Inquinamento da microplastiche nel mare, 10 fatti per saperne di più
La recente accelerazione dell’inquinamento da microplastiche ha aumentato la necessità di sviluppare nuovi strumenti di collaborazione per problemi sinergici che interessano gli ecosistemi costieri e oceanici. Uno degli ostacoli principali è la mancanza di informazioni standardizzate, comparabili e integrate sull’inquinamento da plastica di piccole dimensioni (micro e nano), compresa la loro abbondanza, le fonti, i punti caldi regionali di accumulo, la frammentazione e il trasporto nell’area di transizione costiera. Il progetto i-plastic, finanziato da JPI Oceans e realizzato da un consorzio multisciplinare di esperti europei e brasiliani provenienti da cinque istituti e quattro paesi, di cui l’Università del Salento è il partner italiano, ha indagato il destino delle microplastiche (da 5 mm a 1 µm) e delle nanoplastiche (sotto 1 µm) dalla terra al mare, in regimi di flusso e climatici distinti, e la loro dispersione nell’oceano aperto.
A coordinare il gruppo di ricercatori italiani del Dipartimento di Scienze e Tecnologie, Biologiche e Ambientali dell’Università del Salento è il professor Sergio Rossi, docente di Zoologia, che ha guidato anche uno dei workpackage in cui è stato suddiviso tutto il progetto ovvero quello sullo studio degli effetti delle plastiche sul biota marino. Ma UniSalento ha avuto la responsabilità di altri due workpackage: gli studi dei processi di frammentazione delle plastiche in ambiente marino tramite la tecnica di spettroscopia fotoelettronica a raggi X (XPS) di cui è responsabile il professor Cosimino Malitesta, docente di Chimica analitica, e la caratterizzazione delle nanoplastiche, in capo al professor Giuseppe De Benedetto, docente di Chimica analitica.
“Nel progetto si sono approfondite le conoscenze di base relative a microplastiche e nanoplastiche, a cui si è aggiunto lo sviluppo di nuovi protocolli di caratterizzazione e determinazione di questi materiali, valutandone anche il bioaccumulo in alcune specie marine”, spiega il professore Sergio Rossi, “tutte queste informazioni sono essenziali per capire il loro ruolo negli ecosistemi e sulla salute delle specie viventi. D’altra parte, abbiamo cercato soluzioni reali, come l’utilizzo di specie biorimediatori tra cui spugne, ascidie e policheti specialmente in zone impattate come il Mar Grande di Taranto”. E aggiunge: “Il ruolo dell’Università del Salento, tanto per l’unità di Zoologia quanto per quella di Chimica Analitica, è stato decisivo e ha rafforzato ancora di più la sua rilevanza internazionale con un progetto che dimostra quanto è importante la cooperazione tra gruppi di lavoro diversi”.
I risultati principali del progetto I-plastic si sono concentrati sul ruolo del sistema fiume estuario nell’inquinamento da plastiche degli oceani con i suoi potenziali impatti. Trattandosi di uno degli habitat naturali più produttivi nel mondo, ciò rappresenta una seria minaccia per le specie acquatiche e per la salute umana. Altro importante risultato è stata la messa a punto di un metodo innovativo per la determinazione quantitativa delle nanoplastiche in organismi, i cui risultati sono in via di pubblicazione sulla rivista Communications Earth & Environment della serie Nature.
Sono stati raccolti in un documento che elenca 10 informazioni a disposizione di scienziati, divulgatori scientifici e consulenti in materia di politiche scientifiche per elaborare strumenti per la risoluzione del problema:
1) gli estuari sono i principali punti di accumulo di microplastiche;
2) l’inquinamento da microplastiche è ubiquitario negli estuari e nelle aree costiere adiacenti;
3) la concentrazione di microplastiche negli estuari è determinata dallo sviluppo urbano;
4) la distribuzione delle microplastiche negli estuari dipende dall’idrodinamica locale;
5) le correnti oceaniche, le maree e le onde possono trasportare le microplastiche nell’oceano a centinaia di chilometri di distanza dagli estuari nel giro di pochi mesi;
6) tutte le specie acquatiche presenti negli ambienti estuarini e in quelli adiacenti sono in qualche misura contaminate da microplastiche;
7) le microplastiche rappresentano una minaccia per i sistemi di barriera corallina;
8) i filtratori possono rimuovere efficacemente le microplastiche dall’acqua di mare;
9) il polietilene a bassa densità (LDPE) è uno dei tipi più comuni di microplastica presenti negli estuari e nell’ambiente Marino;
10) l’inquinamento da nanoplastica rappresenta un grave rischio per gli organismi acquatici.
Iplastic è un progetto finanziato da PI-Oceans attraverso il supporto delle agenzie di finanziamento nazionali, per l’Italia il Ministero dell’Università e della Ricerca (MUR). Fanno parte del consorzio: l’Istituto di Scienza e Tecnologia Ambientale dell’Universitat Autònoma de Barcelona (Spagna), il Centro de Ciências do Mar e do Ambiante Facoltà di Scienze e Tecnologia dell’Università Nova di Lisbona (Portogallo), il Dipartimento di Scienze e Tecnologie, Biologiche e Ambientali dell’Università del Salento (Italia) e l’Instituto de Ciências do Mar dell’Universidade Federal do Ceará (Brasile).
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