Ecologia alimentare: gli spinaci

Qual è la storia, in natura ed ecologia, dei prodotti che arrivano sulla nostra tavola? È importante conoscere il processo che trasforma i prodotti agricoli e zootecnici in articoli commerciali, come quello dei prodigiosi spinaci di Braccio-di-Ferro.

Pubblicato il 29 settembre 2014

Pochi personaggi di fantasia hanno avuto l’onore della dedica di un monumento; di quelli che conosco uno è Pinocchio a Collodi (Pistoia), l’altro è Braccio-di-Ferro a Crystal City in Texas, negli Stati Uniti. In quest’ultimo caso la gratitudine dei cittadini è dovuta al contributo che il famoso personaggio dei fumetti ha dato all’economia agricola della zona facendo pubblicità, con le sue avventure, alla produzione di spinaci e alla locale industria conserviera.

Gli spinaci sono originari della Persia, da cui passarono verso est in Cina e verso ovest, grazie all’espansione araba, nel Mediterraneo, in Sicilia, Spagna e da qui nel resto d’Europa dove divennero alimenti apprezzati dal 1400 in avanti. Gli spinaci, che devono il nome al fatto che il loro seme è dotato di piccole “spine”, appartengono alla specie Spinacia oleracea, della famiglia delle Amaranthaceae. 100 grammi di foglie fresche (col 90% di acqua) contengono circa 3,6 g di carboidrati, 2,2 g di fibre, 2,2 g di proteine e 0,4 g di grassi.

Il bel colore verde è dovuto naturalmente alla clorofilla e copre il colore dei carotinoidi – beta-carotene, luteina e zexantina – che contribuiscono ad un contenuto di vitamina A equivalente di circa 0,5 mg, sempre per 100 g di foglie fresche. Sono presenti anche acido folico e altre vitamine e anche rame, fosforo, zinco, calcio, potassio. Per molti decenni è circolata la leggenda che gli spinaci facessero bene perché “contenevano ferro”; quando sono state fatte analisi accurate si è visto che contengono sì ferro, ma circa 3 mg per 100 g di foglie fresche, molto meno di quanto ritenuto precedentemente.

Gli spinaci sono un gradevole alimento di largo consumo. Si stima che la produzione mondiale ammonti a circa 20 milioni di tonnellate all’anno, per l’85% in Cina; il secondo produttore mondiale sono gli Stati Uniti con circa 400.000 t/anno. La produzione italiana è stimata di 100.000 t/anno (dati Istat, ma poco meno di 10.000 t/anno secondo la Fao).

Braccio-di-Ferro era nato nel 1929 come protagonista di una “striscia” di fumetti dalla matita del disegnatore Elzie Crisler Segar (1894-1938), originario di un paesino agricolo del Texas. Si era nel pieno di una crisi economica che colpiva l’agricoltura, specialmente negli Stati poveri del Sud, e probabilmente anche questo ha ispirato le favolette dei fumetti e dei cartoni animati, sempre moraleggianti, come occorreva negli anni trenta del secolo scorso, durante la crisi economica. Popeye (il nome originale di Braccio-di-Ferro) è una persona debole e tiranneggiata dai prepotenti che riesce a sconfiggere col proprio coraggio, oltre che col contributo degli spinaci “ricchi di ferro”. Sta di fatto che, grazie a Braccio-di-Ferro è aumentata la produzione di spinaci che venivano inscatolati in una industria conserviera collocata a Crystal City, nel Texas, una cittadina di immigrati messicani poveri, che si è autoproclamata “capitale mondiale degli spinaci”.

A dire la verità le analisi successive mostrarono che il contenuto in ferro degli spinaci è meno di quanto si pensasse ed è simile a quello di molte altre verdure; del resto Braccio-di-Ferro fa riferimento anche al contenuto di vitamine degli spinaci, specialmente di vitamina A (in una striscia del 3 luglio 1932) e altrove dice che gli spinaci contengono “tutte le vitamine dell’alfabeto” (27 giugno 1933).

 

Foto: Peter Forster

Giorgio Nebbia



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