END OF WASTE
La cessazione della qualifica
di rifiuto (End of Waste, EoW),
rappresenta oggi uno degli
aspetti centrali della strategia
unionale sulla gestione dei rifiuti,
tesa, come noto, a costituire una
‘società europea del riciclaggio’
(1).
È infatti evidente come la
condivisione in ambito europeo
delle modalità e delle condizioni
attraverso le quali trasformare
nuovamente un rifiuto in un
prodotto liberamente circolabile
ed utilizzabile possa contribuire
ad incentivare le operazioni di
riutilizzo, riciclaggio e recupero
rispetto a quelle di smaltimento,
considerate in ambito
europeo, in ragione degli
impatti ambientali
maggiori che esse
producono, come
opzione
residuale
(2).
Esso
presenta
peraltro
elevati profili
di criticità
e complessità,
dal punto di vista
tanto tecnico,
quanto giuridico
ed è strettamente
connesso ad un altro
tema focale della
disciplina sulla gestione
di rifiuti: quello della
definizione stessa di
rifiuto e dunque della
individuazione del
campo di applicazione
della relativa normativa
di riferimento, con tutto ciò
che ne consegue in termini di
adempimenti e di responsabilità
a carico degli operatori
interessati.
Prima di esaminare il concetto
di ‘end of waste’ è dunque utile
ripercorrere, seppur brevemente,
l’evoluzione della definizione di
rifiuto.
Come noto, l’articolo 183, comma
1, lett. a) del DLgs 152/2006
(attuativo della Direttiva 2008/98/
CE) definisce il ‘rifiuto’ come
“qualsiasi sostanza od oggetto
che rientra nelle categorie
riportate nell’Allegato A alla parte
quarta del presente decreto
e di cui il detentore si disfi o
abbia deciso o abbia l’obbligo di
disfarsi”.
Un rifiuto, in senso giuridico,
è allora una sostanza o un
oggetto di cui il detentore
materialmente si disfa,
effettuando un abbandono
o un’operazione di recupero
o smaltimento (ad esempio
l’apparecchiatura elettronica
ancora funzionante che viene
ugualmente buttata via);
oppure ha l’obbligo di disfarsi
secondo la legge (ad esempio
un trasformatore contenente
PCB non funzionante); o ancora
manifesta l’intenzione di disfarsi,
e quest’ultima è la casistica più
complessa da ricostruire.
L’‘intenzione di ‘disfarsi’ va
interpretata in senso oggettivo,
non in senso soggettivo, avendo
riguardo non tanto alla volontà
del detentore, quanto alle
condizioni e alle modalità di
gestione del bene.
Il concetto di End
of Waste, vale a dire
la cessazione della qualifica
di rifiuto, rappresenta un’importante
novità nel dibattito sulla distinzione
tra rifiuto e non-rifiuto.
Mara Chilosi*
NON È PIÙ UN RIFIUTO
QUANDO UN RIFIUTO
*Chilosi Martelli –
Studio Legale
Associato
(1) V. Sesto Programma comunitario di azione in
materia di ambiente, adottato con Comunicazione della
Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al
Comitato economico e sociale e al Comitato delle regioni
del 24 gennaio 2001, “Ambiente 2010: il nostro futuro, la
nostra scelta”.
(2)V. art. della Direttiva
2008/98/UE e art. 179, comma
1 del DLgs 152/2006, i quali
introducono la cd. ‘gerarchia’
nella gestione dei rifiuti.
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n.13 marzo 2014