Ecologia alimentare: nutrire il pianeta ai tempi di Liebig

Il chimico tedesco dedicò la vita per trovare un modo per assicurare il nutrimento alla popolazione europea che, nel XIX secolo, era in continuo aumento

Pubblicato il 12 maggio 2014

La stessa domanda a cui il mondo è invitato a rispondere nella Esposizione universale di Milano Expo 2015, come ‘Nutrire il pianeta’, si era posta, nella metà dell’Ottocento, il grande chimico tedesco Justus von Liebig (1803-1873); nell’Europa del tempo la popolazione era in continuo aumento, soprattutto nelle classi proletarie e operaie, e rischiava di andare incontro a scarsità di alimenti a causa delle basse rese agricole e dell’impoverimento delle campagne in seguito alle continue guerre; si affacciava lo spettro dei ‘limiti dello sviluppo’ che sarebbe stato il cavallo di battaglia dei movimenti ecologisti del secolo scorso.

Liebig dedicò la vita alla lotta contro la fame, cercando di comprendere come potevano essere aumentate le rese agricole attraverso l’aggiunta al terreno di concimi, naturali ma anche artificiali, contenenti soprattutto i due elementi essenziali, fosforo e azoto, che le piante sottraggono al terreno nel loro ciclo vitale. Ma l’aumento delle rese agricole non bastava; molte malattie derivavano dal fatto che i cereali contengono proteine con basso contenuto di alcuni amminoacidi, quelli essenziali, che sono presenti maggiormente nella carne. La carne era però alimento costoso in Europa, mentre nel Sud America esistevano grandissimi pascoli con allevamenti di bestiame che non poteva però essere trasportato, né vivo, né macellato, nell’Europa, lontana settimane di viaggio sulle navi a vela.

In un celebre libro del 1847: “Sulla composizione della carne”, Liebig propose di preparare un concentrato delle sostanze nutritive della carne, facilmente trasportabile e conservabile; un ‘estratto’ ottenuto cuocendo la carne dei bovini e concentrando poi il brodo così ottenuto; si poteva ottenere un chilo di ’estratto’ da 32 chili di carne. La leggenda vuole che un ingegnere ferroviario tedesco, che lavorava in Brasile, abbia letto la notizia della proposta di Liebig e abbia preso contatto con lo scienziato proponendogli di costruire una fabbrica di estratto di carne in Uruguay. La fabbrica, insediata a Fray Bentos, sulle rive del fiume Uruguay, iniziò la produzione dell’’estratto di carne Liebig’ nel 1862.

Fray Bentos, originariamente un piccolo villaggio, visse una stagione di grande sviluppo industriale ed economico. Altre fabbriche di ‘estratto Liebig’ sorsero in vari paesi con un certo successo dovuto anche ad una abile azione pubblicitaria; chi acquistava un vasetto dell’estratto otteneva una ‘figurina’ con notizie di storia e di varia cultura. L’invenzione della navi frigorifere e a vapore accelerò il trasporto della carne dal Sud America all’Europa ma la produzione di estratto di carne continuò sino ai nostri giorni. Sull’etichetta dei vasetti in commercio figura la firma di Liebig, con gli svolazzi, come si usava nell’Ottocento.

Gli estratti di carne si presentano come una pasta bruna, viscosa, di sapore gradevole; ancora oggi vengono addizionati ai preparati per brodo, i ‘dadi per brodo’, o vengono usati direttamente in cucina. Per legge sono definiti come “estratto ottenuto dalla carne bovina fresca”, contenente meno del 20% di acqua e circa il 70% di sostanze azotate fra cui almeno circa il 7% di creatinina. Sono presenti anche sostanze azotate contenenti fosforo e sali inorganici.

Vengono prodotti e venduti, come integratori alimentari, anche altri ‘estratti’ ricchi di sostanze azotate. L’estratto di lievito è ottenuto sospendendo i lieviti attivi in acqua e concentrando la soluzione così ottenuta; in questo caso il contenuto in sostanze azotate solubili in acqua è di circa il 50%. Gli ‘estratti per brodo’ sono invece miscele di amminoacidi ottenute sottoponendo a idrolisi con acidi, per lo più acido cloridrico, delle proteine di origine vegetale (cereali, legumi, vegetali in genere) o animale (proteine del sangue, del latte, della carne, di pesce, eccetera).

Giorgio Nebbia



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