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n.10 maggio 2013
EDITORIALE
A
distanza di un mese dalle elezioni, il quadro politico è
ancora assai incerto e appare davvero difficile prevederne
una sua risoluzione in tempi brevi.
È una situazione che certamente non aiuta il nostro Paese
ad uscire dalla crisi economica e non fornisce alcuna
rassicurazione neppure sul mantenimento dei livelli attuali
di produzione e occupazione. Senza un Governo non è
possibile programmare nessuna politica industriale e non
possono essere sciolti i numerosi nodi che ancora affliggono
la nostra economia e il nostro settore manifatturiero:
dall’eccesso di burocrazia e di tassazione, alla mancanza
di tempi certi nel diritto, fino dall’inadeguatezza delle
infrastrutture gli imprenditori si ritrovano continuamente a
fronteggiare una serie di extra-costi, probabilmente senza
eguali nel mondo occidentale. In tale contesto uno dei pochi
settori che ha conosciuto un’importante crescita negli ultimi
anni è sicuramente quello delle energie rinnovabili elettriche.
Grazie a lungimiranti politiche di sostegno l’energia verde
si è avvicinata a grandi passi - sebbene la distanza sia
ancora significativa - all’agognata grid parity, contribuendo,
attraverso la creazione di numerose nuove imprese, ad una
maggiore concorrenza del settore dell’energia elettrica e a
un incremento quantitativo e qualitativo degli occupati.
Certo, c’è chi sostiene che i costi di questa incentivazione
siano stati elevati. Si tratta però di posizioni che non tengono
in considerazione la lunga lista dei benefici che otteniamo da
questi costi: dalla maggiore ricchezza generata, ai risparmi
sulle importazioni di materie prime fossili, fino ai risparmi
legati all’applicazione del sistema europeo delle emissioni,
solo per citare i più importanti. Diversi studi (si vedano
ad esempio Althesys e OIR-Agici) hanno dimostrato che
l’ammontare dei benefici attualizzati ad oggi, al netto degli
incentivi erogati alle fonti rinnovabili, è quantificabile tra i 30
e i 75 miliardi di euro: molto più di una manovra finanziaria!
Il nostro Paese ha imboccato, in altri termini, quel percorso
di trasformazione dell’economia verso la decarbonizzazione
che dovrà costituire nei prossimi decenni una stella
polare per tutti i settori. E tuttavia, con i decreti MSE dello
scorso mese di luglio e con il testo della SEN approvato
definitivamente dal Governo uscente, tale cammino verrà
sicuramente rallentato di molto. Nonostante a parole si
preveda di proseguire con obiettivi coerenti e condivisibili
(in particolare il raggiungimento nel 2020 di una quota pari
al 35-38% delle rinnovabili sui consumi finali elettrici), nei
fatti non si indicano strumenti adeguati. L’introduzione di
registri, aste e contingenti, oltre alla mancanza di una visione
organica che supporti il settore nella fase di transizione post-
incentivi, vanno addirittura nella direzione opposta.
Il primo compito del nuovo Governo sarà dunque proprio
quello di rendere credibili gli obiettivi e garantire un
prosieguo equilibrato della crescita del settore. È per questo
motivo che in campagna elettorale abbiamo sottoposto
all’attenzione dei principali partiti politici italiani un
documento contenente 26 azioni prioritarie per lo sviluppo
del settore dell’energia elettrica da fonti rinnovabili in Italia,
da attuare nei primi 12 mesi di Governo. Nonostante nei
programmi delle coalizioni, nei talk show d’approfondimento,
nei comizi e nelle numerose iniziative elettorali il tema delle
energie rinnovabili e dell’ambiente in generale sia stato
affrontato in modo molto marginale, i riscontri sono stati
confortanti. Il nostro documento è stato, infatti, pienamente
condiviso dalle principali forze politiche oggi presenti in
Parlamento (soprattutto PD, SEL, PdL e MoVimento 5 Stelle),
il che lascia ben sperare rispetto alla considerazione che il
legislatore dedicherà alla green economy nazionale.
Riteniamo in particolare che siederà a Palazzo Chigi e al
MSE dovrà concentrarsi subito sulla correzione dei regimi
incentivanti, basandoli possibilmente su modelli di accesso
diretto e con tariffe soggette a riduzioni automatiche
progressive in funzione della potenza nazionale installata. O
perlomeno si dovranno riallocare, per le future aste/registri,
i contingenti non richiesti nei primi bandi verso le tecnologie
con maggior disponibilità di progetti, mirando a mantenere
invariato l’importo complessivo destinato all’incentivazione
delle rinnovabili. In cima all’agenda dovranno esserci poi
anche il tema della semplificazione delle procedure e il
tema delle misure che agevolino le rinnovabili nel percorso
verso la grid parity (es. scambio sul posto, sistemi efficienti
d’utenza, contratti di cessione pluriennali dell’energia
elettrica). Ma perché tutto ciò avvenga, occorre innanzitutto
un Governo: l’auspicio, non solo come operatori delle
rinnovabili, ma anche e soprattutto come cittadini, è che
l’empasse politica-istituzionale si possa risolvere il più
velocemente possibile.
Andrea Zaghi, Responsabile Centro Studi Aper.
Rinnovabili elettriche
Quali le azioni auspicabili dal nuovo governo?
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