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n.4 novembre 2011
nuove merci, una grande guerra, una crisi
economica, le autarchie, una Seconda guerra
mondiale, il successivo mezzo secolo di
produzione e di consumi, con altre guerre
e altre crisi, hanno prodotto una massa
crescente di ri¿uti da trattare in qualche modo.
I ri¿uti solidi dapprima venivano messi in
discariche sul suolo o nelle cave abbandonate;
nel caso dei ri¿uti solidi urbani, purtroppo, la
materia scaricata nel terreno per anni continua
“a vivere” liberando liquami, gas e puzze per
cui è stato necessario sviluppare tecnologie
per impermeabilizzare il fondo delle discariche,
per recuperare e depurare i liquami, per
recuperare almeno una parte dei gas, in parte
riutilizzabili come combustibili, per trasformare
le discariche in ridenti collinette alberate.
Per comprendere quali reazioni avvengono e
come possono essere controllate, un gruppo
di studiosi dell’Università dell’Arizona ha
analizzato come si sono trasformati, in mezzo
secolo, i ri¿uti della grande discarica di Fresh
Kills, a New York.
Dagli inceneritori al riciclo
L’alternativa alle discariche è stata offerta
dagli inceneritori, salutati all’inizio come
gli strumenti per puri¿care ed eliminare,
“col fuoco”, i voluminosi ri¿uti urbani e
industriali. Purtroppo si è visto che “il fuoco”
non puri¿cava tanto; a seconda di come la
combustione veniva condotta e a seconda
della composizione chimica delle sostanze
bruciate, dai camini degli inceneritori
uscivano sostanze nocive che andavano dagli
idrocarburi policiclici cancerogeni, ai metalli
pesanti tossici; e poi si formavano ceneri, che
inevitabilmente residuano da ogni combustione
di miscele di sostanze varie. E ancora: a poco
a poco si è visto che, quando i ri¿uti di merci
sempre più comode e progredite contenenti
cloro ¿nivano negli inceneritori, si formavano
sostanze inquinanti in precedenza sfuggite alle
analisi chimiche e chiamate, genericamente,
“diossine”, alcune centinaia di differenti
composti chimici, alcuni dei quali altamente
tossici.
In queste condizioni è stato necessario, e
anche redditizio, cercare di trattare una parte
dei materiali presenti nei ri¿uti con tecniche
di riciclo sempre più raf¿nate, le quali peraltro
consentono di recuperare cose utili da una
piccola frazione (poche unità percentuali) dei
ri¿uti solidi: circa 150 milioni di tonnellate in
Italia, circa 60.000 milioni di tonnellate nel
mondo.
I problemi si sono aggravati con l’avvento
della rivoluzione microelettronica, dagli anni
Ottanta del secolo scorso in avanti, e con
la moltiplicazione di dispositivi elettronici,
dapprima poche centinaia di migliaia
di computer, poi miliardi di computer e
telefoni mobili, tutti strumenti che vengono
continuamente modi¿cati e perfezionati
al punto che i vecchi modelli vanno ad
accrescere, milioni di tonnellate all’anno,
quei ri¿uti, chiamati Raee, di apparecchiature
elettriche ed elettroniche. Queste ultime sono
particolarmente dif¿cili, ma anche attraenti
da smaltire; attraenti per il contenuto di oro
e metalli preziosi, dif¿cili perché le piccole
quantità di materiali preziosi devono essere
separate da grandissime quantità di plastica,
agenti chimici, eccetera, con pericoli e
danni alla salute dei lavoratori. Tanto che le
operazioni di riciclo vengono fatte in gran parte
nei Paesi poverissimi, con limiate norme di
sicurezza sul lavoro.
Morale della storia
Questo breve racconto ha una sua piccola
morale. La massa dei ri¿uti, l’inevitabile
conseguenza della produzione e dell’uso
delle merci, è maggiore della somma di
tutti i materiali entrati in ciascun processo;
la differenza è dovuta al fatto che in tutti
i processi di trasformazione interviene
l’ossigeno dell’aria che si combina con le
materie ri¿utate. Con un po’ di buona chimica
e ingegneria qualsiasi problema di trattamento
dei ri¿uti sarebbe risolvibile, ma con un costo
in termini di soldi (ma quello sarebbe ancora
poco), di energia e di disturbo ambientale.
Senza contare che i ri¿uti del passato sono
sempre intorno a noi, nel sottosuolo, nelle
discariche, talvolta con un carico di nocività
per cui occorre identi¿care dove sono ¿niti
e procedere alla loro inertizzazione, lavoro
per storici e “archeologi” dei ri¿uti (nuove
professioni di cui ci sarà sempre più bisogno
in futuro) e, naturalmente, per chimici. Buon
lavoro.
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