ELEMENTI – Litio, via degli Alcalini, 3

Pubblicato il 27 luglio 2011

L’elettricità ha l’inconveniente che non sta mai ferma; la benzina può essere raccolta in un serbatoio e usata domani; l’elettricità deve essere usata subito; i pochi sistemi di “conservazione” dell’elettricità consistono nelle batterie di accumulatori che forniscono elettricità per qualche ora, poi devono essere ricaricate. Le batterie al piombo-acido delle attuali automobili sono pesanti e scomode. L’auto elettrica del futuro ha bisogno di batterie ricaricabili molto più potenti e leggere e le uniche oggi disponibili sono quelle a base di litio.

Il litio, formula Li, peso atomico 7, è il terzo elemento della tabella di Mendeleev e viene dopo l’idrogeno e l’elio; è un metallo “leggero” perché il suo peso specifico è appena la metà di quello dell’acqua. Finora i composti del litio sono stati usati nella produzione del vetro, delle ceramiche e di alcune leghe leggere, per la preparazione di fluidi lubrificanti, e in pochi altri campi; il litio ha riscosso interesse nel campo nucleare per la produzione delle bombe atomiche all’idrogeno. La grande svolta nella utilizzazione e richiesta del litio si è avuta con l’invenzione delle batterie a ioni di litio ricaricabili, piccoli generatori di elettricità per telefoni cellulari, macchine fotografiche, computer ecc.

Per gli autoveicoli occorrono batterie al litio di altro tipo, a litio-polimeri, come si dice, nelle quali il catodo è costituito da ossido di litio e cobalto o ossido di litio e manganese, e l’anodo è costituito da litio. Fra il catodo e l’anodo è posto un elettrolita , capace di trasportare l’elettricità nell’una e nell’altra direzione. A differenza delle piccole batterie a ioni di litio, quelle a litio-polimeri possono arrivare ad erogare da 0,13 a 0,30 kWh di elettricità per ogni chilo di peso; l’energia necessaria per percorre tragitti lunghi, anche di 150 chilometri prima della ricarica, può essere contenuta in un ingombro relativamente modesto.

Il litio è diventato così improvvisamente una materia prima strategica. Gli Stati Uniti hanno prodotto litio dai minerali estratti da una miniera nel Montana; altri produttori sono Cile, Argentina, Cina e Australia. Ma occorre molto più litio e un nuovo gigante si affaccia nel mercato di questo metallo, la Bolivia, in cui si trovano grandi deserti salati, residui dell’evaporazione di antichi laghi; simili laghi salati si trovano anche in Argentina e Cile, ma la Bolivia possiede la metà delle riserve mondiali di litio nel Salar de Uyuni, un giacimento grandissimo in una terra desolata assolata e arida.

I sali di questi giacimenti, contenenti da mezzo grammo ad alcuni grammi di litio per chilogrammo, insieme a magnesio e altri elementi, vengono disciolti in acqua e dalle soluzioni risultanti vengono fatti precipitare i sali meno solubili. Alla fine si ottiene una soluzione concentrata di cloruro di litio dalla quale, per aggiunta di carbonato di sodio, viene fatto precipitare il carbonato di litio insolubile che sarà trasformato in ossido e litio metallico.

Finora lo sfruttamento del litio boliviano è stato ostacolato dalla popolazione locale, preoccupata dai danni ambientali dovuti alla formazione di grandi depositi di residui, centinaia di tonnellate per ogni tonnellata di litio ottenuto, ma anche dal sospetto che le compagnie multinazionali straniere si possano portare via questa ricchezza mineraria del paese senza lasciare niente ai suoi abitanti. Tanto che si profila il pericolo di una “guerra del litio”.

La maggior parte delle batterie ricaricabili al litio è prodotta in Cina e Giappone che si offrono di finanziare le imprese per l’estrazione dei sali di litio in Bolivia e in Argentina, con l’obiettivo di essere le prime nell’offerta anche di auto elettriche, in concorrenza con Germania e Stati Uniti. Questa corsa ha fatto aumentare in pochi anni di quattro volte il prezzo del litio.

Giorgio Nebbia



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