Usa: la riconversione di Enron e i timori del dollaro

Pubblicato il 17 maggio 2002

Sono trascorsi sei mesi dal crack finanziario di Enron Corporation, destinato a passare alla storia degli Stati Uniti sia per essere stata la bancarotta più clamorosa nella vita del Paese sia per avere fatto in un certo senso da miccia alla successiva situazione esplosiva innescatasi con l’impeachment di nomi famosi dell’investment banking, accusati di combine sotterranee con grandi compagnie in difficoltà economiche (tra cui anche aziende dell’Ict).

In attesa che il caso Enron trovi una sua definizione anche sul versante politico (Joseph Lieberman, il presidente della Commissione senatoriale di inchiesta sul crack ha minacciato ingiunzioni e mandati di comparizione alla Casa Bianca se l’Amministrazione Bush non renderà noti i documenti riservati sui rapporti tra i vertici della società e la task-force governativa sulla riforma energetica), la Enron cambia ragione sociale e asset.

Il nome Enron Corporation non c’è più, sostituito da OpCo Energy Company.

La nuova società si occuperà di produzione, trasporto e distribuzione di energia elettrica/gas naturale negli Stati Uniti e nei Paesi del Centro/Sud America.

Per il futuro non è prevista nessuna attività in Europa e in Asia (quelle della vecchia Enron saranno vendute al miglior offerente sotto il controllo del curatore del tribunale fallimentare e i 15/20 miliardi di dollari di ricavo previsti verranno girati direttamente ai creditori, a fronte dei 40 miliardi fin qui reclamati) e tanto meno ci sarà più spazio per interventi di ingegneria finanziaria, causa principale della bancarotta.

Nonostante la nuova ragione sociale, indispensabile sia per tagliare i ponti con un passato burrascoso sia per mettere la parola fine con i creditori (dopo la vendita delle attività extranazionali, questi ultimi non potranno più vantare nessun diritto nei confronti della OpCo Energy Company), l’azienda tornerà in pratica ad occuparsi di ciò che faceva alle origini la vecchia Enron.

Sarà un’azienda piccola (rispetto al colosso da 100 miliardi di fatturato degli ultimi anni di vita di Enron), con un giro d’affari che potrà aggirarsi sui 3 miliardi di dollari.

Le attività supereranno i 10 miliardi di dollari, i dipendenti saranno 12mila e il profitto del 2003 (questo in corso è un anno zero, mentre il prossimo sarà il primo della nuova era) potrà essere di circa 350 milioni di dollari.

Ma in quale contesto si troverà a operare la OpCo Energy Company? In attesa delle decisioni finali di Lieberman e quelle di Eliot Spitzer, il procuratore generale dello Stato di New York che tiene sotto tiro Merrill Lynch ed altri nomi al top dell’investment banking della Grande Mela, Wall Street sembra non lasciarsi impressionare dagli ultimi dati – peraltro estremamente positivi – sulla produttività.

Anche se aumenti così consistenti della produttività non si registravano da 19 anni, la Borsa non dà troppa importanza ai numeri trimestrali resi noti dal dipartimento del lavoro.

Si prende atto che la fase di recessione è ormai alle spalle e che l’economia è in buona salute, ma si preferisce attendere per verificare la capacità di tenuta alla distanza della domanda.

Nei piani alti dei business building di Wall Street, non sono pochi i maghi della finanza che raccomandano prudenza, ricordando quanto siano pericolosi i cicli ricorrenti delle crisi economiche, soprattutto quando si prendono per buoni e duraturi i primi sintomi di inversione di tendenza.

Non sono poi da sottovalutare le alternanze dei cicli positivi e negativi di Borsa.

Wall Street ne ha avuto uno positivo piuttosto lungo, dal 1982 al 2000.

Non è detto che adesso ne debba seguire uno negativo altrettanto lungo, ma è meglio essere prudenti.

Sulla forza del dollaro, nessuno ha dubbi: la moneta è e resterà forte, permettendo anche di giocare con il disavanzo commerciale.

L’America compra a buon mercato, portandosi dietro anche l’economia mondiale.

L’importante è che il disavanzo commerciale non si sommi a quello pubblico, che invece in questo momento inizia a essere superiore al suo tasso fisiologico.

Altra cosa importante è che non si verifichino mai condizioni in cui Borsa e dollaro siano entrambi in caduta: uno dei due può alternativamente fluttuare o anche cadere, ma mai tutti e due insieme.

L’unica strada percorribile per evitare che i due disavanzi si sommino, determinando i pesantissimi effetti registratisi negli anni Ottanta, è quindi quella della prudenza, in attesa anche della definizione della crisi all’interno dei vari scacchieri internazionali (Medio Oriente, Asia).

Ci vorranno quindi alcuni mesi, per avere una maggiore stabilità Tutto lascia indicare che arriverà in autunno, ma è meglio riscontrarla all’atto pratico prima di darla per sicura.

Paolo Marasca