Ecologia alimentare: l’acido glutammico

Pubblicato il 27 ottobre 2014

Sulle etichette di molti “preparati per brodo” trovate scritto “a base di glutammato”: questo “glutammato” è il sale sodico dell’acido glutammico, uno dei circa venti amminoacidi presenti in tutte le proteine vegetali e animali; il suo nome deriva dal fatto che è stato isolato per la prima volta, nell’Ottocento, per idrolisi, cioè per scomposizione con acidi, dal glutine di frumento e di mais, le cui proteine hanno un elevato contenuto proprio di questo amminoacido.

La vera storia dell’acido glutammico è cominciata nel 1908 quando il professor Kikunae Ikeda, dell’Università di Tokyo, ha scoperto che la sostanza che impartiva un gradevole sapore a certi cibi della cucina cinese e giapponese era l’acido glutammico che egli isolò da una alga marina. Immediatamente fondò una società e si mise a produrre industrialmente questa sostanza da aggiungere a vari alimenti come esaltatore di sapore. Dopo la II Guerra Mondiale l’uso dell’acido glutammico, anzi del suo sale di sodio, si diffuse in tutto il mondo e varie società si misero a produrlo industrialmente, anche in Italia. Come materie prime in Italia sono stati usati alcuni sottoprodotti della lavorazione delle barbabietole, oppure il glutine di mais, previa idrolisi con acidi. L’acido glutammico si può separare dalle sostanze che lo accompagnano perché è abbastanza insolubile in ambiente acido e, una volta recuperato, può essere trasformato nel sale sodico che è ben solubile in acqua.

Negli anni cinquanta del Novecento fu poi scoperto che l’acido glutammico si formava quando certi microrganismi venivano addizionati ad una soluzione zuccherina, per esempio al melasso che si forma come sottoprodotto nell’estrazione dello zucchero dalla barbabietola. Attualmente il glutammato è prodotto nel mondo, sempre col processo di fermentazione, in ragione di circa 1,1 milioni di tonnellate all’anno, per il 70% in Giappone e nella Corea del Sud. Per qualche anno l’acido glutammico è stato prodotto anche in Italia. Il glutammato viene addizionato ai preparati per brodo come “esaltatore di sapidità”, così lo chiama la legge, insieme a piccole quantità di inosina monofosfato e guanosina monofosfato (il tutto viene specificato nelle etichette dei preparati per brodo che li contengono).

Molti anni fa è stato osservato che alcuni clienti di ristoranti “cinesi” in varie parti del mondo manifestavano intolleranza per il cibo cinese sotto forma di difficoltà respiratoria, e si è trovato che tale intolleranza era dovuta all’acido glutammico contenuto in tali alimenti. Esiste una associazione che chiede il divieto di uso del glutammato e ha anche un sito Internet; certamente le persone allergiche a questo ingrediente faranno bene a stare attente ad evitarlo, ma per la maggior parte dei consumatori non sembra che ci siano motivi di preoccupazione.

Del resto il glutine di frumento contiene circa il 25% di acido glutammico, combinato con altri amminoacidi; un etto di pasta alimentare contiene circa 10 g di glutine e quindi circa un paio di grammi di acido glutammico. Un dado per brodo da 10 grammi contiene circa il 10% di acido glutammico (13% sotto forma di glutammato monosodico), e quindi contiene circa un grammo di acido glutammico.

Giorgio Nebbia



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