate negli ultimi decenni, consentendo alle
Autorità di fissare opportuni standard di qualità. In alcuni casi
(presenza acque reflue di metalli pesanti o elevate concentra-
zioni di detergenti) le acque reflue possono presentare caratte-
ristiche chimiche tali da renderle inutilizzabili per l’uso irriguo,
generalmente le caratteristiche qualitative degli effluenti degli
impianti di depurazione urbani sono idonee per il riutilizzo in
agricoltura. Nel caso specifico di Milano i sistemi impiegati nel
trattamento di disinfezione dei reflui immediatamente a monte
dello scarico finale sono tali da evitare la formazione di com-
posti organo alogenati: a Nosedo si utilizza acido peracetico,
mentre a Milano San Rocco sono impiegati i raggi UV.
In tema di tecnologie e processi di depurazione Alessandro
Monti evidenzia come essi abbiano visto importanti progressi
negli ultimi 15-20 anni consentendo di raggiungere una qualità
dell’acqua reflua depurata spesso migliore del corpo idrico ri-
cettore. Ribadisce ancora una volta che si tratta di trasmettere
ROTONDA
TAVOLA
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n.10 maggio 2013
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