Acqua: secondo quali parametri si può definire “sicura”?

Uno studio dell’Università della California ha evidenziato i limiti dei batteri utilizzati come indicatori fecali. I risultati e gli sviluppi saranno utili per aggiornare gli standard di qualità

Pubblicato il 28 settembre 2010

Le persone amano godere di laghi e fiumi, ma sfortunatamente anche molte specie di batteri pericolosi. Da quasi 25 anni uno standard Usa per preservare le acque destinate a uso ricreativo protegge i cittadini dai patogeni trasportati dall’acqua, specialmente quelli nascosti nei rifiuti fecali. Ma uno studio pubblicato in Environmental Science & Technology mostra che i microbi impiegati per indicare contaminazione fecale possono essere inattendibili.

La qualità dell’acqua dipende da input sulle fonti di contaminazione, come fuoriuscita di liquidi urbani e agricoli o scarichi da trattamento di acque reflue. Dal 1986, l’Agenzia per la Protezione Ambientale ha contato sulle colture di Escherichia coli ed Enterococco per sorvegliare la contaminazione da feci in queste acque. Un test positivo per feci solitamente indica la presenza di patogeni che causano malattie, come disordini gastrici e infezioni alle vie respiratorie.

Ma negli ultimi anni i ricercatori hanno scoperto che i batteri intestinali utilizzati come indicatori fecali possono sopravvivere all’esterno del nostro apparato digerente in altri ambienti. Questi batteri “naturalizzati” potrebbero portare a falsi esiti positivi nei test di coltura e così renderli indicatori fecali imprecisi.

Stanley Grant, professore di ingegneria ambientale all’Università della California, a Irvine, e i suoi collaboratori volevano sviluppare una migliore comprensione a livello quantitativo di come i marcatori della qualità dell’acqua – inclusi i batteri indicatori fecali – cambiassero lungo le acque interne urbane. L’equipe ha deciso di studiare il flusso derivante da un impianto per il trattamento delle acque reflue che si immette nel fiume Santa Ana nel Sud della California. Durante la stagione secca, il Santa Ana riceve circa l’85% del suo corso da acque reflue disinfettate.

I ricercatori hanno raccolto campioni di acqua a diverse fasi, anche direttamente dal tubo di scarico dei reflui e all’interno dello stesso Santa Ana, in punti sia a monte sia a valle rispetto all’immissione di tale scarico nel fiume.

L’equipe ha disposto un’ampia rete analitica nella valutazione della qualità dell’acqua, inclusi il tradizionale test di coltura con Escherichia coli ed Enterococco, saggi di reazione a catena della polimerasi quantitativa per Enterococco e Bacteroides umano specifici HF183 e misurazioni di marcatori chimici per liquami e acque reflue come l’acido ethylenediaminetetra-acetico.

Mentre i campioni presi direttamente dal tubo dello scarico delle acque reflue contenevano pochissimi Enterococchi, secondo i testi di coltura standard dell’Epa, i livelli erano aumentati con lo scorrere del fiume verso valle: “L’acqua usciva dall’impianto di trattamento disinfettata, e poi entro 500 metri a valle le concentrazioni eccedevano i criteri regolatori”, dice Grant.

L’equipe ha concluso che il letto del fiume serviva come una fonte di Enterococchi naturalizzati. I batteri davano l’allarme per delle feci che non erano lì.

Un recente ordine della corte richiede che l’Epa riveda i propri regolamenti sulle acque riservate all’uso ricreativo entro il 2012. E questo studio aggiunge dati importanti per la ricerca di standard migliori attraverso migliori definizioni della disconnessione tra indicatori fecali e gli attuali patogeni umani.

Università dalla California: www.uci.edu



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