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n.8 novembre 2012
riguardano direttamente il
suolo mentre il rimanente 22%
sono situate in aree marine e
costiere. I siti contaminati da
amianto in buona parte sono
situati in Piemonte a Casale
Monferrato con una estensione
di circa 750 km
2
.
Al Sud d’Italia,
la regione Campania è la prima
per incremento di siti contaminati
a causa di attività illegali di
sversamento di rifiuti pericolosi
e non pericolosi, su un area
stimata di circa 1.500 km
2
,
buona parte della quale, circa
500
km
2
,
è coltivata o si trova in
prossimità di suoli agricoli con
ordinamenti colturali intensivi,
come ad esempio i suoli coltivati
nel bacino del Sarno. Solo per
il recupero del fiume Sarno
negli ultimi 10 anni sono stati
dragati circa 500 mila tonnellate
di sedimenti da bonificare. La
seconda regione per numero e
per estensione dei siti contaminati
è la Sardegna (891 km
2
),
caratterizzata dalla presenza
di aree minerarie dismesse (i
territori di Sulcis-Iglesiente) o
ex poli industriali come l’Acna
di Cengio. Altri Siti contaminati
di Interesse Nazionale ad
elevato rischio ambientale sono
localizzate in zone urbane
come i poli industriali dismessi
nell’area di Bagnoli (Napoli),
Porto Marghera (Venezia), Gela
e Augusta in Sicilia, la piana di
Taranto, Priolo in provincia di
Siracusa. In aggiunta ai 18 mila
siti contaminati, esistono aree
illegali di sversamento, prodotte
da piccole industrie (dispersione
illecita di rifiuti contaminati in
cave o discariche abbandonate)
di cui non si conoscono le
reali dimensioni. Si stima che
la situazione italiana dei siti
contaminati è parallela alla media
europea dove circa il 3% della
superficie di ciascuna nazione
risulta fortemente inquinata.
La legislazione sui siti
contaminati per gli interventi
di bonifica
L’Italia deve all’appartenenza alla
Unione Europea l’attuazione di
politiche pubbliche che stanno
portando ad affrontare il tema
della contaminazione del suolo
e del sottosuolo. Fino alla
introduzione degli (allora art.
130
R e seguenti del Trattato di
Roma) vi erano solo alcune leggi
regionali che disponevano aiuti
in caso di interventi di bonifica
volontari da parte delle imprese.
Alla fine degli anni novanta, sono
stati recepiti tutti provvedimenti
europei che hanno introdotto la
politica ambientale comunitaria e,
per quanto di nostro interesse, il
DLgs n. 22/97 (Decreto Ronchi)
che ha stabilito i criteri generali
per la messa in sicurezza e la
bonifica dei siti contaminati, poi
attuato con il DM n. 471/1999 [3].
Le regole si fondano su
interventi obbligatori in caso
di superamento di parametri
determinati di contaminazione
elencati negli allegati ai
provvedimenti. Inoltre, sono
individuati i SIN (Siti di Interesse
Nazionale) in cui la competenza
per la procedura di bonifica sono
del Ministero dell’ambiente,
le procedure di analisi, ai
criteri generali per la messa in
sicurezza, la bonifica e il ripristino
ambientale dei siti inquinati,
nonché alla redazione dei relativi
progetti. La normativa in materia
di siti contaminati trova ora
riferimento nel DLgs 152/06 (il
Codice dell’ambiente).
Il titolo quinto della parte quarta
del Codice dell’ambiente,
è intitolato “bonifica di siti
contaminati”, 14 articoli (da 239
a 253) interamente dedicati alle
procedure da avviare in caso
di contaminazione di un sito.
Procedure” e non “procedura”
in quanto, a differenza della
disciplina del decreto Ronchi le
nuove regole prevedono una serie
autonoma di procedimenti che
coinvolgono, sia il responsabile
materiale e il soggetto a cui
l’evento è addebitabile, sia il
proprietario del sito ed ogni
altro titolare di diritti reali o di
godimento, abbandonando
quell’unitarietà procedimentale
propria del Decreto Ronchi.
Nella nuova disciplina sulle
bonifiche il legislatore sostituisce
Foto sopra. Area SIN Gulgionesi
In alto a destra. Area SIN Gulgionesi
Foto a fianco. Bagnoli:
sito industriale ItalSider
Nella pagina a fianco. Caserta:
i fuochi della camorra