Energia_Ambiente_13 - page 9

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n.13 marzo 2014
EDITORIALE
U
n recente articolo pubblicato su questa rivista (E. Romano,
R. Pagnotta,
E&Aoggi
, 2013,
9
, 14) individuava nella “domanda a
scopo irriguo l’elemento di maggior vulnerabilità per molti dei sistemi
idrici italiani sia per la consistenza dei volumi richiesti, specie in
pianura Padana, che per la concentrazione di tale domanda nell’arco
di pochi mesi”.
In effetti oltre il 50% dell’acqua prelevata in Italia è destinata
all’agricoltura e nel bacino idrografico del Po circa il 90% dei prelievi
superficiali è destinato all’irrigazione. Ne consegue che l’agricoltura
è sicuramente, tra vari i settori di attività economica, quello più
esposto alle variazioni della disponibilità delle risorse idriche oltre
rappresentare, per il massiccio uso di fertilizzanti e fitofarmaci, una
delle cause più importanti di alterazione della qualità delle acque.
In una logica di lungo periodo le alterazioni del clima determineranno
un decremento della disponibilità idrica annua in molte parti del
mondo e la crescente siccità sarà il maggior vincolo alla crescita e
allo sviluppo agricolo. In Europa, soprattutto nelle aree meridionali
e centrali, diminuirà sempre più la disponibilità di acqua, a
causa di una continua diminuzione delle precipitazioni estive e a
fronte di elevate richieste idriche per le coltivazioni. In Italia gran
parte dell’acqua destinata all’irrigazione evapora per le elevate
temperature, oppure si perde a causa della fatiscenza delle reti
idriche che distribuiscono l’acqua. Per risolvere il problema degli
sprechi occorre introdurre tecnologie più moderne come l’irrigazione
a goccia e rinnovare le reti, le cui perdite arrivano a superare in
molti casi il 50% dell’acqua immessa in rete, ma spesso gravi
problemi finanziari e politici limitano queste scelte. In un documento
pubblicato nel 2012 dall’European Environmental Agency (Towards
efficient use of water resources in Europe, EEA Report No 1/2012)
vengono individuati alcuni punti in grado di rendere più efficiente
l’uso delle risorse idriche in agricoltura: a) l’utilizzo di idonee
tecnologie (in particolare l’irrigazione a goccia) volte ad aumentare
l’efficienza della pratica irrigua dall’attuale 55% ottenibile con sistemi
tradizionali ad un potenziale 90%; b) una radicale revisione del
sistema tariffario per incentivare i risparmi e penalizzare gli sprechi;
c) la riduzione delle perdite nei sistemi di adduzione e una più
efficiente azione di contrasto verso i prelievi illegali della risorsa; d)
modifiche delle pratiche agricole indirizzate verso produzioni meno
idroesigenti; e) il riuso delle acque reflue.
Sostanzialmente si tratta di agire sul fronte della domanda (punti
a, b, c, d precedentemente indicati) e sul fronte dell’offerta (punto
e). Quest’ultimo punto, in particolare, appare di relativamente facile
attuazione e va nella direzione di sviluppo della green economy su
cui in questi ultimi tempi si fa grande affidamento per le opportunità
di crescita economica e di valorizzazione del territorio. Va però
ribaltato il concetto che l’acqua depurata debba essere considerata
un rifiuto di cui sbarazzarsi immettendolo nell’ambiente; viceversa ad
essa va assicurata, quando possibile, una valorizzazione ambientale
che raggiunge la massima espressione nella possibilità di utilizzo
per uso irriguo. Attualmente il recupero delle acque depurate per
usi irrigui depurate è normato dal Decreto 185/2003 del Ministero
dell’ambiente; i limiti fissati da tale Decreto prevedono norme più
severe di quelle per lo scarico nei corpi idrici e questo appare un
paradosso considerando che azoto e fosforo, tipici inquinanti per le
acque superficiali, possono invece risultare utili ai fini agronomici. In
questi casi la presenza di sostanza organica e di sostanze nutrienti
può essere opportuna nonché economicamente e ambientalmente
vantaggiosa. Traendo ispirazione dai Paesi in cui si fa il maggior
ricorso al riuso irriguo di acque (in particolare Spagna e Israele),
inoltre, sarebbe opportuno individuare sistemi di differenziazione
della qualità delle acque in base alla tipologia di prodotto agricolo
da irrigare. Ferme restando quindi le dovute azioni di monitoraggio
e di controllo finalizzate alla tutela della salute degli operatori
agricoli e dei consumatori, una profonda azione di revisione e di
semplificazione della normativa appare indispensabile perché il
riuso passi da una opzione teoricamente possibile ad una realtà
diffusa sul territorio, laddove si manifestino le condizioni adatte a
tale pratica: una distanza non eccessiva dell’impianto alla rete di
distribuzione, dei costi contenuti per la realizzazione della rete di
adduzione e dei sistemi di stoccaggio, nonché l’idoneità del refluo
nei confronti delle caratteristiche pedologiche e culturali dell’area.
Appare pertanto evidente che non esiste un’unica soluzione perché
si abbia un uso più efficiente delle acque in agricoltura, quanto
un mix di soluzioni che vanno valutate caso per caso in relazione
alla loro efficacia; accanto a misure di tipo tecnico per migliorare
l’efficienza delle pratiche irrigue bisogna considerare sia gli strumenti
economici volti ad incentivare il risparmio e a rendere antieconomici
gli sprechi, sia gli strumenti normativi orientati ad una gestione delle
risorse idriche sempre più corretta e sostenibile.
Infine, affinché le soluzioni proposte possano essere efficaci, è
necessario un forte coinvolgimento degli operatori del settore nei
processi decisionali; in questo modo da essi si possono ottenere
suggerimenti basati sull’esperienza e sulla conoscenza del territorio
indispensabili per fornire soluzioni ‘su misura’ e condivise.
Romano Pagnotta
Uso efficiente
delle acque in agricoltura
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