Ricicli, ma quanto inquini?
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Una bottiglia di acqua minerale è un oggetto quotidiano, ma è anche un simbolo di alcuni dei dilemmi più importanti per il futuro del Pianeta. Con il ritmo di produzione attuale, entro il 2050 gli oceani potrebbero contenere più plastica che pesci e la plastica assorbirebbe il 20% dei consumi di petrolio e sarebbe responsabile del 15% delle emissioni di CO2 (Fonte: Ellen McArthur Foundation).
Sappiamo anche che ogni anno 3,4 milioni di persone muoiono a causa del consumo di acqua contaminata e l’utilizzo di acqua in bottiglia può salvare delle vite, a iniziare da quelle di persone vulnerabili, quali i bambini (https://www.vestergaard.com/global-challenges/waterborne-diseases).
Riciclare correttamente la plastica risolve in larga misura questa dicotomia: è necessario il 60% di energia in meno per produrre bottigliette a partire da materiali riciclati rispetto all’utilizzo di materie prime (Fonte: Università di Trento seminario-industriale_Deflorian.pdf). Ma perché ciò avvenga, il processo di riciclo deve essere efficiente.
Consideriamo una bottiglietta di acqua minerale, realizzata in PET, con un tappo di HDPE e un’etichetta di carta incollata. Per produrla, sono necessari circa 20 kg di materie prime per ogni kg di bottiglie, valore che si riducono a circa 8 kg nel caso di bottiglie da materiale riciclato (Fonte: Università di Trento seminario-industriale_Deflorian.pdf). Inoltre, il valore di mercato del PET in scaglie è intorno ai 0,50-0,70 euro al kg (http://www.borsinorifiuti.com/materie_prime.php?cat=MATERIE%20PLASTICHE).
![](http://energia-plus.it/wp-content/uploads/sites/5/2019/12/lenze_2-300x99.jpg)
Dalle bottiglie in PET con tappo in HPDE ed etichetta in carta alle scaglie di PET – (*) Image references: Bottiglie PET – http://www.rinnovabili.it – Scaglie di PET – https://www.alibaba.com
Ma come si fa a trasformare la nostra bottiglietta in scaglie di PET?
Prima di tutto, si sfalda la balla di PET che si riceve dai centri di raccolta differenziata. Quindi, si separano i materiali utilizzando vagli rotanti, nastri a tamburi repulsivi (per eliminare i metalli) e nastri per la selezione dell’eventuale PVC con il supporto di sistemi a raggi X. Si introduce poi il materiale in un mulino in acqua che, insieme alla lavatrice a frizione, riduce in scaglie il materiale e fa una prima separazione di etichette e altri materiali estranei.
Il passo successivo è l’introduzione del materiale in vasche di separazione PET – HDPE (bottiglia affonda – tappo galleggia) e in sistemi di lavaggio in acqua calda a 95 °C con soluzioni basiche per togliere la colla e residui del contenuto originale. Poi si risciacqua il materiale e lo si asciuga mediante centrifugazione e infine, tramite un classificatore in aria, si eliminano eventuali ulteriori etichette e residui.
Questo processo ammette molte varianti, ma presenta in ogni caso degli aspetti critici dal punto di vista dell’efficienza:
• variabilità del peso del materiale trattato a parità di volume, dovuta all’eterogeneità delle taglie di bottiglia e dello spessore del PET (più spesso anche del 30% per bevande gassate);
• applicazioni con forte potenza e basso numero di giri (es. mulini);
• macchine con forti accelerazione e decelerazioni (es. centrifughe).
Se si gestisce un processo con queste caratteristiche tramite semplici motori elettrici collegati alla rete e con meccaniche quali i riduttori a vite senza fine, la perdita di efficienza è tale da dimezzare – se non annullare – il 60% di risparmio energetico legato all’utilizzo di materiali riciclati. Ovvero: si ricicla il materiale, ma si inquina come se si utilizzassero materie prime.
La soluzione? Innanzitutto gestire tramite inverter tutti i motori che agiscono su processi con carichi variabili e transitori rilevanti, con vantaggi superiori al 30%-40% per molte delle applicazioni sopra descritte. E poi l’utilizzo di meccaniche efficienti, quali i riduttori a coppia conica o a ingranaggi, che consentono di un’efficienza migliore del 25-30% rispetto ai vite senza fine per applicazioni di potenza ma relativamente lente (come i mulini).
L’utilizzo di inverter consente inoltre di acquisire dati dal campo, che possono essere utilizzati per migliorare l’efficienza del processo e per prevenire fermi dell’impianto. Infine, ma non certo per importanza, deve essere considerato l’aspetto sicurezza: da uno studio Inail riferito a uno dei sottosettori dello smaltimento differenziato dei rifiuti, emerge un’incidenza annua degli infortuni tripla rispetto al settore industria in generale, con un numero di indennizzi pari addirittura al 9% degli addetti in un quinquennio (Fonte: linea-guida-la-sicurezza-degli-operatori-degli-impianti-di-trattamento-dei-rifiuti-da-apparecchiature-elettrici-e-elettroniche-a-cura-di-inail–304.pdf realizzato da Inail).
L’utilizzo di inverter consente di implementare funzioni di sicurezza negli impianti, salvaguardando la salute degli operatori. Considerazioni simili sono applicabili anche al riciclo di altri materiali, quali metalli, legno, vetro, carta. La gestione differenziata dona nuova vita ai rifiuti, abbattendo i conferimenti in discarica e la dispersione nell’ambiente.
Ma perché il riciclo sia economicamente vantaggioso e minimamente inquinante, il processo deve essere gestito con architetture e componenti efficienti.
Lenze offre le soluzioni e i prodotti giusti per affrontare e vincere queste sfide.
Le soluzione di Lenze per l’efficienza del processo di riciclo: motori asincroni MF con riduttore G500 e inverter i550
Lenze produce da oltre 70 anni motoriduttori a elevata efficienza e affidabilità e inverter scalabili e completamente configurabili in termini di bus di campo e funzioni di sicurezza. Realizza in casa tutti i prodotti (a Verona, nel caso dei motori asincroni) e ne garantisce la qualità.
Ha inoltre un’esperienza specifica nella realizzazione delle architetture di automazione più efficienti per ognuna delle applicazioni del settore del riciclo.
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