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n.8 novembre 2012
In Italia sono stati censiti 18 mila
siti contaminati che ricoprono
una superficie di circa 9.000
km
2
(
circa due volte la regione
Molise), pari a circa il 3% della
superficie nazionale [1]. Le
principali cause di inquinamento
di questi siti deriva da diverse
cause: le emissioni industriali
nell’atmosfera; le immissioni nei
fiumi e nel mare degli effluenti
industriali, urbani ed agricoli;
le discariche di rifiuti solidi
pericolosi e non pericolosi; i
trattamenti inadeguati di fanghi
di origine industriale, i depositi
di stoccaggio di rifiuti speciali ed
infine le miniere abbandonate.
Si stima che oltre 1.550 siti
contaminati sono costituiti da
aree minerarie dismesse presenti
in varie regioni: Piemonte,
Toscana, Sardegna, Sicilia
e Campania. Il 75% dei siti
contaminati censiti è inquinato da
idrocarburi alifatici ed aromatici
e dai suoi derivati (PCB, IPA,
diossine ecc.) il rimanente 25%
da uno o più metalli pesanti
come: Zn, B, Cu, Mo, As, Hg,
Be, Ni, Sb, Ir, Cd, Ag, Cr, Co,Tl
e Pb [2]. Le aree ad “elevato
rischio ambientale”, dovuta alla
presenza di siti contaminati, sono
spesso localizzate in prossimità
di zone urbane. I Siti d’Interesse
Nazionale (SIN) in Italia erano
217
con una
superficie di 8.000 km
2
(
legge
468/01, 266/05
modificato con
la legge 142/ 2006). Nell’ultima
anagrafe dei SIN al 2006 il
numero si è ridotto a 57, di
questi circa il 78% delle aree
contaminate
GESTIONE
SUOLO
UN APPROCCIO
CONCRETO
PER IL DISINQUINAMENTO
DEL SUOLO
Quali prospettive per il futuro?
I progetti di recupero e bonifica dei siti contaminati sono costosi e spesso ardui
e complessi e comportano un approccio multi disciplinare, con la necessità
di integrare aspetti scientifici, tecnologici, economici, sociologici, legislativi
e politici. Gli interventi di bonifica hanno recuperato solo il 10 % dei siti
contaminati, un approccio pratico può ridurre i tempi e i costi degli interventi.
*
Università del Molise, Dip. Agricoltura, Alimentazione
Ambiente, Campobasso
Claudio Colombo*, Francesco Bruno*