Imbuti solari per concentrare i fotoni sulle celle fotovoltaiche
Non più interi tetti coperti di pannelli fotovoltaici, ma solo dei piccoli spazi con delle mini celle sulle quale i fotoni arrivano passando attraverso un 'imbuto solare'
Sfruttando dei nanotubi di carbonio (tubi vuoti di atomi di carbonio), Michael Strano, Jae-Hee Han e Geraldine Paulus, autori dell’articolo pubblicato sulla versione online di Nature Materials, hanno creato un nuovo sistema per concentrare l’energia. Passando attraverso delle antenne formate da nanotubi, l’energia solare viene catturata e concentrata 100 volte di più rispetto a una normale cella fotovoltaica, riducendo così l’ingombro dei dispositivi solari L’antenna consiste di un cavo di fibra lungo circa 10 micrometri (milionesimi di un metro) spesso 4 micrometri, contenente circa 30 milioni di nanotubi di carbonio. Il gruppo di Strano ha costruito una fibra fatta di due strati di nanotubi che hanno proprietà elettriche differenti, cioè bande proibite (bandgap) diverse.
In ogni materiale, gli elettroni si trovano su livelli discreti di energia. Quando un fotone colpisce la superficie, eccita un elettrone che passa a un livello più alto di energia, che è specifico per il materiale. L’interazione tra l’elettrone eccitato e la lacuna elettronica che lascia dietro di se è detto eccitone, e la differenza di energia tra la il livello della lacuna elettronica (hole) e quello dell’elettrone è nota come banda proibita (bandgap).
Lo strato interno dell’antenna contiene dei nanotubi con una banda a bassa energia mentre i nanotubi nello strato esterno hanno una banda ad energia più alta. Questo è importante perché gli eccitoni tendono sempre a passare da uno stato di energia più alto ad uno più basso. In questo caso quindi gli eccitoni dello strato esterno passano nello strato interno dove possono raggiungere uno stato energetico più basso (ma ancora eccitato).
Quando l’energia luminosa colpisce il materiale, tutti gli eccitoni passano al centro della fibra, dove sono concentrati. Strano e i suoi collaboratori non hanno ancora costruito un’apparecchiatura fotovoltaica che usi l’antenna, ma prevedono di realizzarne una che possieda un centro di materiale semiconduttore in cui i fotoni vengono concentrati prima che la cella fotovoltaica li converta in energia elettrica.
L’interfaccia tra il semiconduttore e i nanotubi permette di separare l’elettrone dalla lacuna elettronica: gli elettroni vengono raccolti all’elettrodo in contatto con il semiconduttore interno mentre le lacune vengono raccolte su un elettrodo in contatto con i nanotubi. Questo sistema può quindi generare corrente elettrica. Secondo i ricercatori l’efficienza di una simile cella solare dipende dai materiali usati per l’elettrodo.
Il gruppo di Strano è il primo a costruire fibre di nanotubi nei quali è possibile controllare le proprietà dei diversi strati, un risultato reso possibile dai recenti progressi nella separazione dei nanotubi che presentano proprietà diverse. “Questo lavoro dimostra quanta strada è stata fatta in questo campo nell’ultimo decennio”, afferma Michael Arnold, professore di scienza e energia dei materiali all’Università del Wisconsin a Madison. “Le celle solari che incorporano i nanotubi di carbonio potrebbero diventare una buona alternativa a basso costo alle tradizionali celle in silicio. Ciò che ora necessita di essere dimostrato è se gli eccitoni nel guscio interno possono essere raccolti e convertiti in energia elettrica.”
Mentre il costo dei nanotubi una volta era proibitivo, negli ultimi anni è sceso all’aumentare della capacità produttiva dell’industria chimica. Il gruppo di Strano sta ora lavorando su i modi per minimizzare le perdita di energia quando gli eccitoni scorrono attraverso le fibre, e su i sistemi per generare più di un eccitone per fotone. I fasci di nanotubi descritti nell’articolo perdono circa il 13% dell’energia che assorbono, ma il team sta lavorando su delle nuove antenne che perdono solo l’1%.
Mit: web.mit.edu
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