Italia vicina all’emergenza rifiuti: tra due anni discariche piene

Pubblicato il 29 giugno 2009

Nei prossimi due anni le discariche distribuite sul territorio nazionale raggiungeranno i limiti autorizzati e non potranno, salvo eventuali nuove autorizzazioni o ampliamenti delle capacità esistenti, accogliere ulteriori quantità di rifiuti. La situazione emergenziale vissuta recentemente da diverse regioni del nostro Paese rischia così di allargarsi all’intero territorio nazionale se non saranno individuate e progettate tempestivamente soluzioni di smaltimento alternative. Il dato allarmante emerge dal Rapporto “Gli impianti per il trattamento dei rifiuti in Italia”, presentato a Roma da Fise Assoambiente, l’Associazione che in Confindustria rappresenta le aziende che operano in campo ambientale.

La ricerca, curata dalla Fondazione Sviluppo Sostenibile, ha interessato gli impianti di trattamento dei rifiuti presenti in Italia, evidenziando come, tra le diverse modalità di gestione, il conferimento in discarica ricopra ancora un ruolo dominante sia per i rifiuti urbani (47%), sia per quelli speciali, pericolosi e non (44%).

Considerando il ricorso continuo a questa forma di smaltimento dei rifiuti, a breve l’Italia dovrà fare i conti con l’esaurimento delle capacità residue disponibili. In assenza di necessarie soluzioni alternative in linea con i principi fissati in ambito europeo, non sarà possibile gestire a livello nazionale i rifiuti non avviabili al riciclo (circa 59,3 milioni di tonnellate nel 2007) e quelli prodotti al termine dei processi stessi del riciclo.

Un ulteriore “campanello d’allarme”, illustrato dalla ricerca, riguarda i tempi amministrativi e tecnici per realizzare non solo nuove discariche (nella peggiore delle ipotesi), ma eventualmente anche sistemi a tecnologia complessa, come gli impianti di incenerimento. Sulla base delle esperienze sino a oggi registrate, la tempistica media per la progettazione e messa in funzione di un impianto va da un minimo di quattro anni a un massimo di quasi sei. Il Paese si trova quindi già oggi in notevole ritardo per la programmazione di soluzioni alternative o di potenziamento delle attuali capacità di smaltimento.

Dal Rapporto emerge, inoltre, una forte disomogeneità nella distribuzione degli impianti di smaltimento sul territorio nazionale. La percentuale dei rifiuti, urbani e speciali, avviati all’incenerimento in Italia è pari al 12%, ben al di sotto della media riscontrata in ambito europeo (oltre 20%). La capacità di recupero energetico dei termovalorizzatori, distribuita in modo disomogeneo sul territorio nazionale (69,8% al Nord, 14,6% al Centro e 15,6% al Sud) non consente ampi margini di ulteriore sfruttamento, in particolare al Nord dove la capacità annua disponibile è utilizzata, soprattutto per i rifiuti urbani, per oltre il 90%.

Al Centro e al Sud, dove la capacità utilizzata per i rifiuti urbani scende rispettivamente al 72% e al 42%, il quantitativo di rifiuti avviati a questo trattamento è significativamente inferiore rispetto alle quantità gestite in discarica, a causa soprattutto del minor costo di conferimento.

Gli impianti di recupero dei rifiuti, infine, sono 6.404, con una capacità di trattamento autorizzata annua di 150,8 milioni di tonnellate, distribuite in modo disomogeneo in ambito nazionale. Sul settore del riciclo gravano oggi numerosi fattori che ostacolano un’ulteriore crescita. I motivi sono legati non solo alla necessità di migliorare la qualità delle raccolte differenziate e allo sviluppo tecnologico degli impianti di riciclo, ma soprattutto alle difficoltà di potenziamento degli sbocchi di mercato per le materie prime secondarie, in particolare nell’attuale momento di crisi dei mercati e di crollo delle quotazioni dei materiali.

“Per evitare future probabili situazione di emergenza”, sostiene Pietro Colucci, presidente di Fise Assoambiente, “è necessario promuovere un sistema impiantistico integrato, generazionale (almeno 20 anni), supportato da un quadro normativo stabile e omogeneo, caratteristica fondamentale per garantire i necessari investimenti. A ciò si deve aggiungere una regolazione del mercato che favorisca lo sbocco dei materiali riciclati, per evitare la sottoutilizzazione delle capacità autorizzate, il blocco dello sviluppo di processi tecnologici e il mancato raggiungimento degli obiettivi di riciclaggio fissati in ambito europeo”.

Il documento
www.fise.org/cerca/cerca.php?we_objectID=73&pid=0&we_objectTID=

Fise Assoambiente
www.fise.org
 



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