Rinnovabili elettriche non fotovoltaiche

Nel corso del convegno “Continua la crescita verso la market parity”, l’Energy & Strategy Group del Politecnico ha presentato la seconda edizione del rapporto sulle Rinnovabili Elettriche Non Fotovoltaiche

Pubblicato il 26 maggio 2014

Il tema del convegno di presentazione del rapporto è di stretta attualità perché nel 2013 l’Italia ha raggiunto e superato la barriera dei 100 TWh prodotti da fonti rinnovabili (quasi un terzo del fabbisogno elettrico italiano) e nel primo trimestre del 2014 ha raggiunto livelli di copertura prossimi al 40%. Il parco impianti da rinnovabili è oggi composto principalmente da solare ed idroelettrico con un importante contributo dell’eolico. La potenza idroelettrica è ormai da tempo integrata nel parco impianti italiano e nella rete, ma per le altre fonti rinnovabili (in particolare per il solare e l’eolico) c’è ancora molto da fare perché la loro non programmabilità e la concentrazione della produzione in determinate ore del giorno richiede sicuramente uno sforzo maggiore nella gestione e pianificazione della produzione.

Il finanziamento delle rinnovabili avviene attraverso numerose forme: CIP6, certificati verdi (CV), tariffa omnicomprensiva (TO), conto energia, ritiro dedicato, scambio sul posto e altre forme indirette. Con la crescita della produzione da rinnovabili, negli anni l’entità della spesa è cresciuta, passando dai 6,3 miliardi di euro del 2011 agli oltre 11 miliardi di euro previsti per il 2013 che potrebbero divenire 12,5 miliardi di euro nel 2014.

Si studiano tre alternative per rimodulare gli incentivi e contenere la spesa: il cosiddetto Decreto ‘Spalma Incentivi’ per dilazionare l’erogazione degli incentivi rimanenti su più anni; un intervento sui ‘Prezzi Minimi Garantiti’ agendo direttamente su alcune tipologie di impianti che ricevono incentivi giudicati troppo elevati; un intervento su determinati settori, come quello agricolo-zootecnico, con il Decreto Legge ‘Spending Review’.

Nonostante gli ultimi provvedimenti legislativi, l’attuale spesa risente ancora di scelte fatte in passato. Manca ancora una maggiore integrazione con il mercato elettrico, ad esempio con una partecipazione più attiva, attraverso il ricorso a investimenti che mettano le nostre reti in condizione di operare in maniera più ‘smart’.

I dati a consuntivo per il 2013 descrivono un andamento negativo per il comparto eolico con un mercato annuo globale in contrazione di oltre 10 GW (soli 35,4 GW complessivi di nuovi impianti). La crescita complessiva è quindi stata solo del 12,5%. La principale causa del rallentamento è stata il momentaneo stop alle installazioni negli USA a causa dell’incertezza normativa sul sistema di incentivi. In Europa nel 2013 le installazioni sono state numerose, pur se concentrate soprattutto in alcuni Paesi (Germania e Regno Unito in particolare). Anche il mercato Italiano nel 2013 ha fatto registrare un record negativo di installazioni con soli 450 nuovi MW che hanno portato a una potenza complessiva di 8.551 MW. Nonostante il numero ridotto di installazioni, il 2013 è però stato un anno record per la produzione di energia eolica: quasi 14,9 TWh (+11,6% rispetto al 2012), pari al 5,3% della produzione netta totale.

Le ragioni del calo delle installazioni erano però note, il Decreto Ministeriale del 6 luglio 2012 sulle Rinnovabili Elettriche Non Fotovoltaiche ha introdotto nuove procedure per incentivare le fonti rinnovabili elettriche non fotovoltaiche e definito le quantità di potenza incentivabile per ogni singola fonte al fine di poter controllare lo sviluppo del mercato negli anni futuri. Per gli impianti di taglia medio-piccola sono stati istituiti dei registri, mentre per gli impianti di taglia maggiore l’ottenimento dell’incentivo è stato subordinato alla partecipazione ad un’asta competitiva. Attualmente si sono già effettuati due turni di assegnazione degli incentivi, il primo a gennaio 2013 e il secondo a luglio 2013, e un bando per il 3° turno è già stato emanato con scadenza giugno 2014.

Analizzando entrambi i turni conclusi di assegnazione degli incentivi è possibile riscontrare un grande successo di richieste per l’accesso ai registri dei nuovi impianti (impianti di medio-piccole dimensioni), un andamento altalenante per le aste con uno scarso interesse iniziale e un’elevata richiesta per il 2° turno e, infine, uno scarso interesse per quanto riguarda i rifacimenti (nessuna richiesta pervenuta). Il meccanismo dei registri, in ogni caso ha mostrato diversi limiti.

Eolico
La crescita dell’eolico in Italia nei prossimi anni sarà strettamente legata ai contingenti di potenza incentivabile messi a disposizione. Visto il valore (356 MW) disponibile per il prossimo turno di assegnazione, si prevede che il settore subirà una notevole contrazione per quanto riguarda le nuove installazioni, come già successo nel corso del 2013.

Diverse sfide hanno coinvolto e coinvolgeranno gli operatori della filiera eolica: i produttori di turbine e fornitori di tecnologia dovranno far fronte a un mercato italiano in netta contrazione che non lascia prevedere, almeno nel breve periodo, segni di ripresa; i gestori degli impianti, dopo il cambio delle modalità di incentivazione, dovranno continuare a seguire con attenzione i continui cambiamenti normativi riguardanti gli oneri di dispacciamento e la durata degli incentivi già acquisiti, che potranno cambiare le regole del gioco ‘in corso’.

Gli operatori hanno già iniziato ad adottare contromosse per poter continuare a investire con profitto nell’eolico. Gli operatori industriali e i grandi gruppi energetici sono stati avvantaggiati, dato che un primo fattore di intervento ha riguardato l’Operation & Maintenance. Lato Operations, l’obiettivo è stato quello di massimizzare i ricavi attraverso l’adozione di sistemi più sofisticati di previsione della produzione accoppiati a sistemi di accumulo/storage che possano permettere strategie più aggressive per la vendita dell’energia prodotta attraverso l’accesso a più mercati elettrici per la vendita dell’energia. Lato Maintenance, l’obiettivo è stato quello di contenere il più possibile i costi facendo ricorso anche a imprese specializzate che possono essere utilizzate per sostituire o per mettere in competizione i produttori di turbine che storicamente si sono occupati di questa attività.

Negli ultimi anni la fonte eolica si è di fatto avvicinata alla market parity. Per raggiungere l’obiettivo è necessaria una ulteriore riduzione del costo di sviluppo degli impianti e, dall’altro, potrebbe essere reso possibile dall’eventuale snellimento del processo autorizzativo (3-4 anni per sviluppare un parco eolico) e dei costi ad esso associati. Anche se una maggiore flessibilità e potenzialità di azione per i gestori di impianti potrebbe essere fornita dalle tecnologie di storage/accumulo che permetterebbero di ridurre il rischio di penali.

Nel corso del 2013 si è registrato, di contro, un ulteriore incremento delle installazioni di mini eolico con nuovi impianti (potenza < 200 kW) che hanno portato la potenza totale installata a circa 35 MW. Il settore mini eolico rappresenta già oggi una realtà importante che si prevede crescerà ancora in futuro. Alcune iniziative che potrebbero favorire lo sviluppo del settore sono: migliore caratterizzazione anemologica del sito, così da evitare investimenti che poi non rispettino le aspettative; certificazione della curva di potenza del generatore e delle macchine (anche in relazione alla classe di vento), per garantire che sul mercato operino solo gli operatori che hanno dei prodotti qualitativamente ‘accettabili’; gestione della naturale overcapacity in relazione ai limiti imposti di potenza nominale, per evitare che l’eventuale energia elettrica ‘extra’ venga dispersa per limiti normativi.

Bioenergie
Il mercato delle bioenergie lo scorso anno ha mostrato di muoversi a velocità diverse: crescita positiva per biogas agricolo e biomasse agroforestali; sostanziale crescita ‘zero’ per gli impianti per la valorizzazione energetica dei rifiuti o della produzione di energia da oli vegetali.

Per quanto riguarda lo sfruttamento delle biomasse agroforestali, per ragioni tecnologiche e di efficienze di conversione energetiche ottenibili, gli impianti che maggiormente si sono diffusi sono essenzialmente di due tipi: i piccoli impianti con potenza di circa 1 MW elettrico che principalmente sfruttano la tecnologia ORC (Organic Rankine Cycle) e che bene si adattano a contesti locali dove è possibile valorizzare la biomassa presente in loco; i grandi impianti con potenze maggiori di 8 MW elettrici principalmente destinati alla produzione elettrica su grande scala.

I piccoli impianti a biomasse agroforestali possono essere convenienti (IRR superiori al 6%) se, da un lato, grazie anche alla filiera corta sono in grado di ottenere prezzi di acquisto della biomassa tra i 45 e i 55 €/ton e, dall’altro, sono in grado di vendere tutta l’energia prodotta non solo elettrica, ma anche termica.

Il mercato del biogas agricolo per la produzione elettrica è cambiato notevolmente a seguito dell’introduzione del Decreto Ministeriale del 6 luglio 2012. La taglia media degli impianti di recente sviluppo si è più che dimezzata rispetto all’impianto standard da 999 kW realizzato fino al 2012. La filiera si è consolidata negli ultimi anni con gli operatori che ora stanno riorganizzando la loro offerta di prodotti per seguire i nuovi sistemi di incentivazione. Alcuni operatori stranieri sono usciti dal mercato italiano per focalizzarsi su mercati esteri più redditizi.

Il rallentamento del settore del biogas potrebbe essere, almeno in parte, compensato dall’affermarsi della filiera dell’upgrading del biogas a biometano. Il mercato del biometano che si potrà delineare avrà caratteristiche fortemente determinate dalla normativa. Infatti sono stati privilegiati, da un lato, l’utilizzo di Forsu (che finora non era stato molto sfruttato dalla filiera del biogas per la produzione elettrica) e, dall’altro, la realizzazione di nuove stazioni per la vendita diretta del biometano. Diventa quindi fondamentale la gestione delle materie prime e la capacità di riuscire a distribuire il biometano prodotto. Sembrano quindi essere favorite le utilities e le ex municipalizzate che gestiscono la raccolta e il trattamento dei rifiuti (Forsu) e che, spesso, dispongono anche di un parco veicoli offrendo servizi di trasporto pubblico.

Idroelettrico
La potenza idroelettrica cumulata installata in Italia a fine 2013 è pari a 18,3 GW e negli ultimi 5 anni è cresciuta complessivamente del 4%, contando mediamente su circa 130 MW aggiuntivi ogni anno. Nello stesso periodo la taglia media del parco impianti italiano è passata tuttavia da 8,1 a 6 MW. Tale andamento è dovuto principalmente alla maggiore crescita del numero di impianti di potenza inferiore al MW (mediamente +9,7% annuo) rispetto a quelli di media e grande taglia (rispettivamente +3,6% e +0,5% annuo). A fine 2013 circa il 64% degli impianti installati era ascrivibile al segmento inferiore o uguale a 1 MW (3% della potenza complessiva), il 26% era costituito da impianti tra 1 e 10 MW (13% della potenza) e il 10% da grandi impianti superiori a 1 MW (83% della potenza installata).

Il costo indicativo cumulato annuo totale per l’incentivazione all’idroelettrico tramite CV e TO rilevato a fine gennaio 2014 è pari a circa 1 miliardo di euro. In base all’analisi del mercato e alle prospettive definite dai contingenti di potenza delle procedure di asta e registro, nel 2014 e nel 2015 il mercato dell’idroelettrico in Italia continuerà a crescere ad un ritmo di circa 70 MW/annui.

Il mini-idroelettrico rappresenta il comparto più dinamico dell’idroelettrico in Italia grazie a: il recente sviluppo di tecnologie in grado di sfruttare piccoli salti e portate molto ridotte per la produzione di energia elettrica preservando al contempo l’efficienza complessiva del sistema; un sistema incentivante che risulta premiante per le piccole taglie, rispetto alle grandi; un notevole potenziale ancora non sfruttato, al contrario di quanto si verifica per il ‘grande idroelettrico’.

www.energystrategy.it

Antonella Rampichini



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