Symbola e Kinexia presentano Waste End

Pubblicato il 19 marzo 2015

Raddrizzare la gestione dei rifiuti – che in Italia presenta eccellenze ma anche punti deboli – e farne un trampolino per dare nuovo slancio all’economia. Sfruttare le opportunità che arrivano da una gestione sostenibile e innovativa dei rifiuti urbani a vantaggio di imprese, occupati e competitività della nostra economia. “Waste End. Economia circolare, nuova frontiera del made in Italy” è questo: un rapporto firmato da Symbola e Kinexia e un progetto per il Paese. Non servono nuovi termovalorizzatori: con misure realizzabili in 5 anni l’Italia potrebbe ridurre di due terzi i rifiuti avviati a discarica, raddoppiare la raccolta differenziata, aumentare il numero di impianti di compostaggio e di preparazione al riciclo e ridurre drasticamente discariche e inceneritori esistenti. Che significa anche meno risorse consumate, meno emissioni, più materia prima seconda recuperata per la nostra manifattura e più occupati. Fino a 22.000 nel solo settore del ciclo di gestione dei rifiuti. Per arrivare preparati al 2020, spiegano Symbola e Kinexia, basterebbe puntare sulla riduzione dei rifiuti e sul riuso di oggetti e materiali, ad esempio incentivando i prodotti alla spina anziché quelli monouso, spingendo sulla sharing economy, dichiarando guerra all’obsolescenza programmata, realizzando il pashing out di prodotti come gli imballi alimentari non compostabili, promuovendo i centri di raccolta e re-design, introducendo una tariffa sulla base della quantità effettiva di rifiuti prodotti e cancellando gli incentivi sul recupero energetico degli impianti di incenerimento.

“L’obiettivo ‘rifiuti zero’, spiega il presidente della Fondazione Symbola Ermete Realacci, “non è solo un orizzonte culturale, ma una possibilità tecnologica in grado di dare forza e competitività alla nostra economia. La seconda manifattura d’Europa, la meccanica più competitiva del mondo dopo quella tedesca”. È questa la prospettiva dalla quale sono partite la Fondazione Symbola e Kinexia per il loro rapporto Waste End, presentato a Milano da Ermete Realacci e Pietro Colucci, rispettivamente presidente della Fondazione Symbola e presidente di Kinexia, insieme a Duccio Bianchi di Ambiente Italia e all’assessore all’Ambiente del Comune di Milano Pierfrancesco Maran. Con l’obiettivo di arrivare in un quinquennio ad una rivoluzione del nostro modello produttivo.

“La corretta gestione dei rifiuti”, prosegue il presidente di Symbola Realacci, “è un settore strategico non solo per la tutela dell’ambiente, ma anche per ripensare in chiave green e circolare la nostra economia. Un fronte che già oggi disegna una filiera produttiva innovativa, che è un pezzo importante dell’economia del futuro e sul quale bisogna investire con più ‘visione’ e convinzione. Milano è prima insieme a Vienna tra le metropoli europee sopra il milione di abitanti per raccolta differenziata e medaglia d’oro mondiale fra le grandi città per numero di persone servite dalla raccolta dell’organico. Ma il sistema di raccolta e gestione del nostro Paese è caratterizzato da luci e ombre. E anche se siamo campioni europei nell’industria del riciclo – a fronte di un avvio a recupero industriale di 163 milioni di tonnellate di rifiuti su scala europea nel nostro Paese ne sono stati recuperati 24,1 milioni, il valore assoluto più elevato tra tutti i Paesi europei (in Germania sono 22,4) – molta strada si deve ancora fare sulla frontiera avanzata del Waste End”.

“In Italia è necessario un cambio di paradigma nella gestione dei rifiuti, che parta dal presupposto del ‘rifiuto come risorsa’, secondo un processo chiuso e non aperto in linea con il concetto di economia circolare”, dichiara Pietro Colucci, Presidente e AD di Kinexia. “Occorre contestualmente concepire un nuovo modello industriale di gestione che metta al centro del sistema il recupero di materie anziché lo smaltimento, che aumenti la raccolta differenziata con sistemi capillari, che sappia valorizzare le nuove tecnologie di produzione di energia da digestione anaerobica dei rifiuti organici o altri sistemi senza emissioni, che crei flussi di compensazione tra le aree del Paese ancora in emergenza per carenze infrastrutturali verdi, e quelle in over-capacity impiantistica. Lo scenario tendenziale a dieci anni potrebbe essere la fine dei termovalorizzatori come soluzione primaria allo smaltimento e la decisa riduzione delle discariche, che saranno destinate ai soli scarti non recuperabili, ispirato proprio alla logica del zero waste. Il Paese ha bisogno di moderni centri del riciclo, dove entreranno scarti ed usciranno materiali e dove il rifiuto verrà messo a dimora solo se non più recuperabile. È l’inizio di un cambiamento epocale nel modo di concepire e gestire i rifiuti, che da scarti diventano risorsa. Un nuovo modello di sviluppo economico, sociale e con importanti ricadute occupazionali”.

Il principio ispiratore è appunto quello – raccolto anche dalla Commissione europea nel pacchetto dedicato, proposto il 2 luglio scorso – dell’economia circolare: un modello non più lineare, dalla materia al prodotto al suo smaltimento, ma pensato per potersi ‘rigenerare’. Che parte dalla progettazione di un sistema più efficiente nell’uso di risorse: con l’utilizzo di fonti e risorse rinnovabili; con chi produce (e anche chi consuma) responsabile dell’intero ciclo di vita del prodotto; con una forte capacità di innovazione e un design di prodotto fatto per durare, per il disassemblaggio, il riciclaggio e il riutilizzo.

Questi gli obiettivi che fissa Waste End di Symbola e Kinexia al 2020: ridurre di due terzi i rifiuti avviati in discarica (dal 38% al 12% del totale), raddoppiare la raccolta differenziata (dal 43% all’82%), tagliare il rifiuto urbano residuo indifferenziato ad un terzo (dal 57% al 18%), più che dimezzare l’incenerimento (dal 17% al 7%). In questo scenario, che per quanto ambizioso è a portata di mano, la capacità industriale di preparazione al riciclo raddoppierebbe da 12 milioni di tonnellate attuali a 24 milioni di tonnellate, il recupero di materia nei processi industriali passerebbe dall’attuale 24% dei rifiuti al 48,5%, il recupero per usi agronomici dal 13% al 30%, mentre il recupero per usi energetici dal 19% attuale scenderebbe al 14%, privilegiando soluzioni meno inquinanti e più innovative.

Una rivoluzione che porterebbe nuove imprese e nuova occupazione: nel ciclo di gestione dei rifiuti si avrebbero circa 22.000 occupati in più (+37%), per effetto di una forte crescita nei settori a più alta intensità di lavoro (soprattutto nella raccolta e preparazione al riciclo). Nel settore del riutilizzo si genererebbero fino a 10.500 nuovi occupati. Lo sviluppo del riciclo determinerebbe una crescita di 12.000 occupati rispetto alla situazione attuale. Il valore della produzione nell’industria di preparazione passerebbe da 1,6 miliardi attuali a 2,9 miliardi. E anche la manifattura riceverebbe una potente spinta dalla sistematica disponibilità di materia prima seconda. Una rivoluzione che converrebbe all’ambiente, meno risorse utilizzate e meno emissioni (fino a 19 milioni di tonnellate di CO2), alla filiera del recupero, alla manifattura, ma anche ai cittadini con una riduzione di circa il 20% del costo di gestione dei rifiuti urbani.



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