Sostanze inquinanti: una storia umana

Pubblicato il 30 maggio 2014

Nonostante sia comparso sulla Terra in epoca relativamente recente, l’uomo ha modificato l’ambiente più di qualsiasi altra specie con la propria attività.

Quando la popolazione mondiale cominciò a crescere, e si diffusero tecnologie sempre più sofisticate, scorsero problemi di inquinamento ambientale sempre più complessi. Il rapido sviluppo tecnologico, iniziato dopo il Medioevo e culminato nella rivoluzione industriale con la scoperta dei combustibili fossili, diede inizio allo sfruttamento su vasta scala delle risorse minerarie del pianeta. Con la rivoluzione industriale, gli uomini cominciarono a trasformare drasticamente l’ecosistema, modificando la composizione dell’atmosfera del suolo e la qualità dell’acqua.

Con il termine “inquinamento ambientale” s’intende la variazione della composizione dell’aria, del suolo e dell’acqua provocata dall’immissione nell’ambiente di agenti inquinanti provenienti dall’attività antropica (industriale, agricola e urbana), e tali comunque da agire negativamente sull’ambiente.

Sulla base dei comparti ambientali l’inquinamento ambientale può essere classificato in atmosferico, idrico e del suolo. Va tenuto presente, però, che tale separazione ha riflessi legislativi, in quanto esistono norme specifiche che regolano i diversi tipi d’inquinamento. Molto spesso, peraltro, i tre tipi d’inquinamento coesistono e sono fortemente correlati tra loro.

In conclusione si può affermare che la sfida all’inquinamento ambientale è uno dei problemi che l’umanità deve ancora risolvere, affinché possano ancora coesistere ambiente e sviluppo tecnologico.

 

Cause dell’inquinamento

Dall’inizio della rivoluzione industriale in Inghilterra sul finire del XVIII secolo, l’inquinamento è andato costantemente crescendo in tutto il mondo. Nel dopoguerra si è assistito a una notevole accelerazione di questo fenomeno: lo sviluppo tecnologico ha portato all’introduzione di sempre nuovi materiali e processi produttivi, molti dei quali hanno determinato nuovi rischi tossicologici.

L’opinione pubblica è rimasta scossa da disastri ambientale come ad esempio quelli del Seveso, Bhopal, Chernobyl, Genova, Trecate, ma molti altri eventi meno pubblicizzati, hanno avuto senz’altro effetti ambientali altrettanto gravi. Gli igienisti sono sempre più preoccupati dei problemi di salute ambientale: l’inquinamento, o il problema dello smaltimento dei rifiuti tossici, non possono essere ignorati.

I dati relativi all’inquinamento sono impressionanti: si stima che circa un quarto della popolazione terrestre, risieda in aree con inquinamento industriale. I soli Stati Uniti producono ogni anno più di 450 milioni di tonnellate di rifiuti pericolosi, approssimativamente due tonnellate pro capite; l’aria è contaminata tra l’altro da 440 milioni di libbre di xilene e 1.370 milioni di libbre di toluene provenienti dal solo traffico autoveicolare, e l’acqua potabile in circa un quarto degli acquedotti, contiene almeno un inquinante volatile. A questo si aggiunge l’inquinamento dei centri rurali dovuto all’uso indiscriminato di pesticidi e diserbanti, e la distruzione delle foreste e dei serbatoi ittici per le piogge acide. Le vaste dimensioni della popolazione esposta e la rapida proliferazione di nuovi materiali con effetti sconosciuti, rendono problematica la possibilità di trovare mezzi per il controllo degli effetti nocivi per la salute.

 

Classificazione dell’inquinamento e degli inquinanti

L’inquinamento, da quanto detto, rappresenta uno dei più gravi problemi legati principalmente all’intervento sconsiderato dell’uomo sulla natura e, in base alla sua origine, può essere classificato in domestico, industriale, agricolo e naturale.

L’inquinamento di origine domestica è generato da tutte le attività umane di tipo familiare e ricreativo. Come esempio possiamo considerare per l’aria l’emissione di gas generati da impianti di riscaldamento, per il suolo lo smaltimento incontrollato dei rifiuti solidi, per l’acqua lo smaltimento delle sostanze organiche derivanti dagli escrementi e dalla preparazione dei cibi, dei detergenti provenienti dal lavaggio degli indumenti e delle stoviglie, benzine e oli riscaldati nelle autorimesse e così via.

L’inquinamento di origine industriale è generato appunto dalle attività industriali e, data la loro molteplicità, è il più eterogeneo e il più grave. Come esempio possiamo citare per l’aria l’immissione di piombo dalle fonderie, di ossido di carbonio dagli altiforni e dai gas di scarico delle vetture, per il suolo lo smaltimento di fanghi provenienti da lavorazioni industriali che possono contenere sostanze organiche nelle industrie alimentari, al cromo delle concerie, al mercurio degli impianti per la produzione di alcali. Si tratta di un tipo di inquinamento estremamente grave in quanto spesso è localizzato in zone ristrette e quindi ha carattere massiccio e continuativo. Inoltre spesso gli inquinanti immessi nell’ambiente sono inquinanti artificiali, cioè prodotti di sintesi inventati dall’uomo e verso cui l’ecosistema non è in grado di reagire (per esempio il Ddt), oppure sostanze per cui, seppure esistenti in natura, non esistono meccanismi di biodegradazione abbastanza rapidi da prevenire l’accumulo (CrVI), o infine sostanze che, se anche di per sé poco nocive, una volta nell’ambiente vengono trasformate in altre fatali per l’uomo.

L’inquinamento di origine agricola infine è costituito dagli scarti delle tre componenti principali dell’agricoltura: quella umana, quella animale e quella tecnologica. L’inquinamento dovuto alla componente umana è analogo a quello di origine domestica che abbiamo già valutato. Quello dovuto alla componente animale è essenzialmente costituito dagli escrementi e quindi dalle sostanze organiche, che gli allevamenti producono in quantità impressionanti, se confrontate con quello derivante dall’inquinamento di origine domestica. La componente tecnologica, infine, produce un inquinamento dovuto fondamentalmente, alle macchine agricole (oli, carburanti, gas di scarico ecc.), ai fertilizzanti (gli effetti più eclatanti sono la contaminazione delle acque potabili con nitirti e l’eutrofizzazione delle acque superficiali), e ai pesticidi (sia a breve termine, a causa della loro tossicità per la biocenosi, sia a lungo termine per l’accumulo nell’ambiente).

Da quanto detto questo tipo di inquinamento, che è esteso in tutte le sue componenti ad acqua aria e suolo (per esempio, i pesticidi durante l’irrorazione sono spruzzati nell’aria, poi ricadono sul suolo e infine vengono dilavati dalle acque), non è certamente da sottovalutare, e anzi, in alcuni casi per la sua entità e pericolosità, purtroppo spesso ignota all’operatore addetto, può essere messo sullo stesso piano dell’inquinamento di origine industriale.

L’inquinamento di origine naturale, infine, è generato da fenomeni naturali senza alcun intervento da parte dell’uomo. Per l’aria possiamo prendere come esempio l’inquinamento pulviscolare dovuto all’eruzione di un vulcano, per il suolo l’apparato di sostanze argillose in seguito ad una alluvione, per l’acqua l’immissione in un fiume di tronchi d’albero, carogne di animali ecc. in seguito a piene violente. Chiaramente si tratta di inquinamenti cui l’ambiente può reagire spontaneamente e procedere alla neutralizzazione in tempi relativamente brevi.

 

Inquinamento da Metalli Pesanti

Il continuo sviluppo tecnologico industriale a livello mondiale rende necessario il monitoraggio dell’inquinamento dovuto all’immissione nell’ambiente di sostanze potenzialmente nocive come ad esempio i metalli pesanti. È noto che le comunità umane più colpite da malattie e dalle patologie legate all’inquinamento da metalli pesanti sono quelle siderurgiche, urbane, minerarie e quelle agricole.

Le principali fonti di emissione dei metalli pesanti, sono quindi evidentemente di origine antropogenica. Esempi in tal senso sono costituiti dalle grandi industrie del settore metallurgico ed elettrotecnico, fabbriche di coloranti o concerie, miniere, stabilimenti petrolchimici, impianti per cromature, ecc. Tutti questi settori, che si adoperano per soddisfare la crescente domanda di differenti prodotti industriali, di materie prime, di carburanti e di prodotti agroalimentari, durante i loro cicli produttivi, utilizzano, producono o scartano grosse quantità di tossici di matrice metallica.

I metalli pesanti sono nutrienti minerali e svolgono una funzione o essenziale, o quantomeno favorevole alla vita a basse concentrazioni: essi, infatti, partecipano alla cascata di processi biochimici che permettono ai corredi genetici ed enzimatici d’esprimersi; a concentrazioni eccessive invece, ne bloccano e alterano l’espressione esercitando quindi un’azione tossica. I metalli pesanti quindi, se assunti al di sopra di determinate dosi, causano una vasta gamma di problemi alla salute, come danni ai reni e alla vista, problemi a livello riproduttivo, malformazioni fetali dovuti al passaggio nella placenta, allergie, deficienze a carico del sistema respiratorio, mutazioni genetiche, anemie e danni al sistema nervoso centrale, malformazioni e tumori.

Gli effetti sanitari, economici e geochimici dell’inquinamento da metalli pesanti sono determinati dalla complessa interazione dei flussi di massa ed energia che unisce l’ecosistema all’organismo.

Le emissioni inquinanti di metalli pesanti, pur costituendo una seria minaccia alla salute degli organismi, sembrano difficili da mantenere sotto controllo. È risultato da controlli incrociati che la concentrazione dei metalli pesanti mediamente assunta dalla popolazione ha raggiunto i livelli di guardia fissati dall’organizzazione Mondiale della Sanità su un’area sorprendentemente vasta e popolosa del pianeta. L’estensione delle aree dove la concentrazione dei metalli pesanti è molto superiore ai limiti di guardia è sconosciuta. Da quanto detto, emerge la necessità di conoscere in modo accurato i valori di tossicità dei singoli metalli o di un pool di essi.

 

Foto di Gavin Schaefer

Luigi Campanella



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