Il bianco più bianco? È di un coleottero

Scoperte le ragioni fisiche del bianco incredibilmente intenso e brillante delle scaglie di rivestimento di alcune specie di coleotteri. Il Cyphochilus, un parente asiatico del comune ‘maggiolino’, ha infatti una proprietà che non passa inosservata: il corpo è rivestito da uno strato di microscopiche scaglie di un bianco estremamente intenso, al pari di un foglio di carta o di uno strato di vernice che presentano uno spessore oltre dieci volte maggiore.
Questa particolare proprietà è stata oggetto di studio da parte di un gruppo di ricercatori dell’Istituto nazionale di ottica del Consiglio nazionale delle ricerche (Ino-Cnr), del Laboratorio europeo di spettroscopia non lineare Lens dell’Università degli studi di Firenze e dell’Università di Cambridge che sono riusciti a spiegare le strategie adottate per ottenere questo sorprendente risultato, delineando le prospettive per una nuova generazione di materiali e vernici più efficienti e a minor impatto ambientale. I risultati sono stati pubblicati su Scientific Reports.
“Il coleottero deve risolvere un duplice problema: da un lato essere leggero per poter volare e dall’altro apparire di un colore bianco brillante per mimetizzarsi tra i funghi in cui vive”, spiega Matteo Burresi, ricercatore Ino-Cnr responsabile del gruppo di ricerca. “Questo è possibile grazie alla struttura interna di queste scaglie che è stata opportunamente ottimizzata da milioni di anni di evoluzione. Tale struttura è composta da una rete disordinata di filamenti il cui diametro è di poche centinaia di nanometri, ovvero quasi mille volte più sottili di un capello”.
“Il risultato è ancora più sorprendente”, aggiunge Silvia Vignolini, ricercatore dell’Università di Cambridge, “se si pensa che questi coleotteri riescono a ottenere questo grado di bianchezza con un materiale, la chitina, che in genere non è in grado di influenzare sensibilmente la propagazione della luce. Con le attuali tecnologie non siamo in grado di produrre un materiale altrettanto bianco in uno spessore così ridotto”.
“I risultati di questa ricerca”, conclude Diederik Wiersma, professore ordinario di fisica della materia presso l’Università di Firenze, “da una parte suggeriscono interessanti strategie con cui progettare nuovi materiali per diffondere più efficacemente la luce, dall’altra dimostrano che non è necessario impiegare materiali che interagiscono fortemente con essa come quelli attualmente impiegati ad esempio nell’industria delle vernici per ottenere rivestimenti altamente coprenti”.
Cnr: http://www.cnr.it
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