Energia_Ambiente_12 - page 52

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n.12 novembre 2013
TAVOLA
a quelli previsti dal DLgs 99/1992) e la necessità di adottare
procedure rigorose, quanto a verifica e tracciabilità dei rifiuti, a
prescindere da quello che è richiesto per legge, in ragione dei
controlli che, in questo settore, sono sempre più severi. Conclu-
de specificando che quanto sopra determina la necessità di dif-
ferenziare la destinazione dei fanghi a seconda degli impianti da
cui derivano, in particolare della tipologia di acque reflue in essi
trattata (solo domestica o anche industriale e, in questo caso,
di quale provenienza?), a prescindere dall’eventuale preventivo
compostaggio, e ciò nell’ambito di una pianificazione strategica
da adottare in sede regionale.
Concorda Emanuela Giacomotti che segnala la necessità di
identificare, come già precedentemente evidenziato, filiere di
trattamento separate per i fanghi di supero e primari, ma an-
che di pensare a un trattamento separato, o a un pretrattamento
più spinto a monte, dei reflui industriali prima dell’invio al de-
puratore civile. Si tratta di un approccio necessario soprattutto
considerando che sul mercato sono presenti diverse tecniche
di igienizzazione del fango e di riduzione degli agenti patogeni
(quali i sopra citati idrolisi termica ed essiccamento) che ne uni-
formano la qualità ai requisiti minimi di stabilizzazione, mentre
molto meno definito e più problematico è il discorso di rimozione
di metalli pesanti e di altre sostanze potenzialmente pericolose,
quali idrocarburi. Intervenendo a monte si può pensare di affron-
tare adeguatamente il potenziale rilascio di sostanze inquinanti
nei terreni e nelle falde, con conseguenti impatti sull’ambiente
e sulle risorse per lo più a lungo termine, e pertanto difficilmen-
te prevedibili. Infine, anche Emanuela Giacomotti sottolinea la
necessità di considerare la disponibilità dei terreni agricoli e
interessati alla fertilizzazione con fanghi nonché la necessaria
turnazione del processo di spandimento.
Il divieto di conferire in discarica fanghi con un PCI elevato
che ruolo ha nel processo di valorizzazione del fango?
Tale restrizione, secondo Giovanni Bergna, non può che favorire
lo sviluppo di tecnologie che consentano una valorizzazione dei
fanghi, oltre a provvedere al loro smaltimento finale.
Anche Emanuela Giacomotti sottolinea come tale divieto sia vol-
to alla valorizzazione di quelle matrici che presentano un PCI
superiore a 13.000 kJ/kg e sono pertanto riutilizzabili come fonti
di combustione alternative a quelle tradizionali. Pertanto è si-
curamente un volano per rendere sempre più diffuse pratiche
di co-combustione dei fanghi secchi in cementifici o processi
termici di combustione o gassificazione per la produzione di
energia elettrica. In entrambi i casi, la presenza di un processo
di essiccamento a monte trasforma il fango di depurazione in
un prodotto idoneo alla alimentazione ai successivi trattamenti
e con grado di secco tale da auto sostentare il processo termico
a valle.
Carolina Belli evidenzia che lo smaltimento dei fanghi con un’al-
ta componente industriale avviene in discarica o all’interno di
termovalorizzatori, sulla base di scelte dettate prevalentemente
da valutazioni economiche.
Un fango industriale, può essere equiparato a un rifiuto specia-
le, quindi soggetto a un costo di smaltimento in discarica più ele-
vato. Il DLgs 36/2003 prevedeva che i rifiuti con PCI superiore
a 13.000 kJ/kg non fossero ammessi in discarica, così da favorire
l’utilizzo dei fanghi nella termovalorizzazione al fine di recuperarne
il contenuto energetico. Gli organi legislativi italiani sono tuttavia
intervenuti annualmente con proroghe a tale divieto in modo da
consentire ancora lo smaltimento in discarica di fanghi con ele-
vato valore di PCI: oggi il termine è fissato al 31 dicembre 2013.
Carolina Belli prosegue inoltre rilevando che il recupero dei fanghi
nei termovalorizzatori ha comunque aspetti svantaggiosi in termi-
ni economici e tecnologici: la frazione umida dei fanghi riducendo
l’efficienza complessiva del processo di combustione ne impatta la
generale convenienza economica. Conclude, infine, sottolineando
che la discussione sulla migliore destinazione dei fanghi è vivace
e ancora aperta e che molti interlocutori auspicano un sistema di
incentivazione ad hoc.
Mara Chilosi
chiude la discussione specificando che il limite
riferito al PCI non è previsto dalla normativa europea (direttiva
1999/31/CE), ma è stato introdotto dal DLgs 36/2003 in sede di at-
tuazione. Ci spiega che evidentemente il legislatore italiano ha, già
allora, ritenuto prioritario destinare i rifiuti suscettibili di valorizza-
zione al recupero energetico (questo intento si scontra tuttavia con
la mancanza di impianti dovuta anche all’opposizione dell’opinione
pubblica, spesso frutto di cattiva informazione, e all’incapacità della
politica di compiere scelte impopolari o comunque a medio-lungo
periodo).
Prosegue Mara Chilosi precisando che il divieto in questione, una
volta che diverrà operativo, potrà essere superato soltanto attra-
verso una deroga espressa (mediante la stipula di un accordo di
programma in sede ministeriale oppure attraverso la individuazione
di una sottocategoria di discarica ex art. 7 del DM 20/9/2010). In
mancanza di essa, la discarica non potrà più essere una soluzione
e questo determinerà giocoforza un cambiamento della situazione
italiana, sempre che non si voglia spedire i rifiuti all’estero.
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