Val Padana, la nebbia si dimezza

Pubblicato il 27 novembre 2014


Dai primi anni ’90 ad oggi, sono diminuiti di circa il 50% gli episodi di nebbia, si è abbassata la concentrazione di inquinanti in essa contenuta e ridotta di 10 volte l’acidità che oggi è prossima alla neutralità. Sono i primi risultati di uno studio ventennale, condotto dall’Istituto di scienza dell’atmosfera e del clima del Consiglio nazionale delle ricerche (Isac-Cnr) di Bologna, pubblicato sulla rivista Atmospheric Environment.

La pianura padana è una delle aree più inquinate d’Europa; l’orografia del territorio favorisce, durante la stagione invernale, la stagnazione dell’aria intrappolando gli inquinanti nei bassi strati dell’atmosfera. Con la nebbia, l’alta concentrazione di microscopiche goccioline di acqua riduce sensibilmente la visibilità, con pesanti ricadute su traffico e viabilità. “Le stesse goccioline agiscono, inoltre, come veri e propri assorbitori e concentratori degli inquinanti presenti nell’aria, che in tal modo sono più facilmente trasportati nell’atmosfera, depositati sulla vegetazione e inalati nelle nostre vie respiratorie”, spiega Sandro Fuzzi, ricercatore dell’Isac-Cnr e responsabile della ricerca.

Lo studio, in dettaglio, evidenzia una tendenza alla diminuzione della frequenza degli episodi di nebbia in Val Padana del 47%. Secondo i ricercatori tale diminuzione va di pari passo con l’aumento della temperatura dovuto al riscaldamento climatico. “La notizia buona è che negli ultimi decenni anche la concentrazione di inquinanti nelle goccioline di nebbia si è parallelamente ridotta, di circa l’80%, riflettendo una riduzione delle emissioni dei principali inquinanti: anidride solforosa, ossidi di azoto, ammoniaca, rispettivamente del 90%, 44% e 31%, e”, aggiunge Fuzzi, “soprattutto sono diminuite le emissioni acidificanti portando l’acidità della nebbia in condizioni prossime alla neutralità.”

Addio alle nebbie acide in Val Padana quindi, a beneficio della vegetazione e dei beni artistici esposti alle intemperie? “Sembrerebbe di si”, continua Fuzzi, “tuttavia, persiste la presenza di componenti dannosi per la salute dell’uomo, in particolare per la presenza di un’elevata concentrazione di particelle carboniose”. Nelle goccioline d’acqua i ricercatori hanno infatti rilevato un contenuto medio di 1 mg/L di particolato carbonioso originato da processi di combustione (riscaldamento domestico, combustione di legna e residui agricoli, produzione di energia, traffico).

L’Organizzazione mondiale della sanità ha da tempo dato l’allarme sui possibili effetti di questi composti che potrebbero essere responsabili delle affezioni respiratorie e cardiovascolari e, in alcuni casi, di insorgenza di tumori.



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