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n.18 maggio 2015
nuovi, e appunto, più ‘smart’
combinando diverse esigenze
e informazioni.
Il primo passo delle smart
city è il superamento delle
barriere di accesso ai servizi
e di fruizione della città.
La capacità di essere smart
è tanto maggiore quanto
è migliore l’efficacia di
coinvolgimento con tutte le
categorie di cittadini, anche
quelli con poca dimestichezza
con l’uso della tecnologia.
A questo proposito non
bisogna sottovalutare la
rapidità di evoluzione della
tecnologia rispetto alla
capacità di apprendimento
dei cittadini. in meno di
dieci anni siamo passati da
telefoni cellulari che erano
il prolungamento funzionale
dei telefoni fissi di casa a
computer potenti che sono in
grado di elaborare e ricevere
informazioni da altri apparati
(i weareble devices, ovvero
i dispositivi indossabili,
in primis gli orologi che
comunicano direttamente
con lo smartphone) e di
comunicare anche in modo
complesso con altri apparati,
ad esempio con le banche
per i pagamenti.
Ma smart city è un concetto
ancora più allargato, alle
comunità di cittadini con
interessi comuni, dalla
pedonalizzazione di una via
del quartiere alla installazione
di un parcheggio con ricarica
di auto elettriche o ad un
presidio medico evoluto
in base alle esigenze dei
cittadini del quartiere. Non ci
sono limiti all’immaginazione
grazie alla tecnologia si
possono individuare nuovi
e utili servizi; il problema
è, semmai, riuscire ad
aggregare la domanda,
applicare processi di
co-partecipazione e co-
design. Cioè la smart city
è veramente smart solo se
è composta da cittadini a
loro volta smart, capaci di
sacrificare un poco le proprie
singolarità per contribuire a
costruire un servizio nuovo
e più utile e vicino alle
esigenze della comunità. Un
esempio di collaborazione
facilmente percepibile è la
app per smartphone del
comune che è in grado di
segnalare i problemi sui rifiuti
abbandonati: si fotografa
il rifiuto ingombrante e si
invia la foto, con tanto di
geolcalizzazione (grazie alle
coordinate GPS). In questo
modo l’amministrazione ha
una mappatura capillare
dei rifiuti e può organizzare
diversamente le pattuglie
per la raccolta. Quanto
più tempestivo sarà il
servizio di raccolta, tanto
più il cittadino si sentirà
coinvolto nel processo e lo
utilizzerà diventando, a sua
volta un cittadino ‘smart’.
Viceversa, ed è il rovescio
della medaglia, nel caso
in cui il servizio non fosse
tempestivo in seguito alla
segnalazione, si creerebbe
una disillusione e disaffezione
del cittadino sia nella smart
city che nell’uso delle nuove
tecnologie che, ancora,
dell’amministrazione stessa.
Progetti per le smart city
Le prime cinque città
‘smart’ europee per progetti
e numero di utilizzatori
sono, secondo una recente
classifica: Copenhagen,
Amsterdam, Vienna,
Barcellona e Parigi.
A livello mondiale, invece,
si sono distinte per qualità
dei progetti e per strategie
applicative: Chicago, Rio de
Janeiro, Stoccolma, Boston,
Barcellona, Hong Kong, Seul,
San Francisco.
In generale un progetto di
servizio in una smart city è
organizzato secondo diversi
livelli:
- al primo livello, quello più
superficiale, ci sono i servizi
a valore aggiunto, ovvero
gli smart city service che si
basano su architetture di ICT;
- al secondo livello c’è
l’interazione tra diverse
infrastrutture cioè tra
reti (di qualsiasi tipo,
telecomunicazioni ad
esempio, ma anche acqua,
energia ecc.), centri dati e
spazi urbani;
- al terzo si trova la
governance, ovvero la
gestione della città nel
suo complesso: strategie,
processi, partnership
collaborative e misura della
performance;
- al quarto si trova un livello
inerente alla raccolta dei dati
delle iniziative e attività della
smart city;
- al livello base si trovano,
invece, le singole unità di
analisi: ciascun servizio della
città, app, reti tra diversi
soggetti, organizzazioni ecc.
Prendendo ad esempio tre
città con best practice di
smart city, Seul, Amsterdam
e San Francisco con progetti
in diverse aree di interesse,
si trova che più della metà dei
progetti è orientata a servizi
informativi unidirezionali,
ovvero spesso basati sulla
sola geolocalizzazione
dell’utente in base alle
coordinate GPS. Si tratta,
per la maggior parte, di un
servizio di localizzazione
di altri servizi in prossimità
dell’utente. Poi, una
percentuale variabile tra
il 10 e il 20% è di servizi
partecipativi: da un servizio
di suggerimenti per nuove
politiche sociali fino al
classico car sharing. Infine
ci sono servizi a solo uso
interno di gestione delle reti
e di altri servizi senza diretta
partecipazione dei cittadini.
Le aree di intervento sono
molteplici ma possono essere
mappate e accomunate
(Figure 1-3).
Uno dei punti chiave della
smart city è la capacità di
rendere aperta e condivisa
la consultazione dei dati
rilevati dai diversi dispositivi
in modo che sia possibile, a
tutti, costruire i nuovi servizi
e implementarli. Ad esempio
FOCUS
Amsterdam (Foto John VanderHaagen