Wwf: Market Transformation, ridurre il ‘fardello ecologico’ dei mercati globali

Pubblicato il 29 febbraio 2012

Quasi 8 miliardi di metri cubi di acqua utilizzati, oltre 34 milioni di tonnellate di CO2 equivalenti emesse in atmosfera, 8,5 milioni di ettari di terra sottratti ad agricoltura e biodiversità, più di 20 milioni di tonnellate di materiali ‘biotici’ (ovvero la biomassa coltivata) prelevati dagli ecosistemi, 38 milioni di tonnellate di materiali ‘abiotici’ (come sedimenti, rocce, minerali) erosi. Un totale che vale mezza tonnellata di risorse all’anno prelevate in natura per ogni cittadino italiano.

È il peso del ‘fardello ecologico’ che ‘trascinano’ con sé le importazioni italiane di caffè (470.000 tonnellate in un anno), carta e pasta di carta (7,6 milioni t), cotone (670.000 t) e olio di palma (720.000 t): quattro risorse naturali collegate a settori industriali strategici del mercato italiano, quali il tessile, l’alimentare e il cartario, il cui prelievo in natura e relativa filiera produttiva hanno un forte impatto sull’ambiente, e di cui i protagonisti del mercato, a partire dalle imprese, devono assumersi la responsabilità.

Lo rivela il nuovo studio ‘Market Transformation – Sostenibilità e mercati delle risorse primarie’, realizzato da Wwf e Sustainable Europe Research Institute (Seri) in vista del summit mondiale sullo sviluppo sostenibile ‘Rio+20’, che analizza la pressione esercitata dai mercati globali sulle risorse naturali, con un focus specifico su quattro “commodities” prioritarie per il mercato italiano (caffè, cotone, carta e olio di palma), proponendo soluzioni concrete per costruire un mercato ‘meno insostenibile’. Lo studio, realizzato con il supporto di UniCredit, che ha avviato un percorso sul tema della sostenibilità ambientale anche attraverso l’integrazione della valutazione dei rischi ambientali nelle proprie politiche di credito, è stato presentato a Roma da Gianfranco Bologna, direttore scientifico Wwf Italia, Helen Van Hoeven, direttore Market Transformation Initiative Wwf International.

Secondo il rapporto Wwf-Seri, dal 1980 al 2007 l’estrazione di risorse vergini a livello globale è passata da 15 miliardi di tonnellate a oltre 20 miliardi tonnellate annue con 35 aree prioritarie per la tutela della biodiversità individuate dal Wwf, dal Mediterraneo al Bacino del Congo, dai Mari Antartici ai Mari dell’Artico fino alle Galapagos, minacciate progressivamente da attività produttive, quali allevamenti e colture estensive, sovrasfruttamento degli stock ittici e acquacoltura.

Un impatto in cui anche il mercato italiano ha un ruolo importante, con 944 imprese impegnate nel settore del caffè, tra cui marchi come Lavazza, Zanetti e Illy, 4.181 imprese nel settore cartario (per un totale di oltre 70.000 addetti), come il Gruppo Sofidel, secondo gruppo europeo nel mercato tissue, e ben 18.798 imprese impegnate nella filatura e tessitura oltre alle 36.200 legate alla confezione di abbigliamento, mentre la produzione di olio di palma coinvolge marchi italiani di rilevanza internazionale come Eni per i biocombustibili e Autogrill, Ferrero o Barilla per i prodotti alimentari, solo considerando le quattro commodities analizzate nel rapporto.

Ed è in primo luogo alle imprese che il rapporto ‘Market Transformation’ rivolge un appello alla responsabilità per ridurre il proprio impatto su risorse naturali, base imprescindibile per il futuro dell’economia mondiale, e propone soluzioni per trasformare il mercato, promuovendo fonti e filiere sostenibili di produzione delle risorse primarie con il coinvolgimento di imprese, istituzioni e cittadini: un ‘vademecum’ di proposte specifiche, che vanno dall’adesione a standard di sostenibilità per l’approvvigionamento responsabile e sistemi di certificazione internazionalmente riconosciuti (come il Forest Stewardship Council-Fsc) all’abolizione delle tariffe sull’importazione di materie certificate, dal trasferimento della pressione fiscale dalla forza-lavoro all’uso delle risorse naturali alle attività di policy fino al consumo consapevole.

Secondo il Wwf, per porsi concretamente sulla strada della sostenibilità, l’Italia, insieme con l’Unione Europea, entro il 2030 dovrà ridurre a zero la domanda di terreno ‘nascosta’ nelle proprie importazioni ed entro il 2050 ridurre dell’80% i propri prelievi diretti e indiretti di materiali utilizzati, del 95% le emissioni di gas serra e portare la propria impronta idrica a meno del 10% delle riserve disponibili. Con l’obiettivo di ridurre il proprio ‘fardello ecologico’ fino a un decimo dei valori attuali entro pochi decenni.

L’Italia ha bisogno quindi di un movimento innovativo che rilanci in chiave di sostenibilità gli aspetti migliori del ‘Made in Italy’, all’interno di un mercato globale minato da crisi economica e ‘dumping’ambientale: nessuna eccellenza, infatti, può più escludere dalla propria filiera produttiva standard di qualità certificati che testimonino il rispetto dell’ambiente e delle sue risorse e la riduzione degli impatti sociali negativi. Data la concentrazione territoriale delle piccole e medie imprese, caratteristica del tessuto produttivo italiano, secondo il Wwf è indispensabile anche sviluppare iniziative dedicate ai distretti industriali, puntando sulle risorse locali e sull’ecoinnovazione, con il coinvolgimento di associazioni imprenditoriali, società civile e centri di ricerca.

Alla presentazione del rapporto è seguita una tavola rotonda con imprese italiane e internazionali, come Coop, Ikea, Sofidel, Unilever, particolarmente rilevanti nel mercato delle quattro commodities analizzate, che si sono confrontate sull’approvvigionamento responsabile, le sfide, le soluzioni, gli impegni presi per ridurre il proprio impatto sulle risorse naturali, ma anche sui benefici ottenuti in termini di efficientamento e di competitività sul mercato.

Wwf: www.wwf.it/RIO
UniCredit: www.unicredit.it



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