77
n.9 marzo 2013
lenti o specchi ustori si trovano in Aristotile, in
Teofrasto e nella “Catottrica” di Euclide il quale
afferma che si può accendere un fuoco con
specchi concavi orientati verso il Sole.
Fino ad arrivare alla leggenda secondo cui
Archimede, ma il racconto appare negli
scrittori molti secoli dopo, con qualche
artifizio solare, specchi piani o lenti, avrebbe
incendiato a distanza le vele della flotta di
Marcello che assediava Siracusa. Sta di fatto
che si deve ai matematici greci che giravano
dall’Asia Minore all’Europa meridionale
l’osservazione delle proprietà di certe figure
geometriche, come la parabola o la sfera,
capaci di concentrare la luce in un ‘fuoco’, e la
stessa terminologia geometrica sta ad indicare
che tale proprietà è stata riconosciuta proprio
per il fatto che in tale punto si concentrava
e la temperatura diventava così elevata da
accendere appunto un fuoco.
Plinio nella “Storia naturale” spiega che
con un recipiente sferico pieno di acqua è
possibile concentrare il calore solare in modo
da accendere dei tessuti e parla di lenti di
cristallo di rocca per accendere il fuoco.
L’impiego militare del calore solare alla
maniera attribuita ad Archimede deve avere
sollecitato la fantasia di tanti perché se ne
trovano tracce in moltissimi autori greci e
bizantini fra cui Proclo, Antemio di Tralles,
e altri. Ad Antemio di Tralles si attribuisce
un trattato sugli specchi ustori, costruiti
affiancando vari specchi piani secondo una
struttura parabolica, proprio come si fa oggi
nelle centrali solari a specchi. Una bella
rassegna sugli specchi ustori si trova nel sito
del Gruppo per la Storia dell’Energia Solare:
.
Dalla Grecia all’Islam
Purtroppo l’attendibilità delle notizie circolate
in questo periodo è limitata perché spesso
i testi greci ci sono pervenuti attraverso
traduzioni arabe. È stato infatti l’avvento
dell’Islam a partire dal VII secolo dopo Cristo
a diffondere, rielaborare e controllare le
notizie sull’uso dell’energia solare provenienti
dal mondo greco. In pochi decenni il mondo
islamico si è esteso dall’Asia al Nord Africa
all’Europa; i molti centri commerciali ed
economici si sono ben presto trasformati in
centri di cultura in cui sono state tradotte molte
opere del mondo ellenistico. Ne è nata una
scuola e tradizione di matematici, astronomi
e meccanici che scrivevano in arabo e che
hanno continuato gli studi del matematici
greci. Una delle figure più importanti fra i
matematici e fisici arabi è quella di Ibn al-
Haitham, noto col nome latinizzato di Alhazen,
nato a Bassora, nell’attuale Iraq meridionale,
nel 965 e vissuto a lungo in Egitto dove si
occupò di regolazione delle acque del Nilo.
Caduto in disgrazia si ritirò nella propria
abitazione e si dedicò alla traduzione in
arabo di centinaia di opere greche, fra cui gli
“Elementi di Euclide” e i “Trattati intermedi”
e l’”Almagesto” di Tolomeo. Al Cairo morì nel
1039.
Fondamentale è la “Ottica” nella quale Ibn al-
Haitham riassume e rielabora le conoscenze
precedenti e spiega alcuni fatti nuovi come
il meccanismo della visione e descrive
l’invenzione della ‘camera oscura’, da cui
sarebbe derivata la fotografia. Dal punto
di vista dell’energia solare Ibn al-Haitham
chiarisce il meccanismo della rifrazione della
luce (anticipando la misura del rapporti fra
gli angoli del raggio incidente e del raggio
rifratto che sarebbe stata riscoperta da
Snell) e spiega perché una sfera di materiale
trasparente, esposta al Sole, concentra la
radiazione solare in un punto al di sotto della
sfera (Figura 1). Il fenomeno è utilizzato
nell’eliofanografo di Campbell (Figura 2),
strumento usato per misurare il numero di ore
di insolazione di una località. La radiazione
solare che attraversa la sfera di vetro ‘brucia’
parzialmente un foglio di carta posto nel fuoco
della sfera e dall’esame della superficie della
bruciatura si possono trarre informazioni sulla
durata e sull’ intensità della radiazione solare.
Due opere minori di Ibn al-Haitham, tradotte
dal fisico tedesco Eilhard Wiedemann, trattano
gli specchi ustori sferici e parabolici. Ci
doveva essere un grande interesse per questi
problemi nel mondo islamico perché, quasi
contemporaneo di Ibn al-Haitham, a Bagdad
Ibn Sahl aveva scritto un libro spiegando
anche lui il fenomeno della rifrazione della
luce e trattando le lenti ustorie.
Si può dire che con questi autori arabi
erano ormai disponibili le informazioni per
gettare le basi dell’utilizzazione ‘economica’
dell’energia solare come fonte di calore ad alta
temperatura.
Figura 2 - Eliofanografo di Campbell
Figura 1 - Sfera ustoria