Il Direttore Generale della Fao: “È tempo di cambiamenti radicali nella gestione degli oceani”

Pubblicato il 21 gennaio 2014

Sono necessari profondi cambiamenti nel modo in cui le risorse marine del pianeta sono gestite per salvaguardare la sicurezza alimentare globale e garantire il benessere dei Paesi costieri e insulari, ha affermato il Direttore Generale della Fao, José Graziano da Silva, intervenendo al Blue Economy Summit (Abu Dhabi, 19-20 gennaio) alla presenza di capi di Stato, di ministri dell’ambiente e della pesca, e di altre importanti organizzazioni coinvolte.

“Non possiamo continuare a utilizzare le risorse marine e acquatiche come se fossero inesauribili. E non possiamo neanche continuare a usare i nostri oceani come vasche di rifiuti”. Tutti i gravi problemi che minacciano la salute degli oceani come l’inquinamento, la pesca eccessiva, condizioni meteorologiche alterate e l’innalzamento del livello del mare derivanti dal cambiamento climatico, devono essere affrontati sul serio e a partire da subito, secondo il Direttore Generale della Fao. “La salute del nostro stesso pianeta, la nostra salute e la sicurezza alimentare, dipendono da come trattiamo il mondo blu”.

In media, quasi il 17% delle proteine animali consumate nel mondo proviene dalla pesca e dall’acquacoltura, e in molti piccoli Stati insulari in via di sviluppo la percentuale è ancora più alta. Allo stesso tempo, il sostentamento del 12% della popolazione mondiale dipende dalla pesca e dall’acquacoltura, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo. Di contro si stima che il 30% degli stock ittici mondiali siano sfruttati in eccesso, esauriti o in fase di ricostituzione, con perdite economiche nel settore della pesca marittima derivanti dalla cattiva gestione, da inefficienze e dallo sfruttamento eccessivo che come dimostrano gli studi della Fao si aggirano intorno a 50 miliardi di dollari l’anno. A ciò si aggiunge il cambiamento climatico che adesso sta ponendo nuove sfide alle popolazioni che dipendono dagli oceani, modificando la distribuzione e la produttività delle specie marine e di acqua dolce, avendo effetti sui processi biologici e alterando le reti alimentari. I cambiamenti meteorologici dovuti al cambiamento climatico stanno avendo conseguenze su molte comunità che dipendono dagli oceani per la propria sopravvivenza, mentre l’innalzamento del livello del mare rappresenta una minaccia in particolare per i piccoli Stati insulari in via di sviluppo (Sids). Negli ultimi 30 anni si sono promulgati circa 80 differenti accordi a livello globale su come affrontare tutti i problemi che minacciano gli oceani, ha fatto osservare Graziano da Silva, aggiungendo: “Non dobbiamo soltanto limitarci a prendere impegni, dobbiamo agire”.

Il concetto di “economia verde” che è emerso alla Conferenza internazionale del 2012 Rio +20 avrà un ruolo importante nel raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile globale post-2015, ha aggiunto Graziano da Silva. Il modello di “un’economia blu” evidenzia la conservazione e la gestione sostenibile, basata sulla premessa che gli ecosistemi oceanici sani sono più produttivi e rappresentano l’unico modo per garantire economie sostenibili. Mira inoltre a garantire che i piccoli Stati insulari in via di sviluppo e i Paesi costieri traggano un equo beneficio dalle loro risorse marine. Per sostenere il passaggio a questo nuovo approccio, la Fao sta lanciando la Blue Growth Initiative, mediante la quale l’Organizzazione assisterà i Paesi a sviluppare e attuare un’economia blu e far crescere programmi e strategie. L’iniziativa avrà lo scopo di favorire i partenariati e fungere da catalizzatore per lo sviluppo di politiche, investimenti e innovazione a sostegno della sicurezza alimentare, la riduzione della povertà, e la gestione sostenibile delle risorse acquatiche.

 

Fao: http://www.fao.org



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