ELEMENTI – Niobio, viale del Quinto Periodo, 41

Con una produzione mondiale di circa 60.000 t/anno, il Niobio deve il suo nome a Niobe, l'orgogliosa madre greca che, felice dei suoi 14 figli, aveva affermato di essere superiore alla dea Latona, la quale non aveva che un figlio e una figlia

Pubblicato il 13 settembre 2011

Chi sa che cosa avrebbe pensato Niobe – ricordate? la figlia di Tantalo che vide i suoi quattordici figli, sette maschi e sette femmine, assassinati per gelosia per ordine della dea Latona – se avesse saputo che il suo nome sarebbe stato immortalato per l’eternità, almeno finché esiste la chimica, non solo nei libri di storia greca. Perché al personaggio mitologico Niobe si è ispirato Heinrich Rose per battezzare il niobio, un elemento di crescente importanza tecnica ed economica, con una complicata storia.

Il chimico inglese Charles Hatchett (1765-1847) nel 1801 identificò un nuovo elemento in un minerale inviatogli dagli Stati Uniti e lo chiamò columbio, in onore dell’America da cui proveniva il minerale. Il columbio di Hatchett era probabilmente una miscela di niobio e tantalio, due elementi che si trovano uno sotto l’altro nella tabella degli elementi di Mendeleev e quindi hanno proprietà chimiche simili. Per anni i chimici hanno discusso se il “columbio” fosse un elemento solo o una miscela di due elementi; che si trattasse effettivamente di due elementi fu scoperto nel 1846 dal chimico tedesco Heinrich Rose (1795-1864), nel 1864 dallo svedese Christian Blomstrand (1826-1897), dal francese Sainte-Claire Deville (1818-1881) e infine dallo svizzero Charles de Merignac (1817-1894).

Il lavoro di questa multinazionale di scienziati consentì di identificare le proprietà fisiche e chimiche del niobio, simbolo Nb, peso atomico 93. Il niobio ha un altissimo punto di fusione, circa 2.500°C, è grigio e malleabile; per la sua elevata temperatura di fusione per qualche tempo è stato usato come filamento delle lampade a incandescenza fino a quando non fu sostituito dal tungsteno.

Nel 1920 fu scoperto che l’addizione del niobio migliora molto le proprietà dell’acciaio; acciai con anche solo l’uno percento di niobio sono adatti a costruire i tubi che trasportano, nel mondo, un paio di miliardi di tonnellate ogni anno del gas naturale che arriva nelle cucine di ciascuno di noi, nelle centrali termoelettriche, nelle fabbriche, dopo aver attraversato deserti, pianure e le profondità marine. Il niobio forma delle leghe, specialmente con titanio e stagno, che trovano applicazioni nei treni a levitazione magnetica e nelle tecniche diagnostiche come la risonanza magnetica, molto meno dannosa dell’analisi con raggi X.

Leghe di niobio si comportano come semiconduttori, materiali che, a bassissime temperature, sono in grado di trasportare l’elettricità senza perdite; altre leghe di niobio sono usate nell’industria aeronautica, e astronautica; per esempio gli ugelli (i tubi da cui escono i gas ad altissima temperatura) dei missili e dei veicoli spaziali sono costruiti con leghe contenente niobio. Il niobio trova applicazioni nella microlettronica, soprattutto nei telefoni cellulari, nei personal computer ecc.

Il niobio si ricava industrialmente da minerali che contengono niobio e tantalio insieme; il coltan, di cui esistono giacimenti nella zona africana al confine fra Uganda, Ruanda, Congo, per la cui conquista si è combattuta per molti anni una sanguinosa guerra, è una miscela di minerali chiamati “columbite” e “tantalite” (da cui l’acronimo coltan), costituiti da ossidi di niobio, tantalio e altri metalli. Il principale produttore di niobio è il Brasile, seguito dal Canada, dall’Australia e da altri paesi. Il niobio viene esportato principalmente sotto forma di ferro-niobio, di ossido di niobio, di niobio greggio e di polveri che sono poi trattati e raffinati nei paesi di importazione.

La produzione mondiale di niobio si aggira sulle 60.000 tonnellate all’anno. Inutile dire che la Cina, oggi il più grande produttore mondiale di acciaio, è anche il principale importatore di niobio, con interessi nelle attività minerarie africane. Come nel caso di simili metalli, che si trovano in natura in piccolissima concentrazione, l’estrazione del niobio e del tantalio e le successive operazioni di raffinazione si lasciano dietro effetti ambientali negativi, sotto forma di scorie e inquinamenti, spesso in paesi poverissimi, e, purtroppo, sono anche accompagnate da violenze e dolori umani.



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