La start-up che cura la Terra con la terra
Arriva ad Expo la start-up che bonifica i territori e lotta contro il dissesto idrogeologico con le piante. Durante l’inaugurazione del Padiglione trentino, tenutasi venerdì 10 luglio, Bio Soil Expert, una giovane start-up nata tra le mura di Progetto Manifattura, l’incubatore specializzato in imprese green, ha presentato le sue soluzioni innovative per il pianeta ai giornalisti.
La start-up è stata selezionata essendo una delle più rappresentative delle eccellenze italiane nell’innovazione amica del Pianeta. Dal 1° maggio, infatti, all’interno del Padiglione Italia, al 3° Piano è stato uno degli esempi rappresentativi del tema “la potenza del limite” con l’installazione “Curare la terra con le radici”.
L’istallazione riassume in breve la loro grande innovazione, il sistema Erosion Control, che utilizza micro-ecosistemi di piante erbacce che, abbinati a microorganismi del suolo, possono sviluppare apparati radicali folti e resistenti in grado di contrastare l’erosione superficiale di suolo.
“Curiamo la terra con la terra: niente additivi chimici o grandi opere d’ingegneria. Minimo impatto, minimo costo”, Spiega Alberto Ferrarese, uno dei fondatori di Bio Soil Expert.
“Ad oggi Bio Soil Expert sta applicando Erosion Control in diverse regioni italiane, come Lombardia, veneto, Emilia Romagna e anche Trentino”. C’è tantissima domanda per questo tipo di prodotto, specie dalle pubbliche amministrazioni che si trovano sempre di più ostaggio dell’erosione dei suoli e dei costi elevati per la messa in sicurezza del territorio. “Il nostro prodotto offre costi ridotti rispetto alle classiche ‘scogliere’, palificazioni e materiali anti-erosivi di tipo sintetico”, continua Ferrarese.
In questo modo le piante non fungono solo come dispositivo di messa in sicurezza dal dissesto ma anche svolgono una funzione di mitigazione ambientale, in particolare in riferimento delle emissioni di CO2. “Ogni pianta del sistema ErosionControl ha la capacità di assorbire fino a 3 kg di anidride carbonica”, spiega Ferrarese. Dunque un contributo al raffrescamento e alla salute del pianeta.
In Italia il fenomeno dell’erosione “accelerata” del suolo è in crescita e, in meno di 20 anni, il 16% delle campagne è stato cancellato. La cementificazione selvaggia ha soppiantato oltre 2 milioni di ettari di terreno coltivati. L’erosione del suolo nel nostro Paese non fa che aggravare una situazione già allarmante. L’Italia, tra alluvioni, frane, smottamenti, è infatti ad altissimo rischio idrogeologico, un pericolo che coinvolge quasi l’82% dei Comuni.
“Per questo la presenza ad Expo di una giovane start-up che si occupa di dissesto idro-geologico è importante e non solo per l’Italia”, spiega Michele Tosi, operations manager di Progetto Manifattura.
Come nasce la start-up Bio Soil Expert? “Cinque anni fa Paolo Campostrini, Andrea Zerminiani ed io ci siamo ritrovati per fare qualcosa assieme”, spiega Ferrarese. “Tutti e tre eravamo specializzati in microbiologia ambientale e genetica vegetale. Per la mia tesi, avevo condotto delle attività di bonifica sperimentali sull’area ex Sloi a Trento, e mi ero appassionato all’argomento: il mio sogno era di sviluppare un sistema di piante e microrganismi per migliorare lo stato dei terreni”. All’inizio Bio Soil Expert era un progetto a cui lavorare dopo cena: i tre hanno un lavoro da dipendenti e il sistema italiano, dove scarseggiano finanziamenti per le idee innovative, impone di lavorare il doppio per mantenersi e correre dietro ai propri sogni. Quindi nel 2012 vincono il bando D2T che offre loro un finanziamento per dare vita alla propria idea imprenditoriale e vengono incubati all’interno di Progetto Manifattura, l’incubatore della green economy di Trentino Sviluppo.
Nel 2014, mentre lavorano su Erosion Control, lanciano Agri-Biobed, un sistema filtrante biologico che sfrutta particolari capacità di piante e microrganismi per la degradazione e l’assorbimento dei residui fitosanitari e dei metalli pesanti spesso presenti nei formulati per l’agricoltura convenzionale. L’obiettivo è soprattutto quello di ridurre l’impatto ambientale delle cosiddette “perdite dirette” di pesticidi, da cui secondo alcuni studi dipende più del 50% dell’inquinamento da essi causato: fuoriuscite in fase di riempimento delle botti, perdite dei macchinari adibiti allo spargimento, residui non pompabili, acque di lavaggio e risciacquo. “Stiamo studiando anche prodotti per la fito-remediation, in grado cioè di assorbire e degradare idrocarburi, diossine, metalli pesanti e altre sostanze nocive presenti nei terreni, per sanificarli”, prosegue Zeminiani. Il nostro obiettivo è provare a sostituire le classiche tecniche d’ingegneria ambientale con le piante: una questione prima di tutto culturale che fa ancora un po’ fatica a farsi strada”.
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