Politiche climatiche: accordo di Parigi a rischio per l’UE?

Pubblicato il 23 aprile 2018

“Un testo non ambizioso e fragile che ci allontana dalla realizzazione degli obiettivi sul clima sottoscritti a Parigi nella Cop21. Unica nota positiva, sebbene amara, l’approvazione risicata, con un solo volo di maggioranza che il testo ha ottenuto. Segno evidente che una larghissima parte dell’Aula è concorde con la volontà da sempre espressa dal Movimento 5 Stelle di essere più ambiziosi in materia climatica e che, quindi, abbiamo mosso molte coscienze”. Questo il commento dell’eurodeputata del Movimento 5 Stelle, Eleonora Evi, dopo l’approvazione, al Parlamento Europeo di Strasburgo, del Regolamento “Effort Sharing” che ha avuto il via libera con 343 voti favorevoli contro i 342 tra contrari e astenuti e che stabilisce le riduzioni annuali vincolanti delle emissioni di gas a effetto serra a carico degli Stati membri nel periodo 2021-2030.

Alla base della critica c’è, secondo Evi, “una radicale mancanza di ambizione rispetto alla necessità di ridurre effettivamente le emissioni di gas a effetto serra”. Infatti, “sebbene i capi di Stato e di governo europei facciano spesso a gara nel riaffermare il proprio impegno nella lotta contro i cambiamenti climatici, nel momento clou si siano rifiutati di accettare la proposta avanzata dal Parlamento UE, per una riduzione globale delle emissioni di gas serra pari almeno al 30% nell’ambito del nuovo regolamento “Effort Sharing”. Una percentuale che, sebbene non pienamente sufficiente per contenere al di sotto di 2° C l’aumento della temperatura, avrebbe comunque dato sostanza alla politica UE in campo climatico. Invece,  la riduzione possibile si attesterà attorno al 25% delle emissioni totali. Il Consiglio si è infatti dimostrato irremovibile e ha rigettato ogni ipotesi di fissare nel 2018 l’inizio della traiettoria per la riduzione lineare delle emissioni tra il 2021 e il 2030, preferendo posticiparla a maggio 2019.

“Una scelta scellerata – commenta Evi – che rischia di vanificare ogni tentativo di condivisione degli sforzi nel campo della riduzione delle emissioni. Una scelta che si colloca nel solco della continuità, che si basa su un approccio “pre 2020” assolutamente antitetico rispetto a ciò che servirebbe per attuare l’Accordo di Parigi e per indirizzare saldamente l’Europa su un sentiero di riduzione costante delle emissioni”

Ma è stato approvato anche un altro Regolamento in tema di clima e, questa volta, con un’ampia maggioranza. Si tratta del cosiddetto LULUCF che riguarda l’inclusione delle emissioni e degli assorbimenti di gas a effetto serra determinati dall’uso del suolo, dal cambiamento di uso del suolo e dalla silvicoltura nel quadro 2030 per il clima e l’energia sono decisamente troppo deboli. E, anche qui, le critiche non mancano. Tale Regolamento, infatti, stabilisce un obbligo generale secondo cui ciascuno Stato membro si dovrà impegnare a garantire che le emissioni non superino gli assorbimenti prodotti dall’uso del suolo, dal cambiamento di uso del suolo e dalla silvicoltura nei periodi 2021-2025 e 2026-2030, fissando regole più chiare per la contabilizzazione di emissioni e assorbimenti rispetto al periodo precedente. Ma non concepisce veramente la conservazione e l’avanzamento delle foreste in Europa come “armi” da impiegare con determinazione nella lotta contro i cambiamenti climatici. Anzi. Le flessibilità che vengono inserite per consentire ad alcuni paesi come la Finlandia, la Svezia e la Francia di tenere conto dei contributi delle foreste gestite e destinate alla produzione di biomasse legnose, in caso di saldo negativo tra emissioni e assorbimenti, saranno responsabili di una sorta di “free riding” che potrebbe causare potenzialmente un aumento delle emissioni stimato intorno ai 370 milioni di tonnellate di CO2 nel corso del prossimo decennio. “Un’assurdità – conclude Evi – se si pensa che entro il 2030 tutti i settori dell’economia dovranno diminuire le proprie emissioni e non aumentarle. Ed un problema per il Movimento Cinque Stelle, che ha sempre sostenuto la necessità di limitare il più possibile il ricorso alle biomasse legnose come modalità per raggiungere gli obiettivi in materia di produzione di rinnovabili, come avvenuto, in ultimo, in occasione del voto sulla nuova direttiva (ora in fase di negoziato) sulla promozione della produzione di energia da fonti rinnovabili (RED II)”.



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