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marzo 2015

19

to notevolmente, grazie alla decontribu-

zione sui nuovi assunti e all’eliminazione

della componente lavoro dall’Irap, e con

il Jobs Act è aumentata la flessibilità in

entrata e uscita, grazie al nuovo contrat-

to a tutele crescenti. Adesso l’attenzione

è sui licenziamenti collettivi e gli ammor-

tizzatori sociali ma anche sulle politiche

attive, che si spera vengano rese più in-

clusive ed efficaci nei prossimi decreti

delegati. Ma anche su come superare il

mercato del lavoro a due velocità, fra

pubblico e privato. Per ridare slancio pe-

rò non basta regolare i posti di lavoro che

esistono già oggi, serve aiutare le imprese

a crearne di nuovi!”.

In questa lenta inerzia che da tempo inve-

ste il mercato italiano vi sono anche delle

colpe della classe imprenditoriale?

“Più che colpe diciamo che non tutti gli

imprenditori hanno sempre agito come

avrebbero dovuto. Penso alla dimensio-

ne delle imprese, spesso non ottimale per

il mercato di riferimento e per la crescita,

la quota di utili reinvestiti nelle aziende,

l’apertura al management esterno, la pro-

duttività relativa all’organizzazione del

lavoro. Sono aspetti che incidono sulla

nostra competitività, sui quali possiamo

intervenire anche da soli, senza attendere

Palazzo Chigi, avendo a disposizione un

ecosistema più favorevole all’impresa e al

fare impresa. Detto questo è chiaro che la

gran parte del problema della bassa cre-

scita e, quindi, della bassa occupazione è

nelle regole che scoraggiano a crescere e

assumere, come le norme sul lavoro che

diventano più rigide dopo i 15 dipendenti

e la pressione fiscale altissima per i redditi

di impresa: un paradiso fiscale per chi vive

di rendita e un inferno fiscale per chi vuole

investire nelle aziende. Ma noi dobbiamo

cambiare quelle regole, non cercare di con-

viverci accanto”.

Parliamo del rapporto tra scuola e impre-

se: quali strumenti servono al nostro siste-

ma formativo per generare una maggiore

sinergia tra le due parti ma soprattutto ri-

dare speranze alle aspirazioni delle nuove

generazioni?

“Tre strumenti: orientamento, per aiutare

i ragazzi a scegliere percorsi di studio che

possano offrire concrete opportunità di

lavoro e rafforzare l’idea che l’autoimpren-

ditorialità è una strada possibile; formazio-

ne, per integrare le conoscenze accademi-

che con economia, problem solving e soft

skill; alternanza scuola-lavoro, per abbat-

“We’re going to change

this country”

“Watching our children, we are compelled

to say: if the country we live in is not what

our parents dreamed of leaving us, then we

will change this country”. He has a calm

tone of voice and a gentle manner, yet he is

far from that formality that often stiffens

men in positions of authority: Marco Gay

is fully aware of his ideas but also has the

determination to make them concrete. The

president of the Young Confindustria has

the characteristics of a leader, of one who

must assume the burden of responsibility

to outline a path: “We young people must

be resilient, we must know how to adapt

and change in order to keep going, despite

everything, to keep looking forward. That

means neither throwing everything away

nor pretending to fix it, but rather it is the

knowledge that Italy must and can return to

growth by modernizing its tradition”. And

this through bold reforms such as the labor

market, while mindful of the fact that “to

get things moving, it isn’t enough to protect

jobs that already exist today, we need to help

businesses to create new ones”. But if young

people are to be the engine of change, they

must establish the principles upon which it

will be based. Marco Gay also has passionate

ideas about the social function of enterprise:

“Any business that really can be defined as

such plays a positive role for society, creating

wealth and jobs, stimulating research,

creating opportunities for young people and

generating prosperity in the territories where

they operate. They are ambassadors of Italy

in the world. The entrepreneur who does not

think that these aspects are part of his work,

but that it is enough to make a profit by any

means to legitimize his every action, is not

a real entrepreneur and his business is not a

true enterprise”. If the future of our industry

is in the hands of young people, and if young

people are represented by Marco Gay, then

it is our duty to believe in it. And to at least

give it a try.