Verso una chimica più verde

Questo metodo, descritto recentemente sull’edizione online dell’Angewandte Chemie, elimina la necessità di cloro, che è normalmente richiesto per questo tipo di reazioni e che crea rischi per la salute dei lavoratori che maneggiano i prodotti

Pubblicato il 7 settembre 2010

 Il professore di chimica del Mit, Christopher Cummins, insieme a uno dei suoi collaboratori, Daniel Tofan, ha sviluppato un nuovo modo per attaccare il fosforo ai composti organici dividendo dapprima la molecola di fosforo con la luce ultravioletta.

Il fosforo, un elemento che si trova nelle roccia e nelle ossa, è un ingrediente cruciale per fertilizzanti, pesticidi, detergenti e altri prodotti chimici per la pulizia della casa e per l’industria. Una volta che il fosforo è estratto dalle rocce, è pericoloso e costoso inserirlo in questi prodotti e per decenni i chimici hanno provato a semplificarne il processo.

La maggior parte del fosforo naturale proviene dagli scheletri fossilizzati degli animali che sono particolarmente abbondanti nei fondali marini prosciugati. Questi depositi di fosforo esistono sotto forma di rocce che di solito includono impurità come il calcio e altri metalli che devono essere rimossi.

La purificazione della roccia produce fosforo bianco, una molecola che contiene quattro atomi di fosforo. Il fosforo bianco, noto come P4, nella sua forma più stabile presenta una struttura tetraedrica.

Per la maggior parte delle applicazioni industriali, gli atomi della molecola di fosforo devono essere staccati dalla molecola uno alla volta e fatti reagire con il cloro per ottenere come intermedio il PCl3. Gli atomi di cloro vengono poi sostituiti con delle molecole organiche dando così vita un’ampia varietà di composti organofosforici del tipo di quelli che si trovano nei pesticidi. Tuttavia questo metodo è dispendioso e pericoloso.

Cumminis è stato per lungo tempo attratto dal fosforo, in parte per la sua insolita forma tetraedrica. Infatti il fosforo pur trovandosi nella stessa colonna della tavola periodica dell’azoto non si trova in natura nella forma stabile P2.

Negli ultimi anni il gruppo di ricerca di Cumminis ha esplorato possibili vie per rompere il P4 in P2 nella speranza di attaccare la molecola di fosforo più piccola ai composti organici. Nel nuovo studio, Cumminis ha tratto l’ispirazione da un lungo articolo pubblicato nel 1937, che dimostrava che il P4 poteva essere rotto in due molecole di P2 con la luce ultravioletta: In quello studio, il P2 poi polimerizzava nel fosforo rosso.

Cumminis decise di verificare cosa sarebbe accaduto rompendo la molecola P4 con luce UV in presenza di molecole organiche che hanno un legame insaturo carbonio-carbonio (cioè quegli atomi di carbonio che hanno la capacità di afferrare altri atomi e formare nuovi legami.) Dopo 12 ore di esposizione all’UV, scoprì che si era formato un composto chiamato tetra-organo difosfano che conteneva due atomi di fosforo attaccati a due molecole di composto organico.

Anche se non si tratta di una prova definitiva, questo fatto suggerisce che il P2 si forma e si lega subito dopo alle molecole organiche. Nelle prossime ricerche, Cummins spera di poter osservare direttamente la molecola di P2, se essa è di fatto presente.

Cummins vorrebbe anche scoprire quali altri composti organofosforici possono essere sintetizzati con la luce UV, inclusi i composti metallici. Ha già creato una molecola organofosforica che contiene il nickel, che potrebbe avere applicazioni nell’elettronica.

Mit: web.mit.edu



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