17
n.17 marzo 2015
di trasmissione e distribuzione viste
le caratteristiche di discontinuità
degli impianti a fonte rinnovabile e di
dispersione sul territorio.
Le previsioni dell’Ocse su questo
punto sono di oltre 8 mila miliardi di
investimenti entro il 2040, più del doppio
dei 3 mila spesi negli ultimi 15 anni
(Figura 5).
Il compito sembra arduo, anche in
funzione dei minori guadagni dei
produttori e distributori tradizionali il cui
business model è ormai in crisi, proprio a
causa dell’aumento dell’energia da fonte
rinnovabile che ha eroso la profittabilità
degli impianti tradizionali oltre che creato
problemi di distribuzione dell’energia in
rete.
Le smart grid sono al momento
relegate in progetti pilota in cui la parte
economica è ancora aleatoria e ben lungi
da essere definita e resa sistematica
come richiede il business di una utility.
Per rispondere in modo esauriente
alle nuove richieste della domanda
di energia servono soluzioni veloci in
grado di risolvere i problemi connessi
nei mercati di tutti i paesi Ocse,
passando da 60 miliardi di dollari nel
2000 a 220 miliardi di dollari nel 2012,
con una crescita annuale del 11% in
termini reali. La maggior parte degli
investimenti (54%) è stata proprio nelle
fonti rinnovabili non idroelettriche: eolica,
solare, biomassa e geotermia.
Nonostante le fonti rinnovabili
rappresentino ancora solo una piccola
percentuale (7-8%) della produzione di
energia dell’Ocse.
Le sfide future
Ma questa situazione è destinata ad
un cambiamento di rotta, secondo le
previsioni WEF (World Economic Forum)
le fonti rinnovabili sono destinate ad
avere una importanza sempre maggiore
e l’Unione Europea sarebbe prima come
percentuale di energia rispetto al totale
(Figura 4).
Tuttavia le tematiche connesse alle fonti
rinnovabili non esimono dal considerare
anche altri ambiti che sarebbero
impattati.
Ad esempio l’adeguamento delle reti
al sempre più volatile equilibrio tra
domanda e offerta.
Occorre iniziare ad avere tariffe e
quadri normativi in grado di riconoscere
il valore della capacità di una rete
affidabile: un compito tutt’altro che
semplice da tradurre per le autorità di
regolamentazione.
A questi problemi bisogna aggiungere
anche altre fonti di incertezza come il
mercato dei titoli di carbonio che, finora,
è stato lontano dal garantire quella
decarbonizzazione che avrebbe dovuto
favorire: il prezzo della tonnellata di
carbonio è stato discendente e ben
lontano da quei 22 euro/ton che erano
prospettati come prezzo ‘ideale’ per i
target della direttiva ETS.
In questo panorama la sfida di
armonizzazione dell’Unione Europea
non è semplice, occorre creare ‘parità
di condizioni’ tra aree geografiche, le
imprese e le tecnologie: armonizzare
gli incentivi, incoraggiare un’adeguata
interconnessione fisica e eliminare gli
ostacoli normativi inutili alla concorrenza
tra utilities storiche e quelle nuove.