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18

marzo 2015

diLucaRossi

“Questo Paese

noi lo cambieremo”

HailcoraggiodichihaideechiareilpresidentenazionaledeiGiovanidiConfindustria.Marco

Gayhalaconsapevolezzadellaaffascinantesfidachelanuovagenerazionediimprenditori

deveassumersipercambiareilPaese,stimolandounalungimiranteriformadelmercato

dellavoroedellafiscalità,maanchevalorizzandolaformazioneesenzamaidimenticarela

funzionesocialecheleimpresehannoversoilterritorio

“ È

guardando ai nostri figli che

dobbiamo dire: se il Paese

in cui viviamo non è quello

che i nostri genitori sognavano di lasciar-

ci, allora questo Paese noi lo cambiere-

mo”. Ha il tono pacato della voce e i tratti

gentili nell’approccio, ma soprattutto è

distante da quei formalismi che spesso in-

gessano un ruolo: Marco Gay ha la piena

consapevolezza delle sue idee ma anche

la determinazione a renderle concrete. Il

presidente nazionale dei Giovani di Con-

findustria ha il tratto del leader, di colui

che deve assumersi l’onere responsabile di

delineare un percorso: “Noi giovani dob-

biamo usare resilienza: saperci adattare e

cambiare per resistere, nonostante tutto,

guardando avanti”. E questo attraverso

coraggiose riforme come quella del mer-

cato del lavoro, anche sapendo che “per

ridare slancio però non basta regolare i

posti di lavoro che esistono già oggi, serve

aiutare le imprese a crearne di nuovi”. Ma

se i giovani devono essere il motore di un

cambiamento, devono anche indicarne i

valori che lo caratterizzeranno. E anche

sulla funzione sociale delle imprese Marco

Gay ha idee e cuore: “Tutte le imprese che

davvero si possono definire tali svolgono

una funzione positiva per la società crean-

do benessere, dando lavoro, incentivando

la ricerca, creando opportunità per i gio-

vani e ricchezza sui territori dove operano.

Sono ambasciatori positivi dell’Italia nel

mondo. L’imprenditore che non pensi che

questi aspetti fanno parte del suo lavoro,

ma che basti il solo profitto da raggiunge-

re con qualsiasi mezzo a legittimare ogni

sua azione, non è un imprenditore e la sua

non è una vera impresa”.

Se il futuro della nostra industria è nelle

mani dei giovani e se i giovani sono rap-

presentati da Marco Gay, allora abbiamo

il dovere di crederci o almeno di provarci.

Presidente, partiamo da una provocazio-

ne: è successo anche a lei di voler assume-

re qualche giovane meritevole ma non lo

ha fatto per la troppa rigidità delle regole

che governano le dinamiche del lavoro in

Italia?

“Le rigidità ci sono, lo sappiamo, ma non

ho mai permesso che vincessero sulla mia

volontà di imprenditore. Se credo che una

persona valga sono disposto a investire

su di lei nonostante incertezza del diritto,

costo sproporzionato del lavoro, burocra-

zia insostenibile. Ma sicuramento lo status

quo non favorisce e spesso la volontà non

basta”.

Quali sono gli interventi strutturali che

il mercato del lavoro in Italia dovrebbe

subire per ridare slancio - economico e

sociale - al nostro Paese?

“I primi passi sono stati fatti. Con la legge

di Stabilità il costo del lavoro si è abbassa-