Strumenti innovativi per gestire, monitorare e preservare le risorse ambientali in Lombardia

Pubblicato il 26 ottobre 2015

I sistemi di monitoraggio stanno evolvendo in modo molto più rapido di quanto venga percepito dagli utenti dei servizi e, per certi versi, anche dagli stessi operatori/gestori agroalimentari e ambientali. Ciò è la conseguenza di una molteplicità di fattori tra i quali merita ricordare la miniaturizzazione dei sensori, la crescita di potenza dell’hardware, il miglioramento dei materiali e, non da ultimo, la disponibilità e l’economicità di reti e sistemi georeferenziati globali. Tutto ciò permette di guardare alla gestione delle risorse ambientali, siano esse naturali (acqua, suolo ecc.) o agroalimentari, con un’ottica molto più ‘intelligente’ (smart) di quella di pochi decenni addietro.
Questi temi sono una parte importante degli argomenti trattati nell’ultimo evento ‘Lombardy Dialogues’, un’iniziativa che ricade sotto il progetto “Spazi Espositivi per la Ricerca–Padiglione Italia Expo2015” – Accordo Quadro Regione Lombardia–Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) che intende dare visibilità al sistema agro-alimentare lombardo attraverso le attività della ricerca scientifica attive nel territorio.

Innovare la gestione dell’acqua per rispondere alle sfide del territorio
Le città e gli ecosistemi sono realtà territoriali sempre più sottoposte a pressioni determinate dai conflitti che si instaurano tra fenomeni di urbanizzazione, aumentata richiesta di beni, servizi e infrastrutture e gestione sostenibile delle risorse. Entro il 2050 il 70% della popolazione mondiale (86% per i paesi Ocse) vivrà in aree urbane, concentrandosi in grandi città con più di un milione di abitanti. L’Ocse stima che la domanda mondiale di energia e di acqua aumenteranno rispettivamente dell’80% e del 55% entro il 2050, mentre la FAO prevede, nello stesso periodo, una crescita del 60% della domanda alimentare.
Gli ecosistemi acquatici mostrano effetti evidenti delle pressioni antropiche, tanto che l’auspicato stato ecologico buono previsto dalla Water Framework Directive per il 2015 sarà raggiunto solo per un numero limitato di bacini idrici. Per salvaguardare città ed ecosistemi è necessario incentivare città smart che sappiano coniugare sviluppo e qualità della vita con la conservazione e protezione delle risorse. Tale obiettivo ambizioso potrà essere raggiunto con interventi volti alla riduzione dei consumi domestici, irrigui e industriali, con lo sviluppo di tecnologie più efficienti per la depurazione, incrementando i dispositivi innovativi per il controllo dello stato di efficienza delle reti acquedottistiche e fognarie.
Questa evoluzione è dettata negli ultimi anni dalla volatilità dei costi delle materie prime, insieme alla crescente preoccupazione per lo sfruttamento intensivo delle risorse naturali. Ciò sta modificando il concetto di rifiuto tant’è che nell’ambito di qualsiasi attività industriale o di servizio oggigiorno ci si chiede “se i rifiuti siano veramente rifiuti”.
Nel caso degli impianti di depurazione di reflui urbani e/o industriali ciò ha favorito un cambiamento del concetto stesso di depurazione che sta progressivamente modificandosi da “rimozione di inquinanti” a “recupero di risorse ed energia” portando a considerare le acque di scarico non più come un rifiuto da smaltire nell’ambiente, ma come fonte di materie prime (ad esempio di fosforo), di energia e di risorse da riutilizzare, un indirizzo di ricerca che l’Irsa-CNR sta sviluppando da alcuni decenni. Questo cambio di paradigma contribuisce in modo rilevante all’adozione di politiche ambientali più vicine al concetto di sostenibilità ambientale.
Tra le numerose prospettive di innovazione c’è chi ha scommesso anche sull’utilizzo dei batteri come produttori di energia elettrica dai reflui urbani. Questa possibilità, che è coerente con la tradizione culturale contadina del nostro passato che non sprecava nulla, è oggetto di una delle più promettenti sperimentazioni condotte da RSE SpA (Ricerca sul Sistema Energetico) in corso a Milano presso il depuratore di Milano-Nosedo, una realtà industriale perfettamente integrata in un territorio ricco di antiche abbazie e di cultura come la “Valle dei Monaci”.

Nella società tecnologica avanzata si potrà, quindi, depurare le acque inquinate producendo energia elettrica in “celle a combustibile microbiche”. Queste celle, molto diverse dalle “cugine” che “bruciano” idrogeno, sono in fase di sperimentazione a livello di prototipo in diversi laboratori di ricerca nel mondo, tra i quali un significativo contributo è dato anche dagli studi condotti in Lombardia.
Parlando di sfide non si può però dimenticare che l’agroalimentare, in termini di irrigazione, è il maggiore utilizzatore d’acqua a livello mondiale. Variazioni percentualmente piccole dell’uso irriguo possono modificare sostanzialmente la disponibilità di risorse per altri usi, in particolare per quelli legati alla tutela dell’ambiente e degli ecosistemi. Affinché la crescita della popolazione e i cambiamenti globali non determinino un ulteriore incremento delle pressioni esercitate dall’irrigazione sui corpi idrici, è necessario implementare politiche di gestione fortemente integrate a scala di bacino e migliorare l’efficienza d’uso dell’acqua, adeguando i sistemi di monitoraggio per aumentare la conoscenza degli usi e degli sprechi. Le azioni mirate al miglioramento delle pratiche irrigue sono del tutto auspicabili, ma devono basarsi su un’approfondita conoscenza dello stato (quantità e qualità) delle risorse idriche e dei loro usi, oggetto di particolare attenzione da parte del Dipartimento di Scienze Agrarie e Ambientali dell’Università di Milano, che ha sviluppato il modello matematico Idragra, in grado di simulare l’intero insieme di processi coinvolti nell’uso irriguo delle acque a scala territoriale, dal prelievo dai corpi idrici superficiali e sotterranei fino all’applicazione su campo e all’utilizzo da parte delle diverse colture (Figura 1).

 

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