Inquinamento da microplastiche nel mare, 10 fatti per saperne di più

Pubblicato il 30 gennaio 2024
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La recente accelerazione dell’inquinamento da microplastiche ha aumentato la necessità di sviluppare nuovi strumenti di collaborazione per problemi sinergici che interessano gli ecosistemi costieri e oceanici. Uno degli ostacoli principali è la mancanza di informazioni standardizzate, comparabili e integrate sull’inquinamento da plastica di piccole dimensioni (micro e nano), compresa la loro abbondanza, le fonti, i punti caldi regionali di accumulo, la frammentazione e il trasporto nell’area di transizione costiera. Il progetto i-plastic, finanziato da JPI Oceans e realizzato da un consorzio multisciplinare di esperti europei e brasiliani provenienti da cinque istituti e quattro paesi, di cui l’Università del Salento è il partner italiano, ha indagato il destino delle microplastiche (da 5 mm a 1 µm) e delle nanoplastiche (sotto 1 µm) dalla terra al mare, in regimi di flusso e climatici distinti, e la loro dispersione nell’oceano aperto.

A coordinare il gruppo di ricercatori italiani del Dipartimento di Scienze e Tecnologie, Biologiche e Ambientali dell’Università del Salento è il professor Sergio Rossi, docente di Zoologia, che ha guidato anche uno dei workpackage in cui è stato suddiviso tutto il progetto ovvero quello sullo studio degli effetti delle plastiche sul biota marino. Ma UniSalento ha avuto la responsabilità di altri due workpackage: gli studi dei processi di frammentazione delle plastiche in ambiente marino tramite la tecnica di spettroscopia fotoelettronica a raggi X (XPS) di cui è responsabile il professor Cosimino Malitesta, docente di Chimica analitica, e la caratterizzazione delle nanoplastiche, in capo al professor Giuseppe De Benedetto, docente di Chimica analitica.

“Nel progetto si sono approfondite le conoscenze di base relative a microplastiche e nanoplastiche, a cui si è aggiunto lo sviluppo di nuovi protocolli di caratterizzazione e determinazione di questi materiali, valutandone anche il bioaccumulo in alcune specie marine”, spiega il professore Sergio Rossi, “tutte queste informazioni sono essenziali per capire il loro ruolo negli ecosistemi e sulla salute delle specie viventi. D’altra parte, abbiamo cercato soluzioni reali, come l’utilizzo di specie biorimediatori tra cui spugne, ascidie e policheti specialmente in zone impattate come il Mar Grande di Taranto”. E aggiunge: “Il ruolo dell’Università del Salento, tanto per l’unità di Zoologia quanto per quella di Chimica Analitica, è stato decisivo e ha rafforzato ancora di più la sua rilevanza internazionale con un progetto che dimostra quanto è importante la cooperazione tra gruppi di lavoro diversi”.

I risultati principali del progetto I-plastic si sono concentrati sul ruolo del sistema fiume estuario nell’inquinamento da plastiche degli oceani con i suoi potenziali impatti. Trattandosi di uno degli habitat naturali più produttivi nel mondo, ciò rappresenta una seria minaccia per le specie acquatiche e per la salute umana. Altro importante risultato è stata la messa a punto di un metodo innovativo per la determinazione quantitativa delle nanoplastiche in organismi, i cui risultati sono in via di pubblicazione sulla rivista Communications Earth & Environment della serie Nature.

Sono stati raccolti in un documento che elenca 10 informazioni a disposizione di scienziati, divulgatori scientifici e consulenti in materia di politiche scientifiche per elaborare strumenti per la risoluzione del problema:

1) gli estuari sono i principali punti di accumulo di microplastiche;

2) l’inquinamento da microplastiche è ubiquitario negli estuari e nelle aree costiere adiacenti;

3) la concentrazione di microplastiche negli estuari è determinata dallo sviluppo urbano;

4) la distribuzione delle microplastiche negli estuari dipende dall’idrodinamica locale;

5) le correnti oceaniche, le maree e le onde possono trasportare le microplastiche nell’oceano a centinaia di chilometri di distanza dagli estuari nel giro di pochi mesi;

6) tutte le specie acquatiche presenti negli ambienti estuarini e in quelli adiacenti sono in qualche misura contaminate da microplastiche;

7) le microplastiche rappresentano una minaccia per i sistemi di barriera corallina;

8) i filtratori possono rimuovere efficacemente le microplastiche dall’acqua di mare;

9) il polietilene a bassa densità (LDPE) è uno dei tipi più comuni di microplastica presenti negli estuari e nell’ambiente Marino;

10) l’inquinamento da nanoplastica rappresenta un grave rischio per gli organismi acquatici.

Iplastic è un progetto finanziato da PI-Oceans attraverso il supporto delle agenzie di finanziamento nazionali, per l’Italia il Ministero dell’Università e della Ricerca (MUR). Fanno parte del consorzio: l’Istituto di Scienza e Tecnologia Ambientale dell’Universitat Autònoma de Barcelona (Spagna), il Centro de Ciências do Mar e do Ambiante Facoltà di Scienze e Tecnologia dell’Università Nova di Lisbona (Portogallo), il Dipartimento di Scienze e Tecnologie, Biologiche e Ambientali dell’Università del Salento (Italia) e l’Instituto de Ciências do Mar dell’Universidade Federal do Ceará (Brasile).



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