Gli imballaggi compostabili che vengono conferiti con l’umido non sono smaltiti dal sistema Conai ma dagli impianti di compostaggio. Quello delle bioplastiche “è sicuramente un settore affascinante ma non tutti gli impianti sono strutturati per ricevere tutte le tipologie di manufatti compostabili”. Secondo il direttore del Cic, “mancano le condizioni tecniche, tecnologiche e operative”.
Purtroppo, sottolinea il direttore del Cic, “nessuno si è preoccupato del fine vita di questi materiali”. Quando si immette sul mercato un nuovo materiale per Centemero, “bisogna invece considerare tutta la filiera: dalla produzione alla vendita fino al fine vita”. Si tratta di “costruire un sistema, possibilmente insieme ai riciclatori della parte organica”. Prima di conferire questi imballaggi compostabili nell’umido, dunque, il consiglio è: “verificare con l’ente gestore di zona se l’impianto accetta quel tipo di materiale”.
Ma cosa succede se quelle biobottiglie, compostabili al 100% ma dalle fattezze identiche alle normali bottiglie realizzate in Pet, finisce nel sacchetto della plastica? Finisce a recupero energetico, ovvero alla termovalorizzazione ed ecco che si perde il valore ambientale del prodotto. Le macchine selezionatrici, spiega Diego Barsotti, responsabile comunicazione Revet, che raccoglie, seleziona e avvia a riciclo plastiche, acciaio, alluminio, vetro, poliaccoppiati (come il Tetra Pak) di gran parte della Toscana, “individuavano tali bottiglie come materiale da scartare e avviare a recupero energetico”. Si tratta di “uno spreco di risorse perché il materiale, viene raccolto, trasportato e selezionato per poi andare a recupero energetico”.
Secondo Silvia Ricci, responsabile campagne dell’associazione Comuni virtuosi che ha promosso una specifica campagna sugli imballaggi ‘Meno rifiuti più benessere in 10 mosse’, questo dimostra che “non esistono materiali buoni e cattivi ‘a prescindere’ con cui realizzare imballaggi poiché dipende dall’impatto ambientale complessivo. Un ruolo fondamentale nella valutazione del ciclo di vita delle varie tipologie di imballaggi, soprattutto quando si parla di eco design, è il contesto in cui avviene il fine vita”.
“Se venisse a crearsi un sistema in cui la raccolta separata del Pla o altro ‘nuovo’ materiale sarà attuabile, ben venga”. Ai Comuni, conclude Ricci, “già non vengono corrisposte le risorse necessarie per fare le raccolte differenziate attuali, figurarsi se potranno mai essere messi nelle condizioni economiche per affrontare il crescente aumento della complessità degli imballaggi”.
Il parere di Marco Omboni, presidente Pro.mo: “Questa notizia conferma almeno due cose che Pro.mo sostiene da tempo. Per cominciare, in tema di tutela dell’ambiente si prendono troppo spesso decisioni affrettate e non supportate da dati di fatto; in secondo luogo non esistono materiali e prodotti buoni o cattivi a prescindere. A queste due considerazioni ne aggiungo una terza: tutto il sistema, dal produttore di stoviglie al consumatore, passando attraverso la distribuzione e la ristorazione collettiva, sa per esperienza che oggi come oggi le stoviglie compostabili costano mediamente ben più di quelle in plastica, e sono mediamente meno funzionali. Ci auguriamo che queste pacate e chiare valutazioni fatte da chi si occupa di riciclo e compostaggio arrivino al consumatore e, ancor prima, a chi legifera sull’argomento traducendosi in un approccio più sereno e meno demonizzante verso le stoviglie in plastica e più produttivo per l’ambiente”.