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n.12 novembre 2013
non siano tecnicamente o economicamente possibili il riutilizzo, il
recupero di materia o il recupero di energia (dunque l’utilizzazione
in agricoltura, l’uso per la produzione di materiali edili, la termovalo-
rizzazione). Infine, Mara Chilosi precisa che la normativa specifica
sulle discariche, il DLgs 36/2003, stabilisce il divieto di conferire in
discarica rifiuti (e dunque anche fanghi di depurazione) con PCI
(potere calorifico inferiore) superiore a 13.000 kJ/kg dopo il 31 di-
cembre 2013 (termine da ultimo prorogato con il DL n. 1/2013, con-
vertito con modifiche dalla L 11/2013).
Emanuela Giacomotti ribadisce che in base a quanto previsto dal
complicato quadro normativo europeo, nazionale e regionale, non
è consentito, salvo deroghe, lo smaltimento dei fanghi in discarica
se non stabilizzati e nel rispetto dei limiti minimi di sostanza sec-
ca; ne conseguono una spinta alla valorizzazione del fango e una
promozione ‘del riutilizzo dei fanghi, ogni qualvolta il loro reimpiego
risulti appropriato’.
Giovanni Bergna interviene in conclusione asserendo che dal suo
punto di vista i vincoli normativi non siano così ostativi rispetto alla
valorizzazione dei fanghi, ma siano prevalenti quelli tecnologici per
alcuni processi e quelli di costo per altri.
In relazione a quanto evidenziato in termini di vincoli normati-
vi, con particolare riferimento allo smaltimento in agricoltura,
quali sono quindi i principali problemi riscontrabili?
In linea con quanto anticipato precedentemente in termini di va-
lorizzazione dei fanghi Carolina Belli evidenzia che l’utilizzo dei
fanghi in agricoltura è vincolato dalla composizione degli stessi:
composti organici nocivi, metalli pesanti e microrganismi patogeni
costituiscono la principale limitazione all’uso dei fanghi in agricol-
tura. La presenza e la quantità di tali elementi nocivi deve essere
verificata e valutata attentamente. I risultati di tali indagini devo-
no essere confrontati con i limiti imposti dalle normative. In questo
senso è essenziale, in fase preventiva, un controllo approfondito,
per evitare danni all’ambiente nel più ampio senso del termine (dal
terreno, agli animali, all’uomo).
Giovanni Bergna parte dal presupposto che i fanghi inviati al re-
cupero come ammendanti agricoli, debbano avere idonee carat-
teristiche. Rileva tuttavia che non è sempre del tutto ovvio cosa
voglia dire ‘idonee’ caratteristiche, soprattutto in termini normativi,
in considerazione delle rilevate differenze che si riscontrano a li-
vello di legislazione tanto europea quanto regionale. Entrando nel
merito, evidenzia che in Regione Lombardia, dopo la nota vicenda
conclusasi con la revoca da parte del TAR della DGR n. 8/9953
del 29 luglio 2009, “Disposizioni per la sospensione dell’attività di
spandimento in agricoltura dei fanghi prodotti dalla depurazione
delle acque reflue”, la bozza proposta di linee guida, presenta cer-
tamente delle restrizioni, ma non blocca totalmente la possibilità di
recupero in agricoltura.
Precisa Mara Chilosi che l’utilizzazione dei fanghi in agricoltura è
una pratica disciplinata in ambito europeo, che non potrà essere
abbandonata, anche in ragione del crescente quantitativo di fan-
ghi che viene prodotto, dovuto alle politiche, sempre più ‘spinte’, di
collettamento e depurazione delle acque reflue. Ciò non toglie che
essa ponga effettivamente diversi problemi, non soltanto tecnici
(legati alle caratteristiche dei fanghi e dei terreni e alle modalità di
spandimento), ma pure giuridici, determinati dal fatto che la discipli-
na di riferimento è ormai datata e non contempla limiti per sostanze
che sono invece disciplinate in altre normative ambientali e che
sono spesso presenti nei rifiuti in quanto presenti nelle acque di
scarico. Mara Chilosi conferma inoltre per gli operatori del settore,
la complessità determinata dalla presenza di discipline regionali in-
tegrative (che possono stabilire limiti e prescrizioni ulteriori rispetto
effettivamente a un sensibile incremento di efficienza dei cicli
convenzionali di cogenerazione e produzione di energia elettri-
ca, tuttavia con non pochi ostacoli. In particolare, tra i principali
limiti di tali tecnologie ci spiega che si possono annoverare la
difficoltà a utilizzarle in cicli energetici ad alto rendimento, legata
essenzialmente alla produzione di un gas di sintesi con presen-
za di impurità residue, nonché la complessità impiantistica, che
richiede il presidio continuo di personale qualificato (entrambi
gli aspetti sono comunque oggetto di continue ricerche e speri-
mentazioni positive). Conclude sottolineando che non è inoltre
trascurabile l’assoluta cautela, e a volte diffidenza, con la quale
l’opinione pubblica si approccia a tali tecnologie, ancora troppo
associate a tradizionali processi di combustione a forte impatto
ambientale.
Poiché si sente spesso dire che le difficoltà nella gestione
dei fanghi derivano anche da una normativa troppo strin-
gente, quali sono a vostro parere i vincoli normativi legati
alla ‘valorizzazione’ dei fanghi?
Carolina Belli
richiama la normativa vigente di riferimento
(DLgs 152/2006 ricordando che vieta lo smaltimento dei fanghi
nelle acque superficiali (dolci o salmastre) e che impone che i
fanghi debbano essere utilizzati ogni qualvolta il loro reimpiego
risulti appropriato. Cita, inoltre, il DLgs 99/92 che stabilisce le
condizioni per le quali i fanghi da depurazione possono essere
utilizzati in agricoltura: a) devono essere stati sottoposti a tratta-
mento di stabilizzazione per contenere/eliminare i possibili rischi
igenico-sanitari, b) devono essere idonei a produrre un effetto
concimante e/o ammendante e correttivo del terreno, c) devono
essere di origine organica e non industriale, d) non devono con-
tenere sostanze tossiche o nocive e/o persistenti, e/o bioaccu-
mulabili in concentrazioni dannose per il terreno, per le colture,
per gli animali, per l’uomo e per l’ambiente in generale, e) le
condizioni di utilizzazione dei fanghi variano a seconda della
provenienza degli stessi e del tipo di suolo a cui sono destinati.
Mara Chilosi interviene segnalando che la normativa ambien-
tale italiana incentiva, con diverse disposizioni, la valorizzazio-
ne dei fanghi, vale a dire il riutilizzo e il recupero degli stessi
come alternativa allo smaltimento in discarica. Ci ricorda che
ciò è previsto innanzitutto dall’art. 127 del DLgs 152/2006, nor-
ma inserita nella Parte Terza riguardante la tutela delle acque
dall’inquinamento e la disciplina degli scarichi, e che si applica
inoltre ai fanghi, come ai rifiuti in generale, la ‘gerarchia’ indivi-
duata dall’art. 179 del medesimo decreto, in base alla quale lo
smaltimento è consentito, come ‘ultima ratio’, soltanto quando
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