Uomini_Imprese_giugno_2014 - page 56

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I freni allo sviluppo
Ci si deve domandare, quindi, cosa ten-
ga ancora incatenate le nostre imprese a
una tradizione che non spinge verso un
investimento in innovazione. Secondo
una recente analisi dell’Huffington Post
Italia, le cause che si possono ricollegare a
questa situazione sono da ricercare sia in
un’eccessiva frammentazione del tessuto
imprenditoriale italiano, sia in una caren-
za di personale impiegato in funzioni ma-
nageriali e di ricerca. Ma il vero ostacolo
allo sviluppo va ricercato in un ridotto ri-
corso al capitale azionario per finanziare
le attività di innovazione. Come ricorda
Mario Mazzoleni, docente di economia
aziendale presso l’Università di Brescia e
coordinatore del progetto Italian Start-
up, “secondo l’Aifi, l’associazione italiana
del Private Equity e dei venture capital,
in Italia si investe 1,2 euro pro capite per
sostenere nuove imprese contro i dieci di
Francia e Germania”. L’utilizzo di risorse
finanziarie flessibili e applicabili a imprese
ad alto potere innovativo, come il venture
capital, sono realtà troppo distanti. Secon-
do Mind the Bridge Survey 2012, il 59%
delle giovani imprese italiane richiede un
finanziamento di venture capital ma solo
l’1,2% riesce a ottenerlo. Per alcuni que-
sto è un problema di scarsità di fondi di
rotagonisti
protagonisti
i
ALESSANDRO FUSACCHIA
, consigliere del ministro per gli Affari esteri per la diplo-
mazia economica sostiene che nei prossimi mesi per l’Italia potrebbe aprirsi un periodo
molto positivo legato all’Expo 2015 e afferma: “l’Europa deve tornare a essere uno spa-
zio innovativo e non un nemico da combattere”.
Come ricorda
MARIO MAZZOLENI
, docente di economia aziendale presso l’Università
di Brescia e coordinatore del progetto Italian Start-up, “L’Aifi, l’associazione italiana del
Private Equity e dei venture capital, in Italia si investe 1,2 euro pro capite per sostenere
nuove imprese contro i dieci di Francia e Germania”.
giugno 2014
venture capital nel nostro Paese che, se-
condo la Banca d’Italia, sono da imputare
a una bassa diffusione dei fondi pensione,
fonte principale di raccolta per i venture
capital, sia a un’eccessiva flessibilità del
mercato del lavoro per i giovani.
È stato fatto tutto?
Dunque, passi avanti ci sono stati ma per
alcuni esperti del mercato, si potrebbe fa-
re di più sia in termini di nuove risorse, sia
in termini di comunicazione tra le start-up
e gli investitori. Per Fausto Pasotti, diretto-
re del consorzio SpeedMIup, l’incubatore
nato dall’unione dell’università Bocconi
di Milano con la Camera di commercio e
il Comune di Milano, ci vogliono corag-
gio e passione per la scelta, perché dare
vita a una start-up è proprio una scelta
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