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una vocazione sociale, di pace e benessere
per i suoi cittadini, e non possiamo lasciare
che venga ridotta a mero spazio di rigore
sulla base di interessi nazionali. L’Italia ha
le carte in regola per vincere questa parti-
ta, e le piccole iniezioni di flessibilità che
ha ottenuto sul Piano Junker il semestre
sotto la nostra Presidenza ne è l’esempio,
ma dobbiamo osare di più, costruire un di-
batto pubblico e creare consenso con altri
Paesi UE, altrimenti, come sul dossier Ma-
de In, rischiamo di veder franare le nostre
speranze sotto veti incrociati. Il nostro pen-
siero è rivolto verso la creazione di un serio
progetto Europeo che si chiama Stati Uniti
d’Europa”.
Alle porte c’è l’Expo. Può essere una occa-
sione storica per il nostro Paese e le sue
eccellenze. Come coglierla nella sua pie-
nezza?
“Facendo di Milano una start up nation e
pensando anche all’Expost, cioè all’eredità
di innovazione, infrastrutturazione, digi-
talizzazione che rimarrà dopo l’evento.
Marginalizzando i tentativi di infiltrazione
e criminalità. Creando una cultura dell’a-
groalimentare e delle eccellenze produtti-
ve italiane sia per i turisti stranieri sia per
le nuove generazioni di italiani. Su questo
Confindustria con il Protocollo ‘adotta una
scuola per Expo’ si è impegnata assieme al
Miur a portare migliaia di ragazzi a visitare
i padiglioni e conoscere quanta cultura del
saper fare permea il nostro Paese”.
Presidente, per concludere: se il futuro è
di prassi stretto nellemani delle nuove ge-
nerazioni, con quale approccio i Giovani di
Confindustria vogliono essere i protagoni-
sti di questo disegno?
“La resilienza: sapersi adattare e cambiare
per resistere, nonostante tutto, guardan-
do avanti. Che non significa né rottama-
zione né gattopardismo, ma consape-
volezza che l’Italia deve e può tornare a
crescere modernizzando la sua tradizione.
Far vincere l’Italia nel mondo non è cosa
nuova per le nostre imprese: nel mercato
globale il sistema produttivo italiano van-
ta eccellenze capaci di mostrare a tutti
quanto valiamo. Ed è guardando ai nostri
figli che dobbiamo dire: se il Paese in cui
viviamo non è quello che i nostri genitori
sognavano di lasciarci, allora questo Paese
noi lo cambieremo”.
è fare impresa, perché è solo dando a chi
vive in territori martoriati dalle mafie del-
le vere opportunità di lavoro legali che si
tolgono braccia alle organizzazioni crimi-
nali. E allo stesso tempo contrastando la
criminalità - che costringe al pizzo, paga le
tangenti, trucca gli appalti - si aiutano le
imprese perché è proprio quella che dan-
neggia gli imprenditori sani falsando la
concorrenza, distorcendo il mercato e mi-
nando la certezza del diritto”.
Parliamo di Europa: saremo condannati a
considerarla solo una rigida dispensatrice
di normative o riusciremo a investirla di
un ruolo non solo economico come era
nelle intenzioni dei Padri fondatori? E l’I-
talia che ruolo può e deve giocare?
“L’Europa è una opportunità di cui non
possiamo fare a meno. Non solo perché le
finanze pubbliche nei prossimi anni saran-
no sempre meno e di conseguenza i fondi
europei costituiranno l’unica iniezione di
risorse fresche, ma anche perché ormai la
competizione si è spostata e livello globa-
le e noi abbiamo bisogno di un mercato
del lavoro, di una industria, di una ricerca
e di infrastrutture europee. L’Europa ha
marzo 2015
Immagini della tavola
rotonda con don Luigi
Ciotti per ragionare
insieme di etica e
responsabilità sociale
d’impresa.