Prospettive dell’efficienza energetica in Italia

Il rapporto, redatto dall’Energy & Strategy Group del Politecnico di Milano, affronta il tema dell’efficienza energetica in Italia, con l’obiettivo di identificare e quantificare le opportunità di business che essa genererà nel nostro paese

Pubblicato il 5 dicembre 2013

Nel corso di un convegno a Milano, è stata presentata la 3° edizione dell’Energy Efficiency Report, il Rapporto sulle prospettive dell’efficienza energetica in Italia realizzato dall’Energy & Strategy Group della School of Management del Politecnico di Milano. Quest’anno l’attenzione è stata rivolta ai settori residenziale, industriale, dei servizi e della Pubblica Amministrazione.

Il Rapporto analizza la maturità tecnologica delle principali famiglie di soluzioni per l’efficienza energetica adottabili nei diversi ambiti, stimando la convenienza economica dell’adozione ed il relativo potenziale di mercato al 2020. Inoltre, fornisce un quadro dell’attuale impianto normativo nazionale in tema di efficienza energetica, al fine di comprenderne le principali criticità e l’impatto sulla diffusione degli interventi.

Per ognuna delle possibili soluzioni e tecnologie per l’efficienza energetica, la convenienza economica è stata calcolata attraverso: (i) il costo medio necessario lungo l’intera vita utile di ciascuna tecnologia per risparmiare o produrre (mediante una tecnologia “efficiente”) un singolo kWh elettrico o termico, da confrontare con il costo evitato dell’approvvigionamento dalla rete elettrica o gas e (ii) il tempo di Pay-Back, da confrontare con un valore “soglia” variabile in funzione dell’ambito d’applicazione considerato. Le analisi sono state condotte sia nel caso di sostituzione “forzata” a fine vita della tecnologia precedentemente adottata con una più efficiente sia nel caso di sostituzione “volontaria” di una tecnologia ancora funzionante.

I risultati mostrano che, se si guarda alla convenienza delle tecnologie lungo l’intera vita utile (ossia sulla base del costo medio del kWh risparmiato o prodotto), quasi tutte le soluzioni e tecnologie per l’efficientamento energetico (ad eccezione di chiusure vetrate e superfici opache) appaiono essere economicamente sostenibili in tutti gli ambiti d’applicazione, anche in assenza di incentivi. Tuttavia, se si guarda al tempo di Pay-Back, che rappresenta l’indicatore maggiormente preso in considerazione dai soggetti investitori, esso risulta in media ampiamente superiore ai valori “soglia” ritenuti da essi accettabili (1-2 anni in ambito industriale, 2-3,5 anni in ambito terziario, 4-6 anni in ambito residenziale). Soltanto un numero ridotto di tecnologie, infatti, raggiunge la convenienza economica in assenza di incentivi, vale a dire illuminazione, aria compressa, inverter, UPS (solo in caso di sostituzione ‘forzata’) e sistemi di gestione dell’energia in ambito industriale, illuminazione, inverter, sistemi di building automation, UPS (solo in caso di sostituzione ‘forzata’) e cogenerazione negli altri ambiti. L’analisi al netto degli incentivi mostra che l’impatto dei regimi incentivanti sul ritorno degli investimenti è, nella maggior parte dei casi, non sufficiente a far raggiungere la convenienza economica a quelle tecnologie che di per sé non lo sono, ad accezione della cogenerazione in ambito industriale e dei motori elettrici negli altri ambiti.

A valle di ciò, è stato stimato il potenziale di risparmio conseguibile grazie all’adozione delle soluzioni per l’efficienza energetica analizzate e tenendo conto del possibile ‘effetto sostituzione’ tra le diverse soluzioni. Dall’analisi emerge che la riduzione potenziale dei consumi energetici da qui al 2020 nel nostro Paese è pari a 297 TWh all’anno. Tuttavia, l’obiettivo che si ritiene possa essere raggiunto in Italia da qui al 2020 è nell’ordine dei 96 TWh, ossia circa un terzo di quanto teoricamente a disposizione, a sua volta ripartito tra 21 TWh elettrici (pari a circa il 6% del consumo registrato nel 2011) e circa 75 TWh termici (pari a circa il 11% del consumo registrato nello stesso anno). Il settore cui è associato il maggior potenziale ‘atteso’ al 2020 è quello residenziale, pari a circa 51 TWh all’anno (54% del potenziale globale), mentre le tecnologie cui è associato il maggior potenziale di risparmio energetico ‘atteso’ sono la cogenerazione (6,24 TWh all’anno) e l’illuminazione (6,17 TWh all’anno) in ambito industriale, pompe di calore (36,7 TWh all’anno) e superfici opache (29,6 TWh all’anno) nel settore residenziale, cogenerazione (4,9 TWh all’anno) e pompe di calore (4,4 TWh all’anno) negli altri settori.

Il raggiungimento del mercato potenziale darebbe luogo ad un giro d’affari medio annuo da qui al 2020 stimabile in oltre 7 mld di euro, di cui circa 2 mld di euro riferibili ad interventi per l’efficientamento dei consumi elettrici e la restante parte riferibile ad interventi per l’efficientamento dei consumi termici.
Le ragioni di questo evidente gap tra potenziale ‘teorico’ ed ‘atteso’ sono fondamentalmente legate al quadro normativo, che seppur ha mostrato indubbi progressi negli ultimi anni, mostra alcune ‘contraddizioni’ che rallentano la marcia del nostro Paese verso una maggiore virtuosità in tema di efficienza energetica, ed in secondo luogo alla carenza di una diffusa ‘cultura’ dell’efficienza energetica tra i diversi attori della filiera dell’efficienza energetica (in primis tra i potenziali investitori, che si riverbera in soglie troppo “stringenti” di tempo di Pay-Back ritenute accettabili).

Tra le principali novità introdotte nel corso dell’ultimo anno all’interno del quadro normativo italiano in tema di efficienza energetica, si segnalano in primo luogo il DLgs 4 giugno 2013, che introduce l’’Attestato di Prestazione Energetica’ (APE), in sostituzione dell’Attestato di Certificazione Energetica (ACE), e la sua obbligatorieità per gli edifici di nuova realizzazione, gli edifici sottoposti a ‘ristrutturazioni importanti’, gli edifici o le unità immobiliari soggette a vendita e gli edifici o le unità immobiliari soggette a nuovo contratto di locazione, ed in secondo luogo introduce disposizioni urgenti per il recepimento della Direttiva europea 2010/31/UE con l’obiettivo di diffondere il nuovo paradigma di ‘edifici a energia quasi zero’. Sul fronte degli incentivi a supporto della diffusione dell’efficienza energetica, il DM 28 dicembre 2012 ha parzialmente modificato il meccanismo di funzionamento dei Titoli di Efficienza Energetica, meccanismo ‘rodato’ da diversi anni che è stato interessato da importanti variazioni nel sistema di governance, oltre all’attesa estensione al 2016 degli obiettivi di risparmio energetico che dovranno conseguire i cosiddetti ‘soggetti obbligati’ e l’introduzione di nuovi soggetti ‘abilitati’ a prendere parte al meccanismo in qualità di ‘soggetti volontari’, ossia imprese che provvedano alla nomina dell’Energy Manager o alla certificazione ISO 50001 (ambiti in cui il nostro Paese sconta una notevole arretratezza rispetto ai principali competitor europei). Tuttavia, la principale novità riguarda l’introduzione del Conto Energia Termico con il DM 28 dicembre 2012, che intende incentivare la realizzazione di interventi di piccole dimensioni per l’incremento dell’efficienza energetica e per la produzione di energia termica da fonti rinnovabili. Le simulazioni effettuate mostrano che il nuovo sistema incentivante non garantisce un sostanziale beneficio incrementale rispetto al meccanismo dei Titoli di Efficienza Energetica e favorisce in modo particolare gli interventi di piccole dimensioni.

In sintesi, le due criticità principali dell’attuale impianto normativo sono il rischio di ‘cannibalizzazione’ che caratterizza un contesto che vede la compresenza di diversi sistemi di incentivazione (almeno parzialmente sovrapposti fra loro) e l’instabilità nel tempo dei sistemi di incentivazione, che non permette agli operatori industriali di programmare le loro strategie di business. Vi sono infine altri provvedimenti che, seppur non specificamente inerenti l’efficienza energetica, riducono l’appetibilità degli interventi di efficientamento dei consumi energetici, come ad esempio il cosiddetto Decreto “energivori”, che prevede una riduzione degli oneri generali di sistema per i soggetti industriali ad elevata intensità energetica. Il provvedimento, se da un lato risulta indubbiamente funzionale a ridurre il gap del costo dell’energia sostenuto dalle imprese italiane rispetto a quelle europee migliorandone la competitività, dall’altro lato risulta un “disincentivo” che può frenare la diffusione delle tecnologie di efficienza energetica, se si pensa ad esempio che l’incremento del tempo di pay back per i motori elettrici ad alta efficienza è stimabile fino ad oltre il 10%.

Da ultimo, il Rapporto affronta il tema dell’efficienza energetica nella Pubblica Amministrazione, che ha assunto un ruolo di rilievo sia a livello europeo che nazionale sulla scorta dei recenti documenti programmatici quali la Direttiva europea 2012/27/UE sull’efficienza energetica e la Strategia Energetica Nazionale. All’interno del Rapporto si è focalizzata l’attenzione sulla Pubblica Amministrazione locale, prendendo come punto di partenza gli oltre 2.500 Comuni italiani aderenti al Patto dei Sindaci, ed è emerso che le soluzioni per l’efficienza energetica considerate all’interno del Rapporto hanno un potenziale di mercato ‘teorico’ in quest’ambito pari a circa 1 mld di euro all’anno da qui al 2020, con un risparmio energetico di circa 0,8 TWh elettrici e 1,5 TWh termici. Viceversa, il potenziale di mercato “atteso” è stimato pari a circa 400 mln di euro all’anno da qui al 2020.

Il confronto con un cluster rappresentativo di PA locali e con gli altri operatori della filiera dell’efficienza energetica che con essa interagiscono, ha fatto emergere che tra “barriere” all’implementazione degli interventi: (i) «conoscitiva», legata alla ridotta consapevolezza da parte della PA dell’importanza della gestione e della razionalizzazione dei consumi energetici; (ii) ‘finanziaria’, legata all’incapacità di reperire risorse finanziarie per la realizzazione degli interventi di efficienza energetica; (iii) ‘realizzativa’, legata alla difficoltà di coinvolgimento, da parte della PA, dei soggetti ‘necessari’ per la realizzazione degli interventi di efficienza energetica, vale a dire i fornitori di servizi e soluzioni per l’efficienza energetica (in primis le ESCo) ed i soggetti finanziatori.

Dall’analisi delle best practice a livello nazionale sono emerse diverse strategie, la cui implementazione ha permesso il superamento delle sopraccitate barriere. È necessaria una forte collaborazione tra i diversi player della filiera dell’efficienza energetica e la PA affinché si riesca, nel prossimo futuro, a superare l’attuale impasse e sbloccare un mercato con una potenzialità sicuramente interessante.

www.energystrategy.it

 



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