Come creare fori selettivi nel grafene

Una nuova tecnica sviluppata al MIT per produrre materiali filtranti altamente selettivi, a base di grafene, per la dissalazione dell’acqua di mare.

Pubblicato il 27 febbraio 2014

Un team di ricercatori del MIT, dell’Oak Ridge National Laboratory e dell’Arabia Saudita, ha ideato un metodo per realizzare piccoli fori di dimensioni controllabili nei fogli di grafene. Con questo sistema si potrebbero ottenere dei filtri ultrasottili per migliorare la desalinizzazione o la depurazione delle acque.

I ricercatori sono riusciti a creare pori di dimensioni inferiori al nanometro, in un foglio di materiale dello spessore di un atomo, che è uno dei materiali più forti conosciuti. I risultati della ricerca sono stati pubblicati sulla rivista Nano Letters.

L’idea di utilizzare il grafene perforato da nanopori come filtro per la desalinizzazione è stato proposto e analizzato da altri ricercatori del MIT. Il nuovo lavoro, condotto dal dottorando Sean O’Hern e dal professore associato di ingegneria meccanica Rohit Karnik, è il primo passo verso la produzione effettiva di un filtro di grafene di questo genere.

La produzione dei minuscoli fori nel grafene – uno strato composto da celle esagonali di atomi di carbonio, simile a una rete metallica in scala atomica – avviene grazie a un processo in due fasi . In primo luogo il grafene è bombardato con ioni di gallio che perturbano i legami tra gli atomi carbonio. Poi, il grafene viene inciso con una soluzione ossidante che reagisce fortemente con i legami perturbati, producendo un foro in ogni punto che viene colpito dagli ioni di gallio. Controllando il tempo che il foglio di grafene rimane nella soluzione ossidante, i ricercatori del MIT possono controllare la dimensione media dei pori.

Una grande limitazione degli impianti di dissalazione a nanofiltrazione e ad osmosi inversa che utilizzano filtri per separare il sale dall’acqua di mare, è la loro bassa permeabilità: l’acqua infatti scorre molto lentamente attraverso di loro. I filtri di grafene , essendo molto più sottili, ma allo stesso tempo molto resistenti, sono in grado di mantenere un flusso molto maggiore. “Abbiamo sviluppato la prima membrana che consiste in un singolo foglio di grafene, sottile come un atomo, che possiede un’elevata densità di pori di dimensioni inferiori al nanometro”, spiega O’Hern.

Affinché la dissalazione sia efficiente, una membrana deve mostrare un elevato tasso di rimozione del sale, ma anche un’elevata portata di acqua. Un modo per ottenere questo risultato consiste nel ridurre lo spessore della membrana, ma questo rende rapidamente le membrane a base di polimeri convenzionali, troppo deboli per resistere alla pressione dell’acqua o troppo inefficaci per respingere il sale.

Con le membrane di grafene si tratta semplicemente di controllare la dimensione dei pori, rendendoli “più grandi delle molecole d’acqua, ma più piccoli rispetto a tutto il resto – prosegue O’Hern – si tratti di sale, impurità o particolari tipi di molecole biochimiche”.

La permeabilità di questi filtri di grafene, secondo le simulazioni al computer, potrebbe essere 50 volte maggiore di quella delle membrane convenzionali, come dimostrato in precedenza da un team di ricercatori del MIT guidati da l dottorando David Cohen-Tanugi del Dipartimento di Ingegneria e Scienza dei Materiali. La produzione di filtri con pori di dimensione controllata, però, è rimasta finora una sfida. “Il nuovo lavoro – afferma O’Hern – stabilisce un metodo per produrre effettivamente tali materiali con alte concentrazioni di fori di dimensioni nanometriche su grandi aree.”

“Abbiamo bombardato il grafene con ioni di gallio ad alta energia”, spiega O’Hern. “Questo crea dei difetti nella struttura del grafene che sono chimicamente più reattivi.” Quando il materiale viene immerso in una soluzione ossidante reattiva, l’ossidante ‘attacca preferenzialmente i difetti’, e incide molti buchi che hanno più o meno le stesse dimensioni. O’Hern e gli altri co- autori sono stati in grado di produrre una membrana, adatta per la filtrazione, con 5.000 miliardi di pori per centimetro quadrato. “Per comprendere meglio quanto questi pori sono piccoli e densi, possiamo immaginare che se la nostra membrana di grafene fosse ingrandita circa un milione di volte, i pori avrebbero dimensioni inferiori a un millimetro, sarebbero a una distanza reciproca di circa 4 millimetri, e distribuiti su oltre 38 miglia quadrate, una superficie grande più o meno come la metà dell’area di Boston”, dice O’Hern.

Con questa tecnica, i ricercatori sono stati in grado di controllare le proprietà di filtrazione di un foglio di grafene da un centimetro. Mentre senza l’incisione il sale non riesce a passare attraverso i difetti formati da ioni gallio, con una piccola incisione gli ioni positivi del sale hanno iniziato a fluire attraverso le membrane. Con una successiva incisione, le membrane hanno lasciato a passare gli ioni positivi e negativi dei sali ma hanno bloccato il flusso di molecole organiche più grandi. Con altre incisioni, i pori sono abbastanza grandi da lasciare passare tutto. Per realizzare il processo e la conseguente produzione di filtri di grafene permeabili su scala industriale, mantenendo il controllo delle dimensioni dei pori, saranno necessarie ulteriori ricerche.

Karnik afferma che tali membrane, a seconda delle dimensioni dei pori, potrebbero trovare diverse applicazioni. La desalinizzazione e la nanofiltrazione sono più complicate perché le membrane necessarie per questi impianti sono molto grandi. Per altri scopi, però, come la filtrazione selettiva di molecole – per esempio la rimozione di reagenti non reagiti dal DNA – anche i filtri molto piccoli prodotti finora potrebbero essere utili. Per la biofiltrazione le dimensioni o il costo non sono altrettanto problematici, e per queste applicazioni la scala attuale è adatta.

web.mit.edu

Antonella Rampichini



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