Transazioni commerciali dei siti contaminati.

Pubblicato il 11 aprile 2002

La fase patologica della formazione e/o conclusione e/o funzionamento del sinallagma contrattuale (cioè dal nesso che lega – economicamente e giuridicamente – le due prestazioni di trasferimento del bene e di pagamento del corrispettivo) dà luogo a forme di illecito, contrattuale, precontrattuale o extracontrattuale ovvero ad alcune ipotesi di reato (si richiama, in proposito, la truffa contrattuale, su cui v. l’ultimo paragrafo), con effetti giuridici a carico di entrambe le parti le quali possono utilizzare particolari strumenti di tutela, la cui regolamentazione pone, a sua volta, ulteriori problemi sostanziali e processuali (azioni esperibili contro il venditore, presupposti, termini prescrizionali, ecc.; ipotesi di reato perseguibili d’ufficio, ecc.).

Strumenti e rimedi suggeriti dalle prassi contrattuali. La due diligence

La cattiva gestione delle imprese, sotto il profilo ambientale; il loro frequente e risalente stato di contaminazione, dovuto al contributo inquinante delle imprese che si sono succedute nella stessa area produttiva; la scarsa sensibilità nel conformare le emissioni (in atmosfera, nel suolo, nelle acque, ecc.) alle normative di settore, hanno determinato, nelle prassi commerciali relative alla circolazione delle aree industriali e/o delle aziende, sempre maggiore attenzione: – ai costi da affrontare per interventi necessitati di bonifica e, più in generale:
– per riportare l’attività produttiva al rispetto di tutti gli standard di accettabilità imposti dalla molteplice e sempre più penetrante disciplina di settore (tutela delle acque, dei suoli, dell’aria, della sicurezza, ecc.). I costi di risanamento ambientale, comunemente denominati come “passività ambientali”, anche se in tempi relativamente recenti, incominciano a trovare spazio e a costituire apposite voci nella redazione dei bilanci societari e/o nelle operazioni di valutazione della consistenza patrimoniale delle aziende. A tanto si sta pervenendo anche grazie ad esperienze già consolidate di altri Paesi ove, in sede di trattativa per l’acquisto di una società, il futuro acquirente richiede un Due Diligence report al venditore in cui si devono portare alla luce le eventuali o potenziali passività economiche dell’azienda e/o del sito, comprese quelle ambientali (derivanti, in particolare, dalla attuale o trascorsa violazione delle normative antinquinamento). Sotto altro profilo, concorre a incrementare tale prassi virtuosa, anche il mondo finanziario e assicurativo che si dimostra sempre più attento e consapevole nell’offrire servizi per valutare e coprire i rischi connessi alle “passività ambientali”. Ma è evidente che le cautele e le prassi contrattuali e finanziarie descritte non sono da sole sufficienti a neutralizzare i rischi patrimoniali connessi alla circolazione di un sito contaminato (da intendere, nel senso lato, come comprensivo “delle aree inquinate e degli impianti dai quali deriva il pericolo di inquinamento” secondo il comma 2, dell’art. 17 cit, in parte ampliato dalla definizione di cui alla lett. a) dell’art. 2 del regolamento: “area o porzione di territorio, geograficamente definita e delimitata, intesa nelle diverse matrici ambientali e comprensiva delle eventuali strutture edilizie ed impiantistiche presenti”). Quelle prassi necessitano di ulteriori specifiche clausole con cui le parti contraenti possono meglio specificare il contenuto del contratto e le rispettive prestazioni, anche di garanzia contro i rischi di contaminazione.