Transizione 5.0: innovazione digitale e green
Dalla rivista:
Automazione Oggi
Il nuovo paradigma per la trasformazione digitale sostenibile definito dal piano Transizione 5.0 ha implicazioni per il settore della comunicazione aziendale. Vediamo quali
Quest’estate è stato finalmente approvato dalla Corte dei Conti e firmato dai ministri Urso e Giorgetti il decreto attuativo Mimit MEF del piano Transizione 5.0, sviluppato della collaborazione di 3 ministeri: il Ministero delle Imprese e del Made in Italy, quello dell’Economia e delle Finanze e quello dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica. Con l’obiettivo di agevolare la trasformazione digitale e green delle imprese, il piano prevede una dotazione economica di 6,3 miliardi di euro per il biennio 2024-2025 e, attraverso l’erogazione di crediti d’imposta, mira a stimolare investimenti in beni tecnologici materiali e immateriali (Fonte Mimit – www.mimit.gov. it/it/notizie-stampa/mimit-dl-pnrr-al-via-transizione-5-0-6-3-miliardi-per-la-sfida-green-e-digitale-delle-imprese). In particolare, il decreto attuativo prevede incentivi fiscali per le imprese che investono in tecnologie avanzate e sostenibili. Si tratta di uno sgravio significativo per i bilanci delle aziende, che porta con sé implicazioni rilevanti anche per il settore della comunicazione aziendale: la compensazione del credito avviene tramite modello F24 in un’unica rata e l’eventuale eccedenza non compensata entro il 31 dicembre 2025 sarà compensabile in 5 rate annuali di pari importo.
I vantaggi per le imprese
In conseguenza della recente accelerazione impressa dall’intelligenza artificiale, la digitalizzazione sta trasformando strutturalmente il modello di business delle imprese (vedi il report ‘Unlocking Europe’s AI potential in the digital decade’). Questo cambiamento rappresenta un pilastro fondamentale della recente politica economica dell’Unione Europea, sostenuto dal Pnrr-Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, e dal programma Next Generation EU. Anche l’Italia, nel corso degli ultimi anni, in accordo con le direttive europee, ha varato una serie di provvedimenti e misure, fra le quali il Piano Industria 4.0, per ammodernare e sostenere la competitività delle piccole e medie imprese attraverso l’adozione di tecnologie avanzate. Lanciato nel 2016, il piano governativo indicato prima come Industria 4.0, poi come Impresa 4.0, e ora, infine, come Transizione 4.0, ha introdotto misure per favorire l’implementazione di IoT, AI e cloud computing, tutte tecnologie fondamentali per l’innovazione tecnologica delle imprese (Fonte Camera dei Deputati – https://temi.camera. it/leg19/temi/19_tl18_indagine_conoscitiva_industria_4_0_d.html#:~:text=Il%20 decreto%2Dlegge%20n.,il%2030%20 giugno%202023)%3B). Il passaggio all’Industria 5.0, definita dalla Commissione Europea come completamento dell’Industria 4.0, si basa sul paradigma uomo-macchina e sull’uso di tecnologie avanzate come AI, robotica e realtà aumentata per migliorare efficienza e sicurezza. Inoltre, l’Industria 5.0 mira a obiettivi sociali e ambientali, richiedendo alle aziende di monitorare e ridurre il proprio impatto ecologico e i consumi energetici. Nei fatti, l’adozione di tecnologie avanzate da parte delle imprese italiane produce innumerevoli benefici; innanzitutto, semplificano sia le logiche che i tempi di integrazione; poi, ancor più importante, permettono di condividere informazioni essenziali, come quelle riguardanti ’energia e la qualità, che in precedenza non si riuscivano a gestire in modo efficace. Questo si traduce in un significativo miglioramento delle prestazioni aziendali, in particolare per quanto riguarda la qualità, il controllo, la produzione e l’ottimizzazione dei consumi energetici. Inoltre, dallo sfruttamento delle innovazioni di AI generativa le aziende potrebbero migliorare, oltre che l’efficienza operativa, anche la personalizzazione dei contenuti nei confronti dei consumatori, con una significativa espansione dei servizi offerti (Fonte PwC – www.pwc.com/us/en/ tech-effect/ai-analytics/ai-predictions.html). I dati parlano chiaro: secondo l’Osservatorio Digital Innovation 2023 del Politecnico di Milano (www. osservatori.net/it/ricerche/comunicati-stampa/ pmi-italiane-innovazione), l’introduzione dell’AI ha prodotto un incremento medio dell’efficienza del 21% per le imprese che, nonostante l’incertezza dello scenario economico e geopolitico, hanno investito in tecnologie digitali. Questo dato avvalora una tendenza in continua crescita: già con il piano Industria 4.0 le PMI italiane che hanno investito nel digitale hanno migliorato significativamente l’aspetto organizzativo e produttivo. Sul versante della personalizzazione dei contenuti, la IX edizione del report ‘State of Marketing’ di Salesforce rileva come le aziende che utilizzano l’AI per personalizzare le esperienze dei clienti abbiano visto un aumento della soddisfazione e della fidelizzazione dei consumatori. Inoltre, altre stime attestano come il contributo dell’automazione sia rilevante anche sul versante della cybersecurity: da un sondaggio condotto da PwC nel 2024, intitolato ‘La sicurezza come epicentro dell’innovazione’, emerge come il 69% delle organizzazioni preveda di utilizzare dispositivi di AI generativa in un’ottica di difesa informatica nei prossimi 12 mesi. Il decreto dischiude nuove opportunità anche riguardo al social selling, permettendo di esplorare nuove connessioni e modalità di engagement senza intermediazioni con i clienti. In un mondo sempre più digitale, il social selling si presenta come uno strumento particolarmente redditizio e strategico per le imprese, offrendo il 45% di opportunità di vendita in più rispetto alle vendite tradizionali (Fonte Linkedin – https://business.linkedin.com/sales-solutions/social-selling).
Le sfide da affrontare
Tuttavia, a fronte delle evidenti opportunità, l’adozione di tecnologie avanzate rappresenta una sfida finanziaria cui le imprese devono adattarsi, sia in termini di costi di implementazione, sia soprattutto in riferimento alla formazione del personale. A tal proposito, è necessario un cambiamento culturale in cui i dipendenti siano sufficientemente competenti per utilizzare con efficacia queste nuove tecnologie. È quanto emerge dal rapporto di McKinsey Global Institute intitolato ‘The future of work in Europe’ (www.mckinsey.com/featured-insights/futureof-work/the-future-of-work-in-europe), secondo il quale l’automazione richiederà a tutti i lavoratori di acquisire nuove competenze. Inoltre, l’aumento dell’uso di tecnologie digitali desta preoccupazioni relative alla sicurezza e alla privacy dei dati. Le aziende devono investire prioritariamente in sicurezza, per proteggere i dati dei clienti e garantire il rispetto delle normative, specie quella europea del Gdpr relativamente alla privacy. Il già citato sondaggio di PwC evidenzia come, nonostante gli investimenti in programmi avanzati di sicurezza, sussista ancora la necessità di un significativo miglioramento nel campo della cybersecurity. Oltre il 30% delle organizzazioni, per esempio, non segue in maniera sistematica quelle che dovrebbero essere le prassi standard di cyber defence. In questo contesto, le certificazioni di qualità svolgono un ruolo cruciale. Si tratta di processi volontari in cui enti terzi indipendenti attestano che un determinato prodotto sia conforme ai requisiti specifici di una normativa. Offrendo garanzia di qualità e conformità, le certificazioni stimolano la fidelizzazione dei clienti, migliorando la credibilità e la reputazione aziendale. I certificatori giocano un ruolo fondamentale nel garantire che le aziende rispettino gli standard di qualità richiesti.
Le certificazioni
Una novità del piano Transizione 5.0 consiste nel vincolo stringente del miglioramento dei consumi energetici: i soggetti che possono certificare tale miglioramento, con un servizio di doppia certificazione (ex ante ed ex post), sono, oltre a quelli già accreditati per Industria 4.0, le società di servizi energetici (Esco) e gli esperti in gestione dell’energia (EGE). Esistono inoltre certificazioni specifiche che le aziende possono ottenere sia per dimostrare l’adozione di politiche aziendali, che puntino al totale soddisfacimento dei clienti, sia per rafforzare il vantaggio concorrenziale delle stesse. Facciamo due esempi: da un lato, la certificazione per la gestione della qualità (ISO 9001) garantisce che i servizi e i prodotti erogati siano in linea con le aspettative dei clienti; dall’altro, quella per la sicurezza delle informazioni (ISO 27001) assicura il controllo della ingente mole di dati sensibili dei clienti. Sul versante della sostenibilità vi sono piattaforme tecnologiche che permettono di verificare la sostenibilità ESG del web e il consumo di energia elettrica della presenza digitale dell’azienda, spesso anche grazie all’impiego di AI e blockchain. Queste certificazioni, oramai riconosciute a livello internazionale, aiutano le aziende a costruire una solida reputazione di affidabilità e professionalità sul mercato. In conclusione, la digitalizzazione e l’adozione di tecnologie avanzate, supportate dal recente decreto attuativo del piano di Transizione 5.0, offrono alle imprese italiane opportunità significative per espandere i mercati e migliorare l’efficienza operativa. Tuttavia, è essenziale bilanciare le opportunità con i rischi, investendo in formazione e sicurezza per garantire un’implementazione efficace e conforme alle normative vigenti. Questo equilibrio di benefici e sfide sottolinea l’importanza delle certificazioni di qualità, che aumentano la fiducia e la soddisfazione dei clienti, supportando le imprese nella loro transizione verso un futuro più digitale e sostenibile.
Execus – www.execus.com
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