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azioni sostenibili. Tra le azioni
possibili figura l’acquisto di
prodotti ecocompatibili, anche
se ciò trova maggior riscontro
nelle intenzioni dei consumatori
piuttosto che nei comportamenti.
Se, infatti, più di 7 italiani su
10 si dichiarano disponibili a
pagare di più per prodotti meno
impattanti dal punto di vista
ambientale, sono meno di 2 su
10 i consumatori che, a specifica
richiesta, rispondono di aver
acquistato recentemente prodotti
ecologici certificati [1].
Il mercato sembra aver colto
questa accresciuta sensibilità: se
fino agli inizi degli anni 2000 un
numero ristretto di
aziende
offriva prodotti con
prestazioni ambientali che
potremmo definire “positive”,
nell’ultimo decennio l’offerta
di prodotti ecocompatibili è
cresciuta trasversalmente in tutti
i settori. I trend esponenziali di
crescita nel numero di prodotti e
servizi a marchio Ecolabel danno
la dimensione del fenomeno,
anche se sono rappresentativi dei
soli prodotti che hanno superato il
processo di certificazione: in Italia
i prodotti certificati sono passati
da 63 (2000), a 1.140 (2005) a
10.1693 (2009).
La comunicazione pubblicitaria
riflette, per definizione, i trend
più significativi dell’offerta di
prodotti e servizi, e per questo
la diffusione di prodotti green
ha avuto un chiaro e sempre
più visibile riscontro anche nei
contenuti e nelle forme degli
annunci pubblicitari, sia in Italia
che all’estero. Sotto la definizione
di pubblicità ambientale possono
essere comprese diverse
tipologie di messaggio: una
pubblicità ambientale può “fare
riferimento, implicitamente o
esplicitamente, alla relazione tra
prodotto/servizio e l’ambiente,
promuovere uno stile di vita
ecocompatibile, presentare
un’immagine aziendale
caratterizzata dall’impegno
ambientale” o presentare più di
uno tra questi caratteri [3].
Greenwashing
La presenza di riferimenti
all’ambiente in pubblicità è un
fenomeno particolarmente visibile
negli ultimi anni, che ha iniziato
a manifestarsi già dai primi anni
‘90 con una sorta di “frenesia” da
messaggio ambientale (“green
advertising bubble”). Negli stessi
anni, non per caso, fu coniato
il termine “greenwashing”, per
denotare un uso scorretto e
ingannevole dei riferimenti
all’ambiente finalizzato a
promuovere un’immagine positiva
del prodotto o dell’azienda.
Tra le principali pratiche di
“greenwashing” vi sono l’assenza
di informazioni a supporto
di quanto dichiarato nella
pubblicità, l’eccessiva enfasi data
a caratteristiche irrilevanti, la
scelta di focalizzare il messaggio
pubblicitario su singole
iniziative “green” in assenza
di una visione complessiva
di sostenibilità dell’azienda,
l’utilizzo di marchi e certificazioni
inesistenti o non approvati da
terze parti indipendenti, l’utilizzo
di tecnicismi
eccessivi e
poco comprensibili per il
consumatore, l’inserimento di
termini o immagini suggestivi/
evocativi dell’impegno
ambientale in assenza di
reali performance positive del
prodotto, l’’autocelebrazione’
dell’azienda, ovvero la scelta di
presentarsi più green rispetto alle
aziende concorrenti, pur facendo
parte di un contesto produttivo
notoriamente non ecologico [4].
Una recente indagine
Terrachoice (2010) [5] rileva
che il 95% dei claim ambientali
apparsi su un campione di
prodotti di consumo nel Nord
America mostra almeno una
caratteristica di greenwashing4. I
consumatori sempre più spesso
presentano reclami per pubblicità
ambientali ritenute poco chiare o
1 La tutela dell’ambien-
te emerge come prin-
cipale preoccupazione
degli italiani, subito
dopo disoccupazione e
crisi economica.
2 Il 61% degli italiani
intervistati per l’Euro-
barometro ritiene che la
protezione dell’ambien-
te sia molto importante
(media UE27, 58%), il
33% che sia importante
(media UE27, 37%).
3 Dati tratti dal sito di
‘Aggiornamento nume-
ro prodotti e licenze
Ecolabel europeo’ del
2010. Tra i prodotti
sono inclusi i servizi di
ricettività turistica, che
costituiscono un’ampia
parte del totale.
4 La valutazione si
basa sulle ‘Green
Guides’ promos-
se dalla FTC, sulle
‘Canadian Competition
Bureau Guidelines for
Environmental Claims’,
sulla Norma ISO 14021
e una valutazione di
TerraChoice che tiene
in considerazione le
best practice in materia
di pubblicità ambientale
a livello internazionale.
5 Il gruppo di lavoro
era composto da Iefe
Bocconi, Assorel,
Nielsen ed Assocomu-
nicazione. In particolare
Nielsen e Assoco-
municazione hanno
messo a disposizione
le basi dati relative a
creatività, campagne
ed annunci pubblicitari
in diversi mezzi. In
questo modo è stato
possibile identificare un
campione di pubblicità
a carattere ambientale
apparse nel periodo
2006-2010 e svolgere
elaborazioni sui dati a
esse associati.
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n.6 maggio 2012