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n.6 maggio 2012
IMPRONTE
che in siderurgia al posto del carbone fossile
poteva essere meglio utilizzato il carbone
coke che si forma per riscaldamento del
carbone ad alta temperatura, in assenza
di aria, una vera e propria distillazione
secca; circa un terzo del peso del carbone
si liberava come gas, sostanze liquide e
catramose che, dopo essere state buttate
via per qualche tempo, vennero recuperate
per raffreddamento sotto forma di gas e
di catrame di carbon fossile. Ben presto
si vide che il catrame si prestava bene
a impermeabilizzare il legno e l’inglese
Archibald Cochrane (1749-1831) a partire dal
1782 si mise a produrre catrame dal carbone.
I gas che si formavano insieme al catrame,
previa depurazione, si rivelarono adatti come
gas illuminante per le strade e per gli edifici.
La cancerogenicità dei coloranti
Ma anche il catrame greggio poteva
essere frazionato per distillazione fornendo
varie sostanze liquide, con un residuo
catramoso che poteva essere impiegato
nella pavimentazione stradale. L’inglese
Charles Mansfield (1819-1855) diede vita
a una vera e propria industria in grado di
fornire benzolo, toluolo, xilolo, creosoto,
naftalina, antracene. Lo stesso Mansfiels
scoprì che, per trattamento con acido nitrico
del benzolo, si poteva ottenere nitrobenzolo
e nel 1854 il francese Pierre Bechamp (1816-
1908) riuscì a trasformare il nitrobenzolo in
anilina mediante trattamento con limatura
di ferro. Era l’inizio dell’industria organica
moderna, fonte di nuove merci, ma anche
di innumerevoli dolori e morti. Nel 1873 il
medico von Volkmann descrisse la comparsa
di tumori allo scroto anche nei lavoratori della
distillazione del catrame. Per capire la causa
di tali tumori molti studiosi cominciarono
ad applicare, per spennellatura, sulla pelle
dei ratti le varie sostanze sospette. Dovette
passare mezzo secolo prima che l’inglese
Ernest Kennaway (1881-1958) riuscisse
a isolare per via chimica, fra i componenti
del catrame, il dibenzantracene; il suo
collaboratore J.W.Cook nel 1932 riconobbe
nel catrame la presenza di un altro potente
cancerogeno, uno dei più potenti, il
3.4-dibenzopirene.
La chimica organica nel frattempo aveva
fatto grandi progressi. Il giovane William
Perkin (1838-1907) aveva scoperto che
dall’anilina era possibile ottenere una
sostanza colorante di colore violetto, adatta
alla tintura dei tessuti. La presenza di uno
o più gruppi amminici NH2 in una molecola
aromatica - benzolo, toluolo, xileni, naftalina,
antracene - portava alla combinazione di
una ammina aromatica con altre ammine
e con altre molecole aromatiche fornendo
un numero continuamente crescente di
coloranti per tessuti di tutti i colori. Si diffuse
così una grande industria organica sintetica
dapprima in Inghilterra e Germania, poi in tutti
i Paesi. In Italia la nascita dell’industria dei
coloranti sintetici avviene nei primi anni del
Novecento con società spesso multinazionali,
che sarebbero poi confluite in alcuni grandi
complessi come l’Acna, con vari stabilimenti a
Spinetta Marengo e a Cengio, la Ipca a Ciriè
in Piemonte, e altre. Le ammine aromatiche
trovavano anche impiego nell’industria della
gomma e in altri settori industriali.
Ben presto si è visto che molti lavoratori
che venivano a contatto con le ammine
aromatiche manifestavano tumori alla vescica
e a poco a poco l’uso di molte sostanze è
stato vietato. In questo, come in molti altri
casi, i lavoratori sono venuti a contatto con
sostanze di cui non conoscevano non solo
il pericolo, ma spesso neanche il nome,
William Perkins, che nel 1856, all’età di 18 anni,
scoprì il primo colorante all’anilina
Alice Hamilton